La gestione di affari altrui – indice:
- Cos’è
- Come funziona
- L’absentia domini
- La locazione della cosa comune
- L’oggetto dell’affare
- La rappresentanza
- Gli obblighi del gestore
- Quelli del dominus
- Animus depraedandi
L’articolo 2028 del codice civile definisce la fattispecie della gestione di affari altrui affermando che: “Chi, senza esservi obbligato, assume scientemente la gestione di un affare altrui, è tenuto a continuarla e a condurla a termine finché l’interessato non sia in grado di provvedervi da se stesso”.
Si tratta di una fonte obbligazionaria ai sensi dell’articolo 1173 del codice civile diversa dal contratto e quindi rientrante in quegli atti o fatti idonei a produrre obbligazioni in conformità all’ordinamento giuridico. Presenta alcune somiglianze con la fattispecie del mandato ma si discosta da questo per la natura non contrattuale.
La gestione di affari altrui è un istituto giuridico molto antico risalente ai tempi del diritto romano in cui venne introdotta la figura della negotiorum gestio come fonte di obbligazione oltre al contratto e al delitto.
Per la sua funzione di conciliatore di interessi privati e collettivi tale interessante istituto giuridico merita di essere approfondito nei suoi aspetti più salienti.
Cos’è la gestione di affari altrui
Con parole comuni, si ha gestione di affari altrui quando un soggetto assume volontariamente (cioè senza esserne obbligato) la gestione di un affare altrui e senza che l’attività gestoria posta in essere sia percepita come un’invasione della sfera giuridica altrui. L’iniziativa di tale soggetto infatti è legittimata dal fatto che l’oggetto dell’attività gestoria ha bisogno di un intervento che il suo attuale dominus non è temporaneamente in grado di dargli.
Se invece il dominus incaricasse un soggetto di gestire un proprio affare si integrerebbe la fattispecie del contratto di mandato e si esulerebbe dallo schema proprio della gestione d’affari altrui. Mentre il mandato infatti, essendo un contratto è un atto bilaterale, la gestione di affari altrui è un atto unilaterale del gestore.
Al fine di comprendere l’essenza dell’istutito è opportuno citare l’articolo 2 della Costituzione che celebra i doveri inderogabili dell’uomo di solidarietà politica, economica e sociale. L’intervento gestorio volontario nella sfera giuridica altrui nella fattispecie in esame rientra in un’azione di tutela della solidarietà sociale. In altri casi invece è percepita come una lesione dell’autonomia privata suscettibile di risarcimento del danno.
Qualora pertanto siano presenti i requisiti che a breve verranno esposti colui che gestisce l’affari altrui è tutelato dalla disciplina del codice civile impressa agli articoli 2028, 2029, 2030, 2031 e 2032.
Come funziona: i requisiti
Dall’introduzione generale dell’istituto si ricava che i soggetti coinvolti sono due: il gestore dell’affare e il dominus.
Affinché vi sia gestione di affari altrui tuttavia devono sussistere i seguenti requisiti che si ricavano dagli articoli 2028 e 2031 del codice civile:
- l’impossibilità del dominus di provvedere alla gestione del proprio affare;
- l’assunzione volontaria e non obbligata della gestione;
- l’affare deve appartenere a soggetto diverso dal gestore, il quale non deve aver proibito che un altro soggetto se ne occupi;
- l’inizio dell’attività gestoria deve avere un’utilità.
In mancanza di uno solo dei suddetti presupposti la gestione dell’affare altrui è illecita e il gestore non riceverà la tutela prevista dal codice civile.
Ciascun requisito merita un breve approfondimento.
L’impedimento del dominus
Requisito non a caso enunciato per primo, in assenza dell’impedimento del dominus non può esservi in principio la gestione dell’affare da parte di altro soggetto.
Secondo la dottrina prevalente tale impossibilità dev’essere materiale ovvero realizzarsi nel senso che costui sia costretto a diventare temporaneamente estraneo all’oggetto non potendone curare gli interessi. Ovvero nel senso che il dominus debba temporaneamente allontanarsi dal luogo in cui può essere esercitata l’attività materiale sulla cosa.
L’animus aliena negotia gerendi
Il secondo requisito è che il gestore assuma volontariamente la decisione di interferire con la sfera giuridica altrui e non ne sia impedito. Da tale requisito ne discende uno ulteriore di carattere soggettivo: l’attività del gestore deve esprimere la sua volontà di gestire l’affare altrui anche detta animus aliena negotia gerendi.
L’estraneità dell’affare e la prohibitio domini
Altro requisito essenziale è che l’affare appartenga ad un soggetto diverso dal gestore. Significa cioè che l’affare deve riguardare una sfera giuridica diversa da quella dell’agente.
La prohibitio domini è il divieto del dominus alla gestione del suo affare ed è citata dall’articolo 2031 del codice civile. La norma concede al dominus di trovarsi indenne dall’adempiere le obbligazioni derivanti dalla gestione altrui se aveva posto un divieto e salvo che tale divieto non sia contrario alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume. La dottrina più autorevole ritiene che la prohibitio domini debba consistere in un negozio giuridico unilaterale recettizio con contenuto specifico. L’inosservanza del divieto del gestore può portare all’obbligo di risarcimento del danno.
L’utilità della gestione
L’ultimo carattere della fattispecie si ricava dalle prime parole dell’articolo 2031 che esordisce affermando che “Qualora la gestione sia stata utilmente iniziata…”. L’utilità può andare a vantaggio dell’interessato, del gestore o della collettività e si ritiene tale quando comporta un incremento patrimoniale o contribuisce ad evitare una diminuzione del patrimonio. Si ritiene cioè che il dominus se avesse potuto avrebbe provveduto alla gestione dell’affare in tal modo secondo l’ordinaria diligenza. L’utilità dev’essere valutata inizialmente ma deve sussistere durante tutto il protrarsi della gestione. Ciò che non rileva ai fini dell’utilità è il risulto finale della gestione.
L’absentia domini secondo la giurisprudenza
I primi due requisiti enunciati nel paragrafo precedente possono essere riassunti nella locuzione di origine latina “absentia domini”. Di recente la giurisprudenza della Corte di Cassazione ne ha dato una definizione.
Nella sentenza 2906 del 2019 il giudice supremo ha affermato che “L’odierno approdo giurisprudenziale può, quindi, essere compendiato nel principio per cui, nella gestione utile di affare altrui, la absentia domini deve intendersi “non come impossibilità oggettiva e soggettiva di curare i propri interessi, ma come semplice mancanza di un rapporto giuridico in forza del quale il gestore sia tenuto ad intervenire nella sfera giuridica altrui, ovvero quale forma di spontaneo intervento senza opposizione o divieto del dominus“. Sicché, il requisito in esame è rinvenibile “non solo quando l’interessato sia nella materiale impossibilità di provvedere alla cura dei propri affari ma anche quando lo stesso non rifiuti, espressamente o tacitamente, tale ingerenza da parte del negotiorum gestor”.
Locazione e gestione d’affari altrui
Un parte della giurisprudenza ha stabilito che si integri la fattispecie della gestione di affari altrui quando l’affare è gestito nell’interesse non solo del dominus ma anche del gestore. Cioè quando la gestione ha ad oggetto una cosa di interesse di entrambe le parti.
La questione è sorta in relazione ad un contratto di locazione avente ad oggetto un immobile di proprietà di più soggetti. La vicenda ha visto uno dei comproprietari dell’immobile concludere un contratto di locazione senza il consenso degli altri comproprietari. Si trattava pertanto della locazione di un bene immobile in comunione tra un comproprietario divenuto locatore e uno non locatore. Superando una prima visione secondo cui al rapporto giuridico tra i due comproprietari andasse applicata la disciplina del mandato, la Corte di Cassazione nella sentenza n. 11135/2012 ha fatto propria del caso la disciplina della gestione di affari altrui.
I giudici hanno infatti affermato che “Il comproprietario non locatore, da parte sua, ove sia a conoscenza della intenzione del gestore di addivenire ad una locazione del bene comune, può manifestare preventivamente il proprio dissenso, il che lo esonererebbe, ai sensi dell’art. 2031, secondo comma, dal dovere di adempiere le obbligazioni che il gestore abbia assunto, anche in nome proprio, e di rimborsargli le spese sostenute. Il comproprietario non locatore, inoltre, ai sensi dell’art. 2032 cod. civ., ed è questo l’aspetto che maggiormente rileva ai fini della soluzione del caso di specie, ha la facoltà di ratificare il contratto stipulato dal comproprietario locatore, e l’esercizio di tale potere comporta gli effetti che sarebbero derivati da un mandato, anche se la gestione è stata compiuta da un soggetto che credeva di gestire un affare proprio”.
L’oggetto dell’affare nella gestione di affari altrui
Ci si chiede che cosa la legge intenda per affare non limitando il contenuto con cui riempire il significato della parola a differenza di quanto accade nel mandato in cui l’oggetto è circoscritto al solo compimento di atti giuridici.
Si ritiene dunque che l’oggetto dell’affare possa essere un’ampia varietà di attività fra cui ad esempio:
- atti materiali indirizzati alla gestione utile del patrimonio del dominus;
- atti negoziali che ammettono la rappresentanza;
- la gestione di un complesso patrimoniale;
- altre attività.
L’oggetto dell’affare può richiedere interventi di ordinaria e straordinaria amministrazione. La dottrina è divisa tra chi ammette entrambi gli interventi nell’attività del gestore e chi include solo quelli di ordinaria amministrazione.
La rappresentanza
Nei rapporti esterni la gestione di affari altrui può essere fonte di poteri rappresentativi del gestore. Tale soggetto infatti può agire in nome del dominus o in nome proprio nei rapporti con i terzi.
Nel primo caso gli atti compiuti dal gestore in nome del dominus vanno a modificare direttamente la sfera giuridica di quest’ultimo che deve considerare come propri tali atti e accettarne le conseguenze. Si parla in questo caso di gestione d’affari rappresentativa.
Nel secondo caso invece gli obblighi e i diritti assunti nei rapporti con i terzi rientrano nella sfera giuridica del gestore che ha agito in nome proprio e non toccano quella del dominus. Si ha in questo caso gestione d’affari non rappresentativa.
Le due ipotesi sono distinte dall’articolo 2031 del codice civile quando afferma che “l’interessato deve adempiere le obbligazioni che il gestore ha assunte in nome di lui, deve tenere indenne il gestore di quelle assunte dal medesimo in nome proprio”.
Gli obblighi del gestore nella gestione di affari altrui
Degli obblighi nascenti in capo al gestore disciplinano gli articoli 2028 e 2030 del codice civile. Il gestore inoltre, ai sensi dell’articolo 2029 del codice civile, deve avere la capacità di contrattare.
Con il primo la legge impone al gestore che si è assunto volontariamente un impegno di continuarlo e condurlo a termine finché l’interessato non sia in grado di provvedervi da se stesso. La norma vuole tutelare il dominus in quanto nessuno ha imposto al gestore di intervenire nei suoi confronti e pertanto al legislatore interessa che a costui non venga arrecato un danno da tale intervento. Il gestore inoltre è obbligato a gestire l’affare anche dopo la morte del dominus fino a che non possano intervenire gli eredi.
L’articolo 2030 del codice civile invece recita: “Il gestore è soggetto alle stesse obbligazioni che deriverebbero da un mandato. Tuttavia il giudice, in considerazione delle circostanze che hanno indotto il gestore ad assumere la gestione, può moderare il risarcimento dei danni ai quali questi sarebbe tenuto per effetto della sua colpa”. Assoggetta dunque il gestore alle regole sul mandato per quanto concerne le obbligazioni nascenti dalla gestione d’affari altrui. Ciò non significa in realtà che alla gestione vada applicata la disciplina del mandato. Le obbligazioni nascenti dai due istituti infatti, come si vedrà in seguito, non tutte coincidono.
Affinità e disuguaglianze con il mandato
Le obbligazioni cui il gestore è tenuto sono in particolare:
- curare l’affare con la diligenza del buon padre di famiglia ai sensi dell’articolo 1710 del codice civile;
- custodire le cose del dominus e tutelarne i diritti di fronte a terzi ai sensi dell’articolo 1718 del codice civile;
- provvedere al rendiconto della gestione e alla consegna di quanto ricevuto durante l’attività gestoria ai sensi dell’articolo 1713 del codice civile;
- rendersi responsabili delle obbligazioni contratte con i terzi nei confronti del dominus ai sensi dell’articolo 1715 del codice civile;
- rispondere della gestione tenuta da altro soggetto da lui incaricato di sostituirlo verso il dominus ai sensi dell’articolo 1717 del codice civile.
Sono invece obbligazioni proprie del mandato non applicabili alla gestione d’affari altrui quelle contenute agli articoli 1710, secondo comma, 1711, 1712 e 1714 del codice civile.
Quelli del dominus
Gli obblighi del dominus sono delineati all’articolo 2031 del codice civile. Il testo afferma che “Qualora la gestione sia stata utilmente iniziata, l’interessato deve adempiere le obbligazioni che il gestore ha assunte in nome di lui, deve tenere indenne il gestore di quelle assunte dal medesimo in nome proprio e rimborsargli tutte le spese necessarie o utili con gli interessi dal giorno in cui le spese stesse sono state fatte”.
Regolando la gestione dell’affare nei rapporti interni tra dominus e gestore il legislatore ha inteso con questa norma liberare il gestore da qualunque responsabilità derivante dalla gestione stessa. Sia che il gestore abbia agito o meno in rappresentanza del dominus.
Per spese necessarie o utili si devono intendere le spese sostenute per conservare l’integrità fisica o economica del bene ovvero quelle destinate a incrementarne il valore purché non superflue.
Gestione affari altrui e compenso
La dottrina più volte si è interrogata sulla possibilità che il dominus corrisponda un compenso al gestore per l’attività prestata.
Quella più autorevole tuttavia è dell’opinione che l’elargizione di un compenso snaturerebbe l’istituto mosso da un sentimento di solidarietà nei confronti dell’altro. Verrebbe infatti meno anche il legame con l’articolo 2 della Costituzione come si diceva all’inizio.
L’istituto infatti è volto al soddisfacimento di un interesse altrui in maniera disinteressata.
Gestione di affare altrui e animus depraedandi
L’articolo 2032 del codice civile stabilisce che “La ratifica dell’interessato produce, relativamente alla gestione, gli effetti che sarebbero derivati da un mandato, anche se la gestione è stata compiuta da persona che credeva di gestire un affare proprio”.
La norma è posta a tutela del dominus quando l’attività gestoria risulta illecita perché condotta da soggetto sprovvisto dell’animus aliena negotia gerendi ossia della volontà di gestire la cosa altrui. Tale ipotesi si può verificare quando:
- il gestore ignorava per errore di amministrare un affare altrui;
- gestendo l’affare altrui l’agente aveva interesse a trarne un profitto ed è stato dunque mosso nell’agire dall’animus depraedandi.
In tali casi infatti verrebbe meno quella forma di solidarietà sociale propria dell’istituto e celebrata dall’articolo 2 della Costituzione. Il gestore andrebbe a violare i suoi obblighi e sarebbe obbligato a risarcire il danno al dominus.
L’istituto della ratifica si rammenta serve a salvare gli effetti di un negozio giuridico posto in essere da un falso rappresentante e che possano essere vantaggiosi per il rappresentato.