La prova della donazione indiretta – indice:
- Donazione diretta e indiretta
- La donazione indiretta nel codice civile
- Forma della donazione indiretta
- La prova dell’animus donandi
- Il nesso teleologico
- I mezzi di prova
- La prova testimoniale
- L’onere della prova
La donazione indiretta, essendo un negozio giuridico per il quale non è richiesta la forma tipica della donazione ovvero quella dell’atto pubblico, presenta profili controversi relativamente alla sua individuazione. È importante infatti distinguere la donazione indiretta dalla donazione diretta in quanto la disciplina ad esse applicabile è differente. La giurisprudenza ha analizzato vari casi, alcuni dei quali sono stati poi compendiati nell’alveo dei negozi riconducibili a donazioni indirette. Per citare qualche esempio sono stati ricondotti a donazioni indirette l’accollo del debito altrui o il pagamento del debito altrui. Facendo ciò la giurisprudenza ha così determinato alcuni criteri per la prova della donazione indiretta. Fra questi in particolare in via preliminare si citano l’animus donandi e il nesso teleologico fra quest’ultimo e il negozio indiretto adottato per il fine ultimo.
Differenza tra donazione diretta e indiretta
La donazione indiretta viene anche chiamata liberalità non donativa. Si tratta cioè di un negozio giuridico che presenta gli stessi elementi della donazione diretta ma che differisce da questa per requisiti di forma. Con la donazione indiretta pertanto si raggiunge lo stesso risultato della donazione diretta ma senza la stipula di un contratto di donazione e dunque senza vincolarsi agli oneri formali previsti dalla legge per tale istituto.
Si deve pertanto fare un cenno alla donazione diretta disciplinata dagli articoli 769 e seguenti del codice civile. Nel contratto di donazione si riscontrano:
- l’elemento soggettivo dell’animus donandi. Ovvero lo spirito di liberalità che muove il donante ad impoverirsi per l’arricchimento del donatario;
- e l’elemento oggettivo ovvero l’arricchimento del donatario.
Per la donazione diretta il codice civile impone la forma scritta dell’atto pubblico a pena di nullità ai sensi dell’articolo 782.
La donazione indiretta presenta gli stessi elementi della donazione diretta ma per la sua validità non è necessaria la forma dell’atto pubblico. Per questo motivo l’individuazione della donazione indiretta è più difficile sul piano probatorio rispetto alla donazione diretta in quanto è più difficile dimostrare l’animus donandi.
L’esempio più pratico e ricorrente della donazione indiretta è il pagamento del prezzo di un immobile da parte del genitore per il figlio il quale acquisisce l’intestazione dell’immobile.
La donazione indiretta nel codice civile
Nel codice civile non c’è una definizione di donazione indiretta e neppure una disciplina delle stesse se non qualche cenno con riferimento alla disciplina della collazione e del calcolo della quota di legittima. Nel codice civile inoltre si può trovare un cenno alle donazioni indirette nell’articolo 809 che esordisce affermando che “Le liberalità anche se risultano da atti diversi da quelli previsti dall’articolo 769...”. Il riferimento è proprio alle donazioni indirette.
La miglior spiegazione circa la consistenza e gli effetti della donazione indiretta la si ricava dalla giurisprudenza. Fra le pronunce più recenti si segnala l’ordinanza n. 9379 del 21/05/2020 in cui la Cassazione ha affermato che “La donazione indiretta si identifica con ogni negozio che, pur non avendo la forma della donazione, sia mosso da un fine di liberalità e abbia l’effetto di arricchire gratuitamente il beneficiario, sicché l’intenzione di donare emerge solo in via indiretta dal rigoroso esame di tutte le circostanze del singolo caso, nei limiti in cui siano tempestivamente e ritualmente dedotte e provate in giudizio”.
Come si realizza la donazione indiretta
Per quanto riguarda come si realizza la donazione indiretta ovvero i requisiti di forma, si è poco fa detto che non è necessaria la forma dell’atto pubblico. La donazione indiretta infatti si realizza mediante l’atto o la successione di atti che realizzano il negozio giuridico utile ad ottenere l’effetto ulteriore (l’arricchimento del donatario) rispetto a quello tipico.
Molto chiara sul punto è stata l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 20888/2019 in cui si è affermato che “nella donazione indiretta, infatti, la liberalità si opera, anziché attraverso il negozio tipico di donazione, mediante il compimento di un atto che, pur conservando la forma e la causa ad esso propria, realizza in via mediata l’effetto dell’arricchimento del destinatario, sicché l’intenzione di donare non emerge in via diretta dall’atto utilizzato bensì, in via indiretta, dall’esame delle circostanze del caso concreto”.
La prova della donazione indiretta: l’animus donandi
Alla base della prova della donazione indiretta c’è la prova dell’esistenza dell’animus donandi del donante. Con la prova si individua la disciplina applicabile al negozio giuridico che differisce a seconda si tratti di donazione diretta o indiretta.
L’animus donandi è lo spirito di liberalità che muove il donante. Il donante è consapevole di arricchire il donatario ma non è indotto a farlo a causa di un vincolo giuridico o extragiuridico. In sede di contenzioso dunque la prima cosa che va a valutare il giudice per qualificare il negozio giuridico come donazione indiretta è l’animus donandi.
Come poco fa detto infatti è importante distinguere se si tratta di donazione diretta o indiretta perché:
- se si tratta di donazione diretta al negozio considerato si applica la disciplina di cui agli articoli 769 e seguenti del codice civile;
- se si tratta di donazione indiretta bisogna fare riferimento all’articolo 809 del codice civile. La norma afferma che le donazioni indirette “…sono soggette alle stesse norme che regolano la revocazione delle donazioni per causa d’ingratitudine e per sopravvenienza di figli nonché a quelle sulla riduzione delle donazioni per integrare la quota dovuta ai legittimari”. In altre parole la norma estende parte della disciplina delle donazioni dirette a quelle indirette. Rimangono tuttavia delle differenze e per questo è importante individuare la qualifica da attribuire al negozio giuridico preso in considerazione.
Negli ultimi anni tuttavia la giurisprudenza ha semplificato l’individuazione delle donazioni indirette catalogando alcuni negozi riconducibili alla donazione indiretta. Per citare qualche esempio si pensi alla remissione del debito o al contratto a favore del terzo. Tutti i casi in cui tuttavia non è stato individuato uno schema negoziale riconducibile alla donazione indiretta richiedono una più scrupolosa analisi probatoria.
Donazione indiretta e conto cointestato
Sembra utile fare riportare un esempio molto significativo ai fini della comprensione della prova dell’animus donandi nella donazione indiretta. Quello della donazione indiretta realizzata mediante la cointestazione del conto corrente bancario. Sul caso è intervenuta dapprima la Cassazione a sezioni unite nel 2014 e in tempi più recenti la Cassazione nel 2018 con l’ordinanza n. 4682 del 28/02/2018.
In tale ultima pronuncia si legge che “L’atto di cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito che risulti essere appartenuta a uno solo dei contestatari, può essere qualificato come donazione indiretta solo quando sia verificata l’esistenza dell’“animus donandi”, consistente nell’accertamento che il proprietario del denaro non aveva, nel momento della detta cointestazione, altro scopo che quello della liberalità”.
Il nesso teleologico nella prova della donazione indiretta
C’è un altro elemento fondamentale con cui il giudice giunge alla prova che si è di fronte ad una donazione indiretta. Si tratta della presenza del nesso teleologico fra lo spirito di liberalità e il negozio attuato per la realizzazione della libertà non donativa.
Di utile comprensione sul punto è il caso affrontato dalla Corte di legittimità nel 2014 con sentenza n.18541. Il caso in questione riguarda l’ipotesi tipica dei genitori che elargiscono denaro al figlio per l’acquisto della proprietà di un immobile.
Al proposito si legge nella sentenza che “Secondo Cass., 24 febbraio 2004, n. 3642, per integrare la fattispecie di donazione indiretta è necessario che la dazione della somma di denaro sia effettuata quale mezzo per l’unico e specifico fine dell’acquisto dell’immobile: deve cioè sussistere incontrovertibilmente un collegamento teleologico tra elargizione del denaro e acquisto dell’immobile”.
Spiegano poi i giudici relativamente al caso di specie che “nel caso di soggetto che abbia erogato il denaro per l’acquisto di un immobile in capo ad uno dei figli si deve distinguere l’ipotesi della donazione diretta del denaro, impiegato successivamente dal figlio in un acquisto immobiliare, in cui, ovviamente, oggetto della donazione rimane il denaro stesso, da quella in cui il donante fornisce il denaro quale mezzo per l’acquisto dell’immobile, che costituisce il fine della donazione. In tale caso il collegamento tra l’elargizione del denaro paterno e l’acquisto del bene immobile da parte del figlio porta a concludere che si è in presenza di una donazione (indiretta) dello stesso immobile e non del denaro impiegato per il suo acquisto”.
Pagamento parziale del donante e donazione indiretta
Lo schema della donazione indiretta si realizza anche quando, come stabilito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza 10759/2019, “il donante paghi soltanto una parte del prezzo della relativa compravendita dovuto dal donatario.”
Deve tuttavia essere dimostrato “lo specifico collegamento tra dazione e successivo impiego delle somme, dovendo, in tal caso, individuarsi l’oggetto della liberalità, analogamente a quanto affermato in tema di vendita mista a donazione, nella percentuale di proprietà del bene acquistato pari alla quota di prezzo corrisposta con la provvista fornita dal donante”.
Come funziona la prova della donazione indiretta
Il momento vero e proprio in cui si ha la dimostrazione dell’esistenza della donazione indiretta è la fase istruttoria del processo civile. In tale fase si giunge alla prova, ovvero al giudizio che determina o meno l’esistenza del fatto in oggetto e che si ottiene tramite i mezzi di prova.
Da una lettura coordinata del codice civile e di quello di procedura civile si possono distinguere le prove in base alla loro costituzione, alla loro efficacia e a quanto è piena tale efficacia e al loro oggetto. Tra le prove precostituite abbiamo quelle documentali che sono l’atto pubblico o la scrittura privata. Tra quelle che si costituiscono in corso di giudizio, per quanto qui interessa, si citano la confessione, la testimonianza e il giuramento.
Rileva inoltre ai fini della prova della donazione indiretta tra le prove rientranti nella categoria di quelle relative all’oggetto le presunzioni. Le presunzioni, che possono essere semplici o legali, portano il giudice ad eseguire un procedimento logico che porta alla decisione a partire da un fatto diverso da quello che deve essere provato. La definizione di presunzioni si trova nell’articolo 2727 del codice civile il quale afferma che “Le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignorato”.
Si tenga sempre presente ciò che deve essere dimostrato in sede di giudizio per portare il giudice a decidere sull’esistenza o meno della donazione indiretta. Ovvero la presenza nei fatti di causa dell’animus donandi e del nesso teleologico. La prova per presunzioni e quella per testimoni sono pertanto quelle più indicate allo scopo.
In tema di donazioni indirette la giurisprudenza è stata più volte interpellata sul tema delle prove. In particolare su quella per testimoni di cui si tratterà nel prossimo paragrafo.
La prova testimoniale nella donazione indiretta
La prova per testimoni si ha quando il giudice riceve la narrazione dei fatti di causa da soggetti estranei al processo e al fatto che ne costituisce oggetto. Il codice civile ha fissato dei limiti all’utilizzo di tale prova.
In più pronunce la Corte di Cassazione ha affermato che i limiti previsti agli articoli 2721 e seguenti sulla prova testimoniale non si applicano al negozio della donazione indiretta.
Si ricorda che ai sensi dell’articolo 2721 “La prova per testimoni dei contratti non è ammessa quando il valore dell’oggetto eccede euro 2,58. Tuttavia l’autorità giudiziaria può consentire la prova oltre il limite anzidetto, tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza”.
L’articolo 2722 invece stabilisce un altro limite per cui “La prova per testimoni non è ammessa se ha per oggetto patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento, per i quali si alleghi che la stipulazione è stata anteriore o contemporanea”.
Da ultimo la Suprema Corte lo ha ribadito nella sentenza n. 19400/2019 affermando che “proprio per la differente prospettazione della vicenda negoziale che appare da ricondurre al più ampio genus delle liberalità non donative, vale la regola secondo cui (Cass. n. 1986/2016) poiché in tal caso l’attribuzione gratuita viene attuata, quale effetto indiretto, con il negozio oneroso che corrisponde alla reale intenzione delle parti, non si applicano i limiti alla prova testimoniale – in materia di contratti e simulazione – che valgono, invece, per il negozio tipico utilizzato allo scopo”.
L’onere della prova della donazione indiretta
Ai sensi dell’articolo 2697, primo comma, del codice civile “Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento”.
In conformità a tale disposizione è chiaro a chi spetta l’onere della prova. Spetta a colui che agisce in giudizio ovvero chi chiede l’applicazione delle norme sulla donazione indiretta. Tale soggetto deve dimostrare gli elementi necessari per convincere il giudice.