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Home » Civile » Famiglia » Contratti di convivenza: cosa sono ed a cosa servono

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Contratti di convivenza: cosa sono ed a cosa servono

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Contratti di convivenza: cosa sono ed a cosa servono
Contratto di convivenza
Avv. Beatrice Bellato

I contratti di convivenza – indice:

  • Cosa sono
  • La forma
  • Il regime patrimoniale
  • Il recesso
  • L’utilità
  • I trasferimenti
  • I costi

La recente legge numero 76 del 2016 prevede ai commi 50 e seguenti il nuovo istituto dei contratti di convivenza. “I conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza”. I conviventi che siano soltanto tali e non uniti da alcun vincolo di matrimonio, possono dunque disciplinare alcuni aspetti della loro vita in comune. Gli aspetti non patrimoniali non possono essere oggetto di un contratto di convivenza e sono dunque esclusi da questa disciplina.

Così facendo il legislatore ha dato una veste giuridica alla cosiddetta “convivenza more uxorio”, che nella prassi si sta affiancando il modo sempre più deciso al rapporto matrimoniale. Si prende atto dunque della necessità di dare una disciplina a questi aspetti della vita in comune che si avvicini per quanto più è possibile a quella del matrimonio.

Indice:

  • 1 Cos’è il contratto di convivenza e quali i suoi requisiti
  • 2 La forma dei contratti di convivenza
  • 3 Il regime patrimoniale nei contratti di convivenza
  • 4 La disciplina sul recesso, il termine e la condizione nei contratti di convivenza
  • 5 La funzione e le utilità pratiche di un contratto di convivenza
  • 6 È possibile trasferire degli immobili nell’ambito del contratto di convivenza?
  • 7 Quanto costa un contratto di convivenza: l’onorario dell’avvocato

Cos’è il contratto di convivenza e quali i suoi requisiti

Il contratto di convivenza è quel contratto attraverso il quale due conviventi, non coniugati né uniti civilmente, possono disciplinare gli aspetti patrimoniali della loro vita di coppia.

I requisiti di fatto per la stipula di un valido contratto di convivenza sono quelli individuati dal comma 57 della legge citata. I conviventi devono essere tali, non coniugati, uniti civilmente o in un altro contratto di convivenza. Devono inoltre essere maggiorenni, non interdetti, ed uniti stabilmente da legami affettivi e di coppia nonché reciproca assistenza morale e materiale. Non devono, l’un l’altro, essere vincolati da rapporti di parentela, affinità o adozione, matrimonio o precedente unione civile. La sopravvenienza di una delle circostanze sopra evidenziate, ove sia possibile, estingue il contratto di convivenza con efficacia dal momento del verificarsi della stessa.

La forma dei contratti di convivenza

I contratti di convivenza non devono necessariamente rivestire la forma notarile. Secondo quanto previsto dal comma 51 della legge 76 del 2016, i contratti di convivenza hanno la forma minima di scrittura autenticata da un avvocato od un notaio. Possono però essere anche redatti per atto pubblico (notarile). La forma notarile sarà invece necessaria per tutti quei contratti collegati che prevedano il trasferimento di diritti reali immobiliari. Questa è la previsione del comma 60 della legge. Il professionista che abbia stipulato un contratto di convivenza ne dovrà poi attestare la conformità all’ordine pubblico ed alle norme imperative, e, successivamente alla stipula, sarà tenuto a trasmettere copia di quanto stipulato al Comune di residenza dei conviventi ai fini dell’iscrizione all’anagrafe.

Il regime patrimoniale nei contratti di convivenza

La parte forse più importante della disciplina sui contratti di convivenza è quella che prevede a favore dei conviventi la possibilità di scegliere un regime patrimoniale. I conviventi avranno la possibilità di optare per la comunione legale che, null’altro è che la comunione legale dei beni per i coniugi, ma potranno optare anche per una separazione legale dei beni o per una comunione convenzionale. In caso i conviventi optino per il regime della comunione dei beni, dovranno tenere conto di come i loro acquisti entreranno a far parte della stessa fatti salvi i casi di esclusione previsti dagli articoli 178 e 179 del codice civile. Ai conviventi è tuttavia possibile modificare in qualsiasi momento le convenzioni in ordine al regime patrimoniale scelto.

La disciplina sul recesso, il termine e la condizione nei contratti di convivenza

Ai conviventi è data la possibilità di recedere (unilateralmente) dal contratto di convivenza. Il convivente a cui dunque “non vada più bene” questa convivenza, avrà la possibilità di scioglierla con dichiarazione unilaterale resa al notaio o all’avvocato. Quando il convivente che eserciti il recesso sia unico titolare della disponibilità della residenza familiare, lo stesso dovrà concedere all’altro convivente un termine non inferiore a novanta giorni per abbandonare l’immobile. Il contratto di convivenza non tollera l’apposizione di termini o condizioni. Quando i termini o le condizioni siano fissati nell’ambito di un contratto di convivenza, si avranno per non apposti in quanto nulli. Lo scopo di questo divieto è quello di evitare una possibile coartazione della volontà di uno od entrambi i conviventi, che non potranno essere forzatamente costretti a comportarsi in un modo o nell’altro in considerazione di un termine o di una condizione di efficacia.

La funzione e le utilità pratiche di un contratto di convivenza

Dai commenti alla legge in oggetto si desume come la stessa debba intendersi come “contratto normativo”. Il contratto normativo è il contratto attraverso il quale i contraenti fissano delle regole per la redazione di ulteriori contratti. Attraverso il contratto normativo i conviventi potranno stabilire, ad esempio, chi dovrà contribuire a determinate spese per il fabbisogno della famiglia di fatto. I conviventi potranno poi stabilire le modalità attraverso le quali stipulare contratti che abbiano ad oggetto la convivenza (locazioni, compravendite ecc.), le modalità attraverso le quali “accantonare” delle somme di danaro per i fabbisogni familiari e così via.

È possibile trasferire degli immobili nell’ambito del contratto di convivenza?

Nel contratto di convivenza sarà possibile prevedere, quale negozio collegato, un trasferimento immobiliare. Per rendere detto trasferimento opponibile ai terzi sarà però necessaria la forma notarile. In caso di cessazione del contratto di convivenza per recesso, quanto trasferito rimarrà in capo al coniuge beneficiario di detto trasferimento. Data la recente introduzione dell’istituto in esame, anche questa interpretazione appare dubbia. Appare perciò necessario che il contratto di convivenza sia predisposto con le clausole che disciplinino quanto possa essere previsto dalle parti.

Quanto costa un contratto di convivenza: l’onorario dell’avvocato

Il costo di un contratto di convivenza varia molto in relazione alla complessità degli accordi oggetto della stipula. L’onorario dell’avvocato per la stipula di un contratto di convivenza parte da circa 700 euro per ciascun convivente, per accordi connotati da un particolare grado di semplicità. Quando il patrimonio dei conviventi è ingente e qualitativamente eterogeneo (immobili, titoli, rendite ecc.) l’onorario dell’avvocato sarà più consistente e potrà anche, in alcuni casi eccezionali, superare i 3000 euro. Per comune trasparenza nell’ambito dei rapporti con l’avvocato è sempre opportuno richiedere ed ottenere un preventivo scritto, che dev’essere comunicato gratuitamente al cliente.

Avv. Bellato – diritto civile e di famiglia

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