Mutuo bancario, la vessatorietà della clausola floor – guida rapida
- La presenza della clausola floor nel mutuo bancario
- La qualificazione della clausola floor
- Le disposizioni della Banca d’Italia
- L’orientamento giurisprudenziale in Italia
- La dottrina sulla materia
Con decisione n. 4137 dello scorso 4 aprile 2024, il Collegio di coordinamento dell’Arbitro bancario finanziario è intervenuto sul tema della possibile vessatorietà della clausola floor in un contratto di mutuo bancario.
Come nostra abitudine, cerchiamo di ricostruire brevemente i fatti e le conseguenti decisioni da parte del Collegio.
La presenza della clausola floor nel mutuo bancario
Un mutuatario ha stipulato in data 25 luglio 2017 un mutuo fondiario per 235.000 euro, con piano di ammortamento di 30 anni, rate mensili.
Il tasso di interesse applicato al capitale era variabile. L’art. 5 del contratto disponeva che il tasso di interesse applicato non potesse scendere al di sotto del valore dello spread applicato e pari a 2,50% (clausola floor). Per il ricorrente, una simile previsione annullava di fatto ogni beneficio in caso di discesa dei tassi.
Sempre per il ricorrente, in sede di perizia econometrica sarebbero emerse molteplici anomalie.
In particolare:
- il tasso di interesse, variabile, risulterebbe indeterminato e indeterminabile. Nel contratto mancherebbe infatti la specificazione del metodo di calcolo degli interessi da corrispondere ogni mese sul mutuo con riferimento al fattore tempo;
- non sarebbe stata specificata l’indicizzazione utilizzata nel piano di ammortamento alla francese, non indicando – cioè – se si sia trattata di un’indicizzazione finanziaria o di una ripianificazione finanziaria.
Il ricorrente sottolinea poi come “la clausola floor imposta dalla Banca al consumatore è incontestabilmente nulla, come affermato dalla giurisprudenza, in quanto determina uno squilibrio giuridico e normativo, consentendo ad una sola parte (la Banca) di trarre pieno beneficio dalle variazioni a sé favorevoli dell’indice e di limitare il pregiudizio derivante dalle variazioni a sé sfavorevoli”.
Il ricorso
Dopo aver ottenuto un riscontro negativo al reclamo, il mutuatario avanzava ricorso affermando la nullità e la vessatorietà della clausola floor. Per il ricorrente, infatti, il mutuo con clausola floor rappresenterebbe una vessatoria forma di protezione della remunerazione bancaria.
In altre parole, se il parametro di riferimento del tasso (Euribor) assumesse valore negativo ì, allora il tasso globale non potrebbe in alcun caso essere inferiore allo spread concordato. Una simile clausola non sarebbe essenziale ai fini del contratto di mutuo indicizzato. Non attribuirebbe inoltre al cliente alcun beneficio, conducendo “a quello squilibrio contrattuale che ne determina la nullità perché non meritevole di tutela giuridica”.
Il ricorrente richiede dunque di accertare e dichiarare la vessatorietà della clausola floor.
La resistenza della banca
Evidentemente, dal suo canto la banca resistente sostiene che la clausola floor “non risulta contrastare con alcuna norma inderogabile e la giurisprudenza dell’ABF ha escluso la possibilità di considerarla invalida, salvo il caso in cui essa sia formulata in modo oscuro e poco comprensibile e (o) assuma natura vessatoria”.
La banca afferma inoltre che “la clausola Floor nel contratto è diretta ad evitare che il meccanismo del tasso variabile, nei periodi di notevole riduzione dell’Euribor, possa elidere la naturale remunerazione correlata al godimento della somma di denaro, arrivando a incidere sulla causa dell’operazione economica in concreto conclusa fra le parti”.
La banca domanda dunque il rigetto del ricorso come inammissibile e infondato.
La qualificazione della clausola floor
La questione di merito è quella sulla qualificazione della clausola floor inserita nel contratto di credito.
Se si ritiene che la clausola attenga alla determinazione dell’oggetto del contratto o all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e servizi, allora tale clausola sarebbe esclusa dal vaglio di vessatorietà di cui all’art. 33 cod.cons., se formulata in modo chiaro e comprensibile.
Se invece la si ritenga assoggettabile al vaglio di vessatorietà, allora dovrebbe valutarsi se tale clausola determini o meno, a carico del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
Così delineata la questione, si ricorda che per i contratti stipulati tra un professionista e un consumatore, il Codice del consumo prevede una tutela rispetto alle clausole che, malgrado la buona fede, determinino a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
In base a tale disciplina, la vessatorietà di una clausola è valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze sussistenti al momento della sua conclusione, oltre che alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro contratto collegato.
Tuttavia, la stessa normativa dispone come la valutazione del carattere vessatorio della clausola “non attiene alla determinazione dell’oggetto del contratto, né all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile”. Da quanto sopra ne deriva che il vaglio di vessatorietà riguarda l’assetto economico del contratto solo se la sua definizione non è sufficientemente chiara e comprensibile.
Le disposizioni della Banca d’Italia sulla clausola floor
Alla clausola floor fanno riferimento anche le Disposizioni di trasparenza della Banca d’Italia e la successiva Comunicazione del 7 aprile 2016 della stessa autorità.
Qui viene infatti previsto che “per i mutui a tasso variabile o misto, è specificato se il contratto contiene clausole che comportano l’applicazione di un limite massimo (cap) o minimo (floor) alle oscillazioni del tasso, con una breve illustrazione dei relativi effetti per il consumatore”.
Nella Comunicazione si arriva invece ad affermare che “considerate le segnalazioni pervenute e tenuto conto dell’ampia diffusione dei finanziamenti a tasso indicizzato, gli intermediari dovranno: a) attenersi a uno scrupoloso rispetto della normativa di trasparenza e correttezza e alla rigorosa applicazione delle condizioni pattuite con la clientela. In particolare, gli intermediari dovranno astenersi dall’applicare di fatto clausole di c.d. “tasso minimo” (“floor clause”) non pubblicizzate e non incluse nella pertinente documentazione di trasparenza e nella modulistica contrattuale”.
L’orientamento giurisprudenziale in Italia
Passando poi all’orientamento giurisprudenziale italiano, rileviamo come l’orientamento maggioritario sia di escludere la vessatorietà della clausola floor se questa è formulata in modo chiaro e comprensibile.
Di fatto, i giudici, sulla scorta dei principi espressi dalla Corte di Cassazione (Cass. civ. sez. II n. 15237 del 20/06/2017), in relazione ai contratti stipulati per atto pubblico, ritiene che la sottoscrizione di un mutuo fondiario per atto notarile escluda di per sé l’applicabilità della disciplina di cui all’art. 1341 e 1342 c.c.
Per quanto attiene la disciplina delle clausole vessatorie sotto il profilo consumeristico, i giudici nazionali riducono la clausola floor nel novero delle clausole determinative dell’oggetto del contratto oppure a quelle relative all’adeguatezza del corrispettivo, escludendo di conseguenza, l’assoggettabilità a un vaglio di vessatorietà, salvo che sia formulata in modo non chiaro e comprensibile.
In questo contesto, vi sono alcune pronunce che hanno escluso in modo espresso che la clausola floor – anche in assenza di una speculare clausola cap – possa determinare un significativo squilibrio tra i diritti e gli obblighi previsti dal contratto, ex art. 33, comma 1, cod. cons. In tale ottica, infatti, la clausola che individua un tasso minimo del mutuo consentirebbe di preservare la natura onerosa del contratto anche in presenza di indici di riferimento negativi e atterrebbe alla causa tipica del mutuo a tasso variabile.
Ancora nel senso di escludere la presenza di uno squilibrio normativo sono altre pronunce che invece sottolineano come la previsione di una clausola di tasso minimo presenti comunque dei profili di convenienza anche per il mutuatario che, in ragione della sua inclusione in contratto, finisce spesso per giovarsi di uno spread più basso rispetto a soluzioni negoziali prive di clausole floor.
Sono sicuramente minoritarie le posizioni di senso opposto, con cui viene affermata la natura vessatoria di una clausola floor.
La dottrina sulla materia
Passando poi alla dottrina, l’orientamento maggioritario è quello che sostiene la giurisprudenza prevalente, ritenendo che la clausola floor sia tout court nell’esclusione di cui all’art. 34, comma 2, cod. cons., poiché attinente alla determinazione dell’oggetto del contratto e/o all’adeguatezza del corrispettivo.
È invece minoritaria la dottrina viene richiamata nell’ordinanza di rimessione del Collegio, secondo cui si può distinguere “tra clausole relative alla determinazione dell’oggetto e clausole con cui si stabiliscono criteri di variazione delle prestazioni contrattuali, purché esse modifichino o integrino la disciplina legale”.
Tale orientamento è tuttavia in contrasto anche con l’approccio dei Collegi territoriali, che in via prevalente escludono che la clausola floor inserita in contratti di mutuo a tasso variabile abbia natura tout court vessatoria, salvo che essa sia formulata in modo non chiaro e comprensibile.
Tutto ciò chiarito, il Collegio di Coordinamento ritiene preferibile l’orientamento che esclude la vessatorietà della clausola floor anche in essenza di una corrispondente clausola cap, sempre che essa sia formulata in modo chiaro o comprensibile.
Per il Collegio di Coordinamento, infatti, la clausola floor circoscrive la misura minima di un elemento essenziale del contratto, il tasso di interesse, che a sua volta rappresenta la remunerazione dell’intermediario per il godimento del capitale da parte del cliente finanziato per mezzo del contratto di mutuo.
In altre parole, la clausola floor è inserita nel contratto di mutuo dalla banca per garantirsi una remunerazione minima derivante dall’operazione di finanziamento anche nell’ipotesi in cui l’andamento dei tassi di interesse fosse tale da abbattere sensibilmente il costo del denaro, evitando così che se questo scenario dovesse verificarsi, continui a finanziare un soggetto a fronte di un corrispettivo non remunerativo o antieconomico.
Il principio di diritto
Ecco perché, per tali ragioni, il ricorso non è stato accolto. Viene espresso altresì il seguente principio di diritto:
La clausola floor attiene alla determinazione dell’oggetto del contratto e/o all’adeguatezza del corrispettivo e, pertanto, è esclusa dal vaglio di vessatorietà ai sensi dell’art 34, comma 2°, del codice del consumo, se formulata in maniera chiara e comprensibile.