I creditori ipotecari nella composizione della crisi da sovraindebitamento – guida rapida
Con ordinanza n. 4613/2023, la Corte di Cassazione si è soffermata sul disposto dell’art. 7, comma 1, secondo periodo della l. n. 3/2012, secondo cui in materia di accordo di composizione delle crisi da sovraindebitamento, i crediti ipotecari (meglio, muniti di privilegio, pegno o ipoteca) possono anche non essere soddisfatti integralmente, a patto che ne sia garantito il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in luogo della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi.
Cerchiamo di comprendere quali siano state le valutazioni della Suprema Corte e come si sia giunti alla decisione sotto in commento.
I fatti
La Cassazione si trova a decidere sul ricorso n. 8540/2017 proposto dal ricorrente contro una società di leasing.
Il ricorrente aveva presentato al Tribunale di Milano un ricorso per l’omologazione di un accordo proposto ai suoi creditori per comporre la crisi da sovraindebitamento in cui si trovava a causa delle obbligazioni assunte quale garante per i debiti di una società commerciale.
Stabilita l’udienza ai sensi della l. n. 3/2012, la proposta è stata approvata con una maggioranza del 63,09% dei crediti. Tuttavia, il giudice delegato ha negato l’omologa sull’opposizione di due creditori ipotecari (tra cui la società di leasing), ravvisando quale ostacolo la donazione alle figlie della nuda proprietà di un immobile ad uso abitativo. Per il giudice l’atto è stata considerato come posto in essere in frode ai creditori ipotecari.
Il ricorrente ha dunque proposto reclamo al collegio contestando la qualificazione della donazione come atto in frode. Ha ritenuto illegittima la valutazione della domanda secondo un parametro di meritevolezza soggettiva, previsto dalla legge sul sovraindebitamento solamente per il consumatore e per la procedura riservata a questa figura di debitore (omologazione del piano del consumatore) .
Il Tribunale di Milano ha respinto il reclamo confermando le considerazioni ostative del giudice designato e rilevando altresì, come “ulteriore riflesso sulla esistenza dei presupposti di ammissibilità della domanda”, che era stato proposto per il creditore ipotecario un trattamento deteriore rispetto a quello che avrebbe potuto ottenere in caso di liquidazione del patrimonio.
Contro tale decreto il ricorrente propone ulteriore ricorso in Cassazione.
I motivi del ricorso
Esaminiamo sinteticamente i motivi del ricorso.
Primo motivo
Il primo motivo di ricorso denuncia la “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., con riferimento all’art. 10, comma 3, legge n. 3 del 2012 e alla ivi prevista categoria degli “atti in frode” alla procedura di sovraindebitamento”. Il ricorrente contesta infatti che la donazione alle figlie della nuda proprietà possa essere qualificata come atto in frode ai sensi della legge n. 3 del 2012. Ricorda in proposito come della donazioni sono stati spontaneamente informati i creditori al momento della presentazione del ricorso per la composizione della crisi da sovraindebitamento.
Secondo motivo
Il secondo motivo di ricorso denuncia la “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., con riferimento alla legge n. 3 del 2012 per essere stati svolto un giudizio di meritevolezza del debitore al quale la procedura azionata è sottratta”. Il ricorrente lamenta infatti come il tribunale abbia applicato la nozione di “meritevolezza” che si assume riferita nella legge n. 3 del 2012 al solo consumatore e al procedimento di omologazione del piano del consumatore .
Terzo motivo
Il terzo motivo denuncia la “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 , comma 1, n. 3, e art. 2901 e.e., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, comma 1, n. 5, in ordine alla portata dei poteri di controllo del tribunale e ai presupposti sulla scorta dei quali il decreto ha giudicato la donazione quale “atto in frode”. Il ricorrente contesta dunque al tribunale di avere di fatto anticipato – sottraendolo alla sua sede propria – il giudizio sull’azione revocatoria intentata da due creditori contro l’atto di donazione della nuda proprietà dell’immobile alle figlie.
Quarto motivo
Il quarto motivo denuncia la “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. con riferimento agli artt. 602 c.p.c.; 173 legge fall.; 7, 10 e 12 legge 3 del 2012; 1322 e 2901 e.e.; nonché agli artt. 99, 112 e 115 c.p.c.”. Ancora, il ricorrente lamenta l’impropria anticipazione del giudizio sull’azione revocatoria e contesta al tribunale la costruzione di un atto in frode a danno dei creditori ipotecari basata su un ipotizzato collegamento funzionale tra donazione e successiva domanda di composizione della crisi da sovraindebitamento.
Quinto motivo
Il quinto motivo denuncia la “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., con riferimento ai principi fondamentali dell’ordinamento giuridico di conservazione degli atti giuridici e di economicità degli atti processuali ex artt. 1367 c.c., 111 Cost.”. Il ricorrente ravvisa infatti la contraddittorietà nel diniego di omologa espresso sulla base dei medesimi presupposti di fatto noti al momento del decreto di avvio del procedimento.
Sesto motivo
Il sesto motivo denuncia la “falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c . per violazione di norme imperative ex L. 3/2012 di principi costituzionali ex artt. 2, 13, 21, 24, 27, 32 e dell’intera ratio legis”. Il ricorrente contesta infatti al tribunale di non avere soppesato i diversi interessi, fra cui i diritti costituzionali a tutela di beni primari del ricorrente e il diritto dei creditori a escutere le garanzie fideiussorie e trovare soddisfacimento delle rispettive ragioni di credito.
Settimo motivo
Infine, il settimo e ultimo motivo concerne la liquidazione delle spese di lite e censura la dedotta “violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. in particolare del D.M. 140/2012 e del D.M. 55/2014”.
Le decisioni della Corte
Valutata la ricchezza delle contestazioni mosse dal ricorrente, la Corte di Cassazione preferisce prendere le mosse dal quarto motivo, poiché secondo i giudici il suo esame consente di cogliere un aspetto centrale della decisione impugnata, determinante anche per l’esito degli altri motivi.
Ricordano dunque i giudici della Suprema Corte come il quarto motivo censuri una parte della motivazione del decreto impugnato in cui sono esposte due distinte rationes decidendi:
- il tribunale, da un lato, ha ribadito la qualità di atto in frode della donazione della nuda proprietà, soprattutto nei confronti dei creditori ipotecari che – per effetto dell’esdebitazione conseguente all’omologazione – avrebbero perso il diritto di soddisfarsi sulla nuda proprietà trasferita alle donatarie, “quantomeno per le somme eccedenti quelle offerte in sede di accordo”;
- dall’altro lato, il tribunale ha ravvisato in ciò anche la violazione dell’art. 7, comma 1, della legge n. 3 del 2012, in forza del quale “è possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono non essere soddisfatti integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della col locazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi”.
Ora, tale ratio decidendi per i giudici della Cassazione avrebbe colto un aspetto oggettivo (il pregiudizio per il creditore ipotecario rispetto all’alternativa liquidatoria), che prescinderebbe dalla qualificazione della donazione sul piano dell’elemento soggettivo, come atto diretto a frodare i creditori; è autonomamente decisiva per l’esito del procedimento e non è attinta dagli altri motivi, sicché il rilievo della infondatezza di questo quarto motivo è sufficiente per determinare il rigetto del ricorso nel suo insieme.
Le azioni revocatorie ordinarie e i creditori ipotecari
Per gli Ermellini, infatti, il ricorrente denuncia la violazione sull’errato presupposto che il ragionamento del tribunale sia basato sulla pendenza delle azioni revocatorie ordinarie contro la donazione proposte dal controricorrente. Le azioni però nel decreto sono menzionate solo sommariamente e solo nella parte narrativa della motivazione.
L’art. 602 c.p.c. prevede inoltre la possibilità per il creditore di agire in via esecutiva anche nei confronti del terzo che sia titolare di diritti su “un bene gravato da pegno o da ipoteca per un debito altrui, oppure un bene la cui alienazione da parte del debitore è stata revocata per frode”. La decisione del Tribunale di Milano non fa perno su quest’ultimo inciso, ma su quello precedente (cioè, il bene gravato da ipoteca).
A ben vedere, di fatti, i creditori ipotecari non hanno interesse ad agire in revocatoria nei confronti della cessione del bene ipotecato da parte del debitore. Possono infatti comunque espropriare quel bene, in virtù del diritto di sequela, anche nei confronti del terzo acquirente.
Di contro, l’esdebitazione lo priva di una porzione del credito e, quindi, anche del potere di soddisfarsi – per la parte eccedente quanto oggetto della proposta di composizione – sul bene del terzo acquirente, che non è un coobbligato e non è debitore ad alcun titolo del creditore ipotecario. Pertanto, non può valere nei suoi confronti la conservazione dei diritti verso i coobbligati disposta dall’art. 11, comma 3, della legge n. 3 del 2012.
Proprio per tale motivo i giudici ricordano che in tal senso il tribunale abbia correttamente affermato che l’omologazione dell’accordo avrebbe impedito al creditore ipotecario di “ulteriormente agire nei confronti delle terze proprietarie”. Un’affermazione che è riferita all’azione esecutiva del creditore ipotecario e non certo alle azioni revocatorie di alcuni creditori.
L’infondatezza del ricorso
Di qui, la considerazione dell’errata accusa al tribunale di avere sottratto alla sua sede propria il giudizio sulle azioni revocatorie, anticipandone l’esito, e di avere così violato l’art. 602 c.p.c., che permette l’azione esecutiva al creditore che ha esercitato con successo l’azione revocatoria e non a quello che l’abbia soltanto avviata .
Pertanto, ne deriva l’infondatezza del motivo di ricorso, basato tutto su questo equivoco di fondo, anche laddove ipotizza un vizio di ultra o extrapetizione, per avere il tribunale sindacato la convenienza dell’accordo, attestata nella relazione dell’organismo di composizione della crisi e non contestata dai creditori.
Per la Cassazione, infatti, quello rilevato dal giudice a quo non è un mero profilo di convenienza, bensì un preciso requisito di ammissibilità della domanda, consistente nel rispetto del presupposto di legge perché sia consentito il soddisfacimento solo parziale dei crediti dotati di cause di prelazione e, in particolare, dei crediti ipotecari. Un requisito la cui mancanza, peraltro, è sicuramente rilevabile d’ufficio.
Ancora, per la Suprema Corte non si può certo sostenere che la decisione del giudice designato sull’omologazione sia condizionata dalla precedente scelta di fissare l’udienza e di non bloccare subito la domanda o dall’attestazione favorevole dell’organismo di composizione della crisi, valutato che la legge non prevede affatto preclusioni di questo tipo e, all’esito del coinvolgimento dei creditori, la cognizione sulla legittimità della domanda non può che essere ampia e integrale.
Il principio di diritto
In definitiva, la motivazione del rigetto del reclamo da parte dei tribunale è basata su una ricostruzione del fatto che non è stata specificamente contestata e che non potrebbe essere sindacata in questa sede di legittimità, alla quale si associa il seguente principio di diritto:
al fine dell’accertamento del requisito di ammissibilità che al creditore ipotecario «sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile … in caso di liquidazione», di cui all’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 3 del 2012, il confronto tra quanto offerto al creditore ipotecario con la proposta d ‘accordo e quanto da lui «realizzabile … in caso di liquidazione» deve essere svolto tenendo conto anche del valore dei diritti che, seppure alienati dal debitore, potrebbero ancora essere aggrediti dal creditore ipotecario per soddisfare il suo credito, il quale perderebbe invece tale potere in caso di omologazione dell’accordo”.