La diffamazione a mezzo internet: pronunce recenti – indice:
La quinta sezione penale della Suprema Corte di Cassazione ha discusso, con sentenza n° 32444 del 25 Luglio 2013 un caso di diffamazione a mezzo internet, introducendo il tema della consumazione del reato, con espresso riferimento al momento nel quale detto reato possa ritenersi perfezionato.
I fatti risalgono al Marzo del 2007 e ad una sentenza del 2012 della Corte d’appello di Genova che aveva confermato in primo grado la condanna ai danni di un uomo accusato di aver diffamato attraverso un pubblico forum web un altro utente scrivendo un comunicato in cui, attraverso una firma con un nome falso, si auto attribuiva tendenze omosessuali.
Il momento di consumazione del delitto di diffamazione a mezzo internet
Il reato di diffamazione è disciplinato dall’ex art. 595 del codice penale.
Per la Cassazione si intende consumato il reato nel momento in cui ci sia un collegamento web attivo in comunicazioni aperte all’accesso di un numero indeterminato di utenti. In pratica, nel momento in cui il messaggio di presunta diffamazione, è in grado di raggiungere immediatamente altre persone.
Trattandosi ad esempio, come nel caso di specie, di diffamazioni compiute a mezzo di scrittura in una bacheca di accesso pubblico, non può che presumersi che dal momento in cui l’utente pubblichi il messaggio a contenuto diffamatorio, lo stesso possa essere raggiungibile da parte di più utenti, tutti quelli che abbiano accesso alla rete. Potrà dunque presumersi, ad avviso della Corte, che dal momento in cui il contenuto sia pubblicato si sia perfezionato il reato di diffamazione, incombendo sull’imputato l’onere probatorio inerente alla circostanza che il messaggio non possa essere stato letto o visionato da alcuno.
Nel caso specifico, trattandosi di una comunicazione scritta su una bacheca, non è dimostrabile la lettura del messaggio da parte di altri utenti, ma sarà sufficiente all’accusa provare che il messaggio sia stato effettivamente pubblicato su uno spazio virtuale accessibile potenzialmente a più di un utente oltre all’agente, non essendo assolvibile un onere probatorio che abbia ad oggetto la dimostrazione della circostanza che il messaggio diffamatorio sia stato effettivamente letto da più di una persona.
Le comunicazioni informatiche che siano perfezionate attraverso la pubblicazione su uno spazio web di libero accesso al pubblico, sono infatti dirette ad un numero inquantificabile di soggetti, essendo tale l’intrinseca destinazione del tipo di comunicazione; è sufficiente, ad avviso della Suprema Corte, la mera possibilità che il contenuto diffamatorio sia di per sé accessibile al pubblico di internet.
Presunzione di conoscibilità del contenuto diffamatorio
L’interpretazione della norma in tal senso, tuttavia, sembra lasciare spazi interpretativi relativi soprattutto alla circostanza in cui il “luogo virtuale di pubblicazione” possa essere o meno oggetto di traffico intenso: la Corte di Cassazione sembra infatti soltanto sancire una “presunzione di accessibilità al contenuto” oggetto di pubblicazione attraverso il mezzo informatico, ma tale sorta di presunzione non potrà che essere relazionata all’effettiva portata dello spazio web di pubblicazione in termine di traffico.
Per tali motivi è sempre necessario prendere in attenta considerazione il caso concreto, al fine di valutare tanto se il reato possa dirsi effettivamente consumato, quanto il momento in cui lo stesso si debba ritenere perfezionato e la decorrenza dei termini per la proposizione di querela per diffamazione.
Per una consulenza specifica è possibile ricorrere al modulo di richiesta di consulenza legale.
Avv. Bellato – diritto dell’informatica, internet e social network