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Home » Commerciale » Bancario » Estinzione anticipata prestito e restituzione dei costi – guida rapida

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Estinzione anticipata prestito e restituzione dei costi – guida rapida

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Estinzione anticipata prestito e restituzione dei costi – guida rapida
estinzione-anticipata
Avv. Beatrice Bellato

Estinzione anticipata prestito e restituzione dei costi – guida rapida

  • Il caso
  • Il rimborso dei costi al consumatore
  • La riduzione del costo totale del credito
  • Il d.lgs. n. 141 del 2010
  • La giurisprudenza dei primi anni
  • La sentenza Luxitor
  • La legge n. 106 del 2021
  • L’esame della norma censurata
  • Le conclusioni
  • L’accoglimento delle questioni di legittimità

Con la sentenza n. 263/2022 la Corte Costituzionale ha apportato un interessante chiarimento sul tema della restituzione dei costi al consumatore che ha estinto anticipatamente un prestito.

Il caso era stato sollevato tramite l’ordinanza del 2 novembre 2021, con cui il Tribunale ordinario di Torino sollevava la vicenda relativa ai contratti di credito ai consumatori, con alcune questioni di legittimità che si basano sulla lettura dell’art. 125 sexies comma 1 TUB, secondo cui

il  consumatore  che rimborsa  anticipatamente,  in  tutto  o  in  parte,  l’importo  dovuto  al  finanziatore  ha  diritto  alla  riduzione,  in misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte.

Il caso

Il Tribunale torinese riferisce come il consumatore abbia sottoscritto con l’istituto di credito un contratto di prestito personale con cessione del quinto dello stipendio nel dicembre 2014, con scadenza novembre 2024. A maggio 2019 procedeva tuttavia a restituire anticipatamente e integralmente il debito residuo.

L’ordinanza evidenzia come nel conteggio delle restituzioni che spettavano al consumatore all’esito dell’estinzione anticipata, l’intermediario non aveva calcolato la riduzione proporzionale degli oneri sostenuti al momento della conclusione del contratto di mutuo.

Dunque, in data 18 ottobre 2019, il consumatore proponeva reclamo, contestando che il calcolo della riduzione non rispettasse “il criterio pro rata temporis applicato dall’Arbitro Bancario Finanziario” e domandando l’applicazione della sentenza Lexitor. Il riscontro negativo al reclamo ha poi indotto il consumatore a presentare ricorso al Collegio di Milano all’ABF, che con decisione del 5 giugno 2020 lo ha parzialmente accolto.

All’esito del rifiuto da parte dell’intermediario di dare volontaria esecuzione alla decisione dell’ABF, il consumatore ha proposto ricorso ex art. 702-bis del codice di procedura civile, domandando la liquidazione delle maggiori somme.

Il rimborso dei costi al consumatore

Su tale quadro, il Tribunale di Torino ha ricostruito il quadro normativo evidenziando come l’art. 125-sexies comma 1 TUB abbia dato attuazione alla direttiva europea 23 aprile 2008 n. 2008/48/CE che, prima dell’intervento della Corte di giustizia con la sentenza Lexitor, era stata interpretata nel nostro ordinamento nel senso che

il consumatore potesse ripetere i soli costi dipendenti dalla durata del contratto (i cosiddetti costi recurring) non maturati al momento del rimborso del capitale e che tale ricostruzione era stata condivisa dalla normativa secondaria della Banca d’Italia.

La Corte di giustizia ha invece interpretato la direttiva in un senso più favorevole al consumatore, considerando la durata residua del contratto solamente ai fini del calcolo della misura della riduzione, che deve riguardare il costo totale del credito e non solo i costi recurring. Una posizione poi seguita da prevalente giurisprudenza e dall’ABF.

Sulla scia di ciò, prosegue il Tribunale, il legislatore avrebbe emanato un emendamento contenuto nella legge di conversione del d.l. Sostegni-bis, recependo il principio espresso nella sentenza Lexitor, ma limitandone

l’efficacia nel tempo ai soli contratti successivi all’entrata in vigore della legge (25 luglio 2021) e mantenendo al contempo fermo lo status quo ante – e quindi la ripetibilità dei soli costi [recurring] non maturati – per i contratti anteriori al 25 luglio 2021.

Per il Tribunale, pertanto, un simile quadro avrebbe reso impossibile, per i contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della legge  di conversione n. 106 del 2021, una interpretazione conforme al diritto dell’Unione Europea dell’articolo già citato del TUB, nella sua originaria formulazione.

La riduzione del costo totale del credito

Le questioni vengono giudicate come fondate dalla Consulta che, naturalmente, ha effettuato una ricostruzione completa del quadro normativo e giurisprudenziale.

In breve, la Consulta rammenta come il 23 aprile 2008 è stata approvata la direttiva 2008/48/CE, che disciplina i contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio, del 22 dicembre 1986, relativa al riavvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo.

La nuova normativa adotta una tecnica di armonizzazione piena, tra cui rileva anche quella dell’art. 16,  paragrafo 1, secondo cui:

il consumatore ha il diritto di adempiere in qualsiasi momento, in tutto o in parte, agli obblighi che gli derivano dal contratto di credito. In tal caso, egli ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, che comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto.

Il diritto alla riduzione è pertanto rapportato al costo totale del credito c he, a sua volta, viene definito dall’art. 3, paragrafo 1, lettera g), con riguardo a

tutti i costi, compresi gli interessi, le commissioni, le imposte e tutte le altre spese che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il creditore è a conoscenza, escluse le spese notarili; sono inclusi anche i costi relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito, in particolare i premi assicurativi, se, in aggiunta, la conclusione di un contratto avente ad oggetto un servizio è obbligatoria per ottenere il credito oppure per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte.

Dinanzi a questa possibilità concessa a tutela del consumatore, l’art. 16 prevede anche – in favore di chi ha concesso il credito – “il diritto ad un indennizzo equo ed oggettivamente giustificato per eventuali costi direttamente collegati al rimborso anticipato del credito, sempre che il rimborso anticipato abbia luogo in un periodo per il quale il tasso debitore è fisso”.

Il d.lgs. n. 141 del 2010

Nel nostro Paese la direttiva europea è stata attuata con il d.lgs. n. 141 del 2010, che ha introdotto l’art. 125-sexies TUB, il cui comma 1, prima delle ultime modifiche, recitava che

il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore. In tale caso il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, pari all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto.

Per quanto riguarda il richiamo al costo totale del credito, la nozione è riprodotta nell’art. 121 comma 1 lettera e) TUB, secondo cui

indica gli interessi e tutti gli altri costi, incluse le commissioni, le imposte e le altre spese, a eccezione di quelle notarili, che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il finanziatore è a conoscenza.

Ancora, il comma 2 dell’art. 121 precisa che

nel costo totale del credito sono inclusi anche i costi relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito, compresi i premi assicurativi, se la conclusione di un contratto avente ad oggetto tali servizi è un requisito per ottenere il credito, o per ottenerlo alle condizioni offerte.

La giurisprudenza dei primi anni

Nei primi anni di applicazione di tale disposizione, l’interpretazione della giurisprudenza è sembrata riferire il diritto alla riduzione dei costi e, dunque, al rimborso anticipato, alle sole voci soggette a maturazione nel tempo (i costi recurring), escludendo invece quelle relative alle attività finalizzate alla concessone del prestito integralmente esaurite prima dell’eventuale estinzione anticipata (i costi up-front).

Peraltro, proprio a fronte di tale distinzione fra costi up-front, non ripetibili, e costi recurring, suscettibili di riduzione, nella realtà sono emerse condotte abusive nella qualificazione e nell’imputazione dei costi: a esse l’ABF ha peraltro reagito prevedendo che a fronte di condotte poco trasparenti, in sede di predisposizione delle condizioni contrattuali si sarebbero dovuti ritenere rimborsabili tutti i costi le cui ragioni fossero state opacamente manifestate.

È intervenuta sul tema anche la Banca d’Italia con provvedimento del 9 febbraio 2011, al cui interno si legge che

nei contratti di credito con cessione del quinto dello stipendio o della pensione e nelle fattispecie assimilate, le modalità di calcolo della riduzione del costo totale del credito a cui il consumatore ha diritto in caso di estinzione anticipata includono l’indicazione degli oneri che maturano nel corso del rapporto e che devono quindi essere restituiti per la parte non maturata, dal finanziatore o da terzi, al consumatore, se questi li ha corrisposti anticipatamente al finanziatore.

Nello stesso provvedimento si precisa inoltre come le procedure interne delle banche devono quantificare in modo chiaro, dettagliato e inequivocabile gli oneri che maturano nel corso del rapporto e che nell’ipotesi di estinzione anticipata sono restituiti per la parte non maturata, dal finanziatore o da terzi, al consumatore, se questi li ha corrisposti in via anticipata al finanziatore.

Insomma, anche le norme secondarie sembrerebbero avallare l’interpretazione in base alla quale i costi soggetti a riduzione sarebbero quelli recurring, valorizzandone i doveri di trasparenza.

La sentenza Luxitor

In questo contesto è però intervenuta la sentenza Lexitor della Corte di Giustizia dell’11 settembre 2019, che ha interpretato la direttiva citata nel senso che

il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore.

In Italia la sentenza Lexitor ha ispirato numerose pronunce dell’ABF e della giurisprudenza di merito, che hanno applicato l’art. 125-sexies comma 1 TUB in senso conforme alla sentenza della Corte di giustizia. Si è in particolar modo ritenuto che la differenza lessicale fra la versione italiana dell’art 16  della direttiva e l’art. 125-sexies TUB non potesse ragionevolmente attribuirsi alcun significativo rilievo, escludendo così che l’interpretazione in senso conforme alla sentenza Lexitor dell’art. 125-sexies comma 1 TUB potesse tradursi in una interpretazione contra legem, non ravvisandosi una violazione del dato testuale.

La legge n. 106 del 2021

A evoluzione di tale vicenda, il legislatore con la legge n. 106 del 2021 ha introdotto l’art. 11-octies, il cui comma 2 si censura nel giudizio in commento, laddove sostituisce l’art. 125-sexies TUB apportando rilevanti modifiche.

In particolare, si riformula la seconda parte del comma 1 con la previsione che il consumatore, in caso di rimborso anticipato,

ha diritto alla riduzione, in misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte.

Vengono poi aggiunti un nuovo comma 2, che regola i criteri di riduzione degli interessi e dei costi, e un nuovo comma 2, che disciplina il diritto di regresso, derogabile in via convenzionale, del finanziatore nei confronti della banca. Rimane invece immutata la disciplina sull’equo indennizzo a favore del finanziatore in caso di rimborso anticipato del credito.

Con il comma 2 dell’art. 11-octies si introduce inoltre che l’art. 125-sexies TUB si applica in tale forma ai soli contratti sottoscritti successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione, mentre

alle estinzioni anticipate dei contratti sottoscritti prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto continuano ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 125-sexies del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti.

L’esame della norma censurata

Chiarito quanto sopra, la Corte procede con l’esaminare la norma censurata, ricordando come il legislatore abbia riformulato l’art. 125-sexies TUB in linea con quanto previsto dalla sentenza Lexitor, limitando poi l’applicazione della nuova disposizione ai soli contratti conclusi dopo l’entrata in vigore della legge n. 106 del 2021. Per quelli conclusi precedentemente ha invece stabilito che continuano ad applicarsi le disposizioni nella versione precedente, e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti al momento della sottoscrizione dei contratti.

Proprio il richiamo alle norme secondarie della Banca d’Italia sembra avallare l’interpretazione del precedente art. 125-sexies, comma 1, riferito unicamente ai costi recurring, valorizzando la funzione dei doveri di trasparenza volti a segnalare i soli costi rimborsabili. E questo – precisa la sentenza della Consulta – “a dispetto dell’interpretazione fornita dalla Corte di giustizia, che non ha voluto lasciare alla mera trasparenza la tutela dei consumatori, ritenendo il rischio di abusi nei loro confronti tale da richiedere una protezione sostanziale ed effettiva, attraverso la riduzione proporzionale di tutti i costi del credito, strumento che opera a prescindere dal rispetto dei citati doveri”.

In sintesi, con il rinvio a precise norme regolamentari che sono contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia, risulta chiaro e univoco l’intento del legislatore di fissare per il passato un contenuto della norma circoscritto all’interpretazione antecedente alla sentenza Lexitor, che si discosta dai contenuti della citata pronuncia.

Le conclusioni

La conclusione, cui si è pervenuti, ribadisce la correttezza di quanto viene assunto dal rimettente, ovvero l’impossibilità di accedere a un interpretazione conforme al diritto UE come interpretato nella sentenza Lexitor, del precedente art. 125-sexies TUB, che rimane in vigore per i contratti conclusi prima del 25 luglio 2021.

La Consulta condivide altresì la tesi del rimettente, secondo cui sarebbe impossibile interpretare l’art. 11-octies comma 2 in maniera conforme alla pronuncia della Corte di Giustizia, riferendo la irretroattività prevista dalla disposizione censurata ai soli nuovi commi 2 e 3 del “nuovo” art. 125-sexies TUB.

In sintesi, si può concludere come prima dell’intervento legislativo del 2021 l’interpretazione conforme alla sentenza Lexitor, sostenuta da giurisprudenza di merito e ABF, non fosse contra legem e fosse doverosa rispetto a quanto deciso dalla Corte di giustizia. Quest’ultima, se riconosce come limiti all’adeguamento in via ermeneutica al diritto UE, oltre all’interpretazione contra legem, il rispetto dei principi generali del diritto, in pari tempo chiarisce anche che il giudice nazionale non può sottrarsi all’obbligo di interpretazione conforme per il solo fatto di avere costantemente interpretato una disposizione in un senso che è incompatibile con il diritto dell’UE, come interpretato dalla Corte di giustizia.

Pertanto, si legge nella pronuncia, non possono i principi di certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento (…) rimettere in discussione tale obbligo né può il giudice operare una limitazione nel tempo degli effetti della pronuncia interpretativa.

Dunque, riepilogano i giudici della Consulta, ne deriva che il legislatore del 2021 ha previsto una disposizione che congela il contenuto normativo dell’originaria formulazione dell’art. 125-sexies TUB, in senso difforme rispetto al contenuto della sentenza Lexitor, inibendo in tal modo l’interpretazione conforme al diritto UE, e integrando un inadempimento agli obblighi che derivano dall’ordinamento comunitario.

L’accoglimento delle questioni di legittimità

L’ultima parte della sentenza è dedicata al riepilogo dei termini dell’accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale sull’art. 11-octies comma 2 del d.l. n. 73/2021.

In particolare, la disposizione censurata deve ritenersi costituzionalmente illegittima limitatamente alle parole “e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia”, sicché l’art. 125-sexies, comma 1 TUB, che rimane vigente per i contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della legge n. 106 del 2021, in virtù dell’art. 11-sexies, comma 2, può nuovamente accogliere il solo contenuto normativo conforme alla sentenza Lexitor. L’eliminazione  della  citata  parte  di  disposizione  rimuove, aggiunge la sentenza, l’attrito con i vincoli imposti dall’adesione dell’Italia all’Unione europea.

Contemporaneamente, sottolinea la Consulta, il nuovo testo dell’art. 125-sexies TUB oltre a valere per il futuro consolida il contenuto normativo della precedente  formulazione, in senso conforme alla sentenza Lexitor.

Per i motivi di cui sopra la Corte Costituzionale, tra gli altri,

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 11-octies, comma 2, del decreto-legge 25 maggio 2021,n. 73 (Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi  territoriali), convertito, con modificazioni, nella legge 23 luglio 2021, n. 106, limitatamente alle parole “e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia”.

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