Cessione crediti bonus edilizi e titolarità di conto deposito – guida rapida
- L’interpello del titolare del conto deposito presso la banca
- La soluzione prospettata dall’istante
- Il parere dell’Agenzia delle Entrate
- Quando è consentita la cessione
Con la risposta n. 483 del 29 dicembre 2023 l’Agenzia delle Entrate è intervenuta a chiarire una questione sulla cessione di crediti connessi a bonus edilizi in ordine all’identificazione degli acquirenti dell’ultima cessione, titolari di un conto deposito.
Viene cioè domandato se tra i soggetti che possono rendersi acquirenti dell’ultima cessione dei crediti da parte delle banche possano esserci anche coloro che hanno in essere con l’instate un rapporto di conto deposito e non di conto corrente.
L’interpello del cliente della banca titolare del conto deposito
L’interpello ha origine dall’istanza di una banca che offre alla propria clientela, tra i vari prodotti anche un conto deposito per gli investimenti in liquidità con rendimento parametrato alla presenza o meno di un vincolo temporale di investimento. L’operatività del conto deposito presuppone l’esistenza di un conto corrente bancario aperto in Italia e intestato al cliente, l’unico da cui il cliente può trasferire le somme sul conto deposito.
L’istante evidenzia all’Agenzia delle Entrate che ad oggi ai propri clienti non è offerta la possibilità di aprire un conto corrente bancario. Pertanto, il conto d’appoggio si rende necessario ai fini dell’operatività del conto deposito e deve essere aperto presso una banca diversa.
Ciò premesso, la società afferma di avere intenzione di effettuare alcune operazioni di acquisto e successiva cessione dei crediti fiscali di cui al Decreto Rilancio.
Osserva in tal proposito che il regime di cedibilità dei crediti che derivano dai bonus edilizi nella versione vigente prevede che le banche destinatarie delle prime cessioni possano cedere ulteriormente il credito di imposta a favore di “soggetti diversi da consumatori e utenti (…) che abbiano stipulato un contratto di conto corrente” con la banca cessionaria ovvero con la banca capogruppo, senza facoltà di successiva cessione.
Chiede dunque l’istante se tra i soggetti che possono rendersi acquirenti di ultima cessione per cui le norme menzionano esclusivamente coloro che hanno stipulato un contratto di conto corrente, possano esservi anche coloro che hanno in essere un conto deposito.
La soluzione prospettata dall’istante
Nell’accompagnare l’interpello l’istante ritiene che la nozione di ”conto corrente” di cui all’articolo 121 del Decreto Rilancio debba essere intesa in senso ampio, ovvero possa ricomprendere qualsiasi rapporto tra un istituto di credito e un cliente non privato, incluso dunque anche il rapporto che trae origine da un contratto di deposito.
A supporto di tale soluzione interpretativa, l’interpellante cita le disposizioni del codice civile che definiscono le operazioni che sono suscettibili di essere regolate in conto corrente (artt. 1852 e ss.) e il deposito bancario (art. 1834) sostenendo che “il discrimine tra i due contratti è rappresentato, in ultima istanza, dal servizio di cassa, che viene offerto dalla banca nei soli rapporti di conto corrente’‘.
Tuttavia, al riguardo l’istante fa anche notare come ”attraverso entrambi i contratti (i.e. il conto corrente bancario e il deposito bancario) si instaura un rapporto con un soggetto qualificato e vigilato, i.e. la banca, senza alcuna differenza in termini di obblighi e presidi cui quest’ultima è tenuta ai fini del rispetto della normativa di settore, ivi inclusi quelli in materia di adeguata verifica della clientela, individuazione del titolare effettivo e valutazione del rischio di riciclaggio previsti dal D.Lgs. n. 231 del 21 novembre 2007 e dalle relative disposizioni di attuazione di Banca d’Italia”.
L’interpretazione normativa
Ulteriormente, l’istante sottolinea come gli interventi di revisione dell’articolo 121 del Decreto Rilancio che si sono succeduti negli anni “permettono di comprendere pienamente la ratio della norma, diretta ad ampliare, con un’ultima cessione a favore dei correntisti, la possibilità per le banche di negoziare i propri crediti, ma a condizione che ciò avvenga in un ambiente adeguatamente ”controllato”, a tutela degli interessi dell’erario. L’ultima cessione, infatti, può essere effettuata esclusivamente tra una banca (i.e. un soggetto qualificato) e il proprio cliente, essendo quest’ultimo un soggetto in relazione al quale appunto il cedentebanca è tenuto all’effettuazione di tutte le verifiche e controlli in materia di antiriciclaggio, etc”.
Infine, è sempre la banca a sostenere che l’interpretazione estensiva della nozione di “’contratto di conto corrente” sarebbe da ultimo supportata dalle modifiche apportate con l’articolo 1, comma 1, lett. b) del decretolegge 16 febbraio 2023, n. 11, che ha inserito nell’articolo 121 del decreto rilancio tre nuovi commi (6bis, 6ter e 6quater), ai sensi dei quali il concorso nella violazione di cui al comma 6, che determina la responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari, è a priori escluso se questi ultimi dimostrano di essere in possesso della documentazione, elencata al comma 6bis, relativa alle opere che hanno originato il credito d’imposta.
A parere della banca, la modifica – che elimina il riferimento al “contratto di conto corrente” stipulato dal cessionario che acquista i crediti d’imposta rappresenterebbe un’ulteriore conferma della volontà del legislatore di adottare una nozione di ”correntista” in senso ampio, tale da ricomprendervi i clienti della banca che si rendono ”cessionari” dei crediti di imposta.
Il parere dell’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate ricorda che l’articolo 121, comma 1, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (Decreto Rilancio), convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, prevede che i soggetti che sostengono spese per gli interventi di cui al comma 2 possono optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione spettante “per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto…” o in alternativa, “per la cessione di un credito d’imposta di pari ammontare…”.
L’articolo 2, comma 1, del decretolegge 16 febbraio 2023, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 aprile 2023, n. 38, ha poi stabilito che, con riferimento alle detrazioni spettanti per gli interventi agevolabili (c.dd. bonus edilizi), non è più possibile esercitare l’opzione per lo sconto in fattura o la cessione del credito a decorrere dal 17 febbraio 2023 (data di entrata in vigore dello stesso decreto), tranne che per alcune tassative ipotesi previste dai successivi commi 2 e 3.
Tutto ciò premesso, le Entrate ricordano anche come l’articolo 29bis del decreto legge 1° marzo 2022, n. 17, modificando l’originaria portata dell’articolo 121, comma 1, lettere a) e b) del decreto Rilancio, abbia introdotto la possibilità, per gli istituti finanziari, di effettuare una ulteriore cessione “esclusivamente a favore dei soggetti con i quali abbiano stipulato un contratto di conto corrente, senza facoltà di ulteriore cessione”.
L’evoluzione normativa
Successivamente, l’articolo 14, comma 1, del decretolegge 17 maggio 2022, n. 50 (decreto Aiuti) ha aggiunto il riferimento, per quanto riguarda i cessionari, ai “clienti professionali privati di cui all’articolo 6, comma 2quinquies, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, che abbiano stipulato un contratto di conto corrente con la banca stessa, ovvero con la banca capogruppo”.
Ancora, la relativa legge di conversione (legge 15 luglio 2022, n. 91), ha sostituito il riferimento ai “clienti professionali privati” con quello ai “soggetti diversi dai consumatori o utenti, come definiti dall’articolo 3, comma 1, lettera a), del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206”, senza facoltà di ulteriore cessione.
L’Agenzia delle Entrate con la circolare del 27 maggio 2022, n. 19/E, ha chiarito come per effetto di queste disposizioni, le banche e le società appartenenti ad un gruppo bancario possono cedere il credito direttamente ai correntisti che siano “clienti professionali” (soggetti diversi dai consumatori), senza la necessità che sia previamente esaurito il numero di cessioni a favore dei soggetti ”qualificati”, fermo restando il divieto per il correntista cessionario del credito di operare ulteriori cessioni.
Con successiva circolare n. 33/E del 2022 è poi precisato che il correntista che acquista dalla banca (o dalle società appartenenti ad un gruppo bancario), ai fini della valutazione della sua diligenza nell’acquisizione del credito, non è tenuto a effettuare ex novo la medesima istruttoria già svolta dalla banca cedente al momento dell’acquisto del credito, a patto che l’istituto cedente consegni al cessionario correntista tutta la documentazione idonea a dimostrare di aver osservato essa stessa, all’atto dell’acquisto del credito ceduto, la necessaria diligenza.
Quando è consentita la cessione
In riferimento al caso concreto descritto dall’istante, le Entrate condividono che agli istituti di credito sia sempre consentita la cessione a favore di soggetti diversi dai consumatori o utenti (ovvero da persone fisiche che agiscono per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale) che abbiano stipulato un contratto di conto corrente con la banca stessa, ovvero con la banca capogruppo, senza facoltà di ulteriore cessione.
Viene così ricordato che la ratio delle modifiche normative che si sono succedute nel tempo sia quella di coniugare l’esigenza di consentire la cessione di crediti connessi ai cd. bonus edilizi, seppure in numero ridotto, con quella di evitare o contrastare le frodi fiscali.
Ciò detto, se il sottoscrittore di un conto deposito, con le caratteristiche menzionate nel quesito dell’istante, sia lo stesso titolare del conto d’appoggio consistente in un conto corrente detenuto presso un altro ente finanziario, al fine di rispettare la predetta ratio delle norme di presidio alla cessione dei crediti connessi ai bonus edilizi, si rende necessaria un’interpretazione logicosistematica delle disposizioni di cui all’articolo 121 del decreto Rilancio.
Questa identità soggettiva permette infatti di contenere il rischio di frodi fiscali perché rimangono comunque pienamente monitorabili i flussi connessi alla cessione dei menzionati crediti tra i gruppi bancari e i propri clienti diversi dai consumatori che hanno sottoscritto un “conto deposito”, la cui operatività è connessa a un conto corrente intestato al medesimo titolare, anche se in altro istituto di credito, in luogo di un conto ordinario.
Le conclusioni
Per il Fisco, dunque, non assimilare la fattispecie appena descritta al rapporto esistente tra la banca e i propri correntisti diversi dai consumatori, infatti, limiterebbe la possibilità di operare l’ultima cessione contenendo la circolazione dei crediti connessi ai bonus edilizi oltre quanto appare il perimetro delle disposizioni qui in commento che escludono nel rapporto tra le banche e i propri clienti esclusivamente ”consumatori o utenti, come definiti dal codice del consumo.