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Home » Commerciale » Bancario » Contratti di credito, divieto di informazioni per rinvio

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Contratti di credito, divieto di informazioni per rinvio

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Contratti di credito, divieto di informazioni per rinvio
contratto-credito
Avv. Beatrice Bellato

Le informazioni per rinvio nei contratti di credito – indice:

  • La direttiva 48 del 2008
  • La pronuncia della Corte di Giustizia
  • Le conclusioni della corte

Con decisione su Causa C-42/15, la Corte di Giustizia Europea ha dichiarato che la direttiva relativa ai contratti di credito ai consumatori non impone che i contratti di credito siano necessariamente redatti in un unico documento, ma nel caso in cui il contratto rinvii ad altro documento, precisando che ne costituisce parte integrante, questo documento – così come il contratto – deve essere predisposto su supporto cartaceo o durevole, consegnato al consumatore prima della conclusione del contratto, affinchè costui possa conoscere l’insieme dei propri diritti e dei propri obblighi.

Indice:

  • 1 Direttiva 2008/48 sui contratti di credito
  • 2 La pronuncia della Corte di Giustizia sui contratti di credito
    • 2.1 Le condizioni generali di contratto
  • 3 Le conclusioni della Corte di Giustizia
    • 3.1 La definizione di supporto durevole

Direttiva 2008/48 sui contratti di credito

Per poter ricostruire per quale motivo si sia giunti a questa pronuncia, può essere utile partire dalla Direttiva 2008/48 che, ricorda l’avvocato generale Elenaro Shartpson nelle proprie conclusioni di supporto presentate il 9 giugno 2016, “persegue due obiettivi principali, vale a dire garantire un livello elevato ed equivalente di tutela dei consumatori in modo da assicurare la fiducia di questi ultimi e creare un vero mercato interno”.

Per poter raggiungere tali obiettivi, è previsto che prima della conclusione di un contratto di credito, i consumatori ricevano informazioni adeguate, che essi possano esaminare, al fine di prendere le loro decisioni con piena cognizione di causa. In particolare, è necessario che “il contratto di credito dovrebbe contenere tutte le informazioni necessarie in modo chiaro e preciso, per consentire al consumatore di conoscere i suoi diritti e obblighi”.

Leggi anche: Chargeback, che cosa è e come si richiede

Ricordiamo inoltre che l’art. 10 della ricordata Direttiva stabilisce, al paragrafo 1, che “i contratti di credito sono redatti su supporto cartaceo o su altro supporto durevole” e che “tutte le parti del contratto ricevono copia del contratto di credito”. In particolare, è necessario che all’interno del contratto siano presenti alcuni elementi fondamentali come “l’importo, il numero e la periodicità dei pagamenti che il consumatore deve effettuare e, se del caso, l’ordine della distribuzione dei pagamenti ai vari saldi restanti dovuti ai diversi tassi debitori ai fini del rimborso” e “in caso di ammortamento del capitale di un contratto di credito a durata fissa il diritto del consumatore di ricevere, su richiesta e senza spese, in qualsiasi momento dell’intera durata del contratto di credito, un estratto sotto forma di tabella di ammortamento”.

Leggi anche: Assegni bancari, si può chiedere che non vengano pagati quelli già emessi?

La pronuncia della Corte di Giustizia sui contratti di credito

Accennata la Direttiva 2008/48, per comprendere quali sono le motivazioni sostanziali della pronuncia, possiamo brevemente sintetizzare quale sia stato il caso in esame della Corte di Giustizia UE. La fattispecie posta all’attenzione, in particolare, era relativa a un contratto di finanziamento di 700 euro, che una signora aveva sottoscritto con un istituto di credito slovacco. Nel contratto di finanziamento, però, non erano indicate tutte le informazioni relative al prestito (tra cui il TAEG, il tasso annuo effettivo globale). Era invece previsto un rimborso complessivo di 1.087,56 euro, in rate mensili da 32,50 euro ciascuna. Il prestito doveva altresì essere rimborsato in 36 mesi a decorrere dalla sua concessione.

Nel concreto, la parte debitrice aveva firmato il contratto di credito, confermando di avere ricevuto le condizioni di credito, di averle approvate e di accettare di esserne vincolata. Al contratto di credito erano allegate le condizioni generali di contratto, contrassegnate con un codice alfanumerico nell’angolo superiore di ogni pagina.

Le condizioni generali di contratto

“Con la firma del contratto il debitore confermava di aver ricevuto e approvato le condizioni di contratto, di comprendere tutte le disposizioni ivi contenute e esprimeva la volontà di assumere gli obblighi ivi previsti” – riepilogava l’avvocato, sottolineando che “il testo delle condizioni generali di contratto non veniva sottoscritto né dal creditore né dal debitore. Tali condizioni indicano, inter alia, che il consumatore è obbligato a rimborsare debitamente e tempestivamente il credito concesso, con pagamento periodico in base a rate mensili, il cui numero, importo e scadenza sono precisati nel contratto.

Il debitore ha il diritto di richiedere, senza spese, in qualsiasi momento dell’intera durata del contratto, un estratto del conto sotto forma di tabella di ammortamento, in cui sono indicate le rate da pagare, i termini e le condizioni del loro rimborso, compresa la ripartizione di ogni rata con l’indicazione dell’ammortamento del capitale, degli interessi ed eventualmente anche delle spese supplementari“.

Tuttavia, è segnalato ulteriormente, le condizioni di credito “non comprendono regole più specifiche in ordine al calcolo degli interessi sul capitale, né disposizioni che specifichino la quota della rata mensile (32,50 euro) utilizzata per il rimborso degli interessi e delle spese e quella utilizzata per l’ammortamento del capitale prestato”.

Il caso arriva sulle scrivanie del giudice nazionale quando il creditore richiede al debitore l’intero pagamento della somma dovuta, compresi gli interessi moratori. Considerato che il debitore non provvede, la banca agisce in giudizio.

Le conclusioni della Corte di Giustizia

Introdotto quanto precede, cerchiamo di trarre qualche sintetica valutazione di quel che ha maturato la Corte di Giustizia UE. Per far ciò, cominciamo con il ricordare che la Corte, nella pronuncia depositata il 9 novembre 2016, ha precisato che la Direttiva 2008/48 non impone che i contratti di credito siano redatti in un unico documento, precisando comunque che nell’ipotesi in cui il contratto rinvii ad altro documento, segnalando al contempo che quest’ultimo ne è parte integrante, tale documento, così come il contratto stesso, deve essere predisposto su supporto cartaceo o su altro supporto durevole, e deve essere effettivamente consegnato al consumatore prima della conclusione del contratto, per potergli consentire di conoscere l’insieme dei suoi diritti e dei suoi obblighi.

La definizione di supporto durevole

In merito, considerato che per “supporto cartaceo” dovrebbero esservi minori dubbi interpretativi, può essere utile ricordare come la Corte di Giustizia UE abbia definito il supporto durevole quale “ogni strumento che permetta al consumatore di conservare le informazioni che gli sono personalmente indirizzate in modo da potervi accedere in futuro per un periodo di tempo adeguato alle finalità cui esse sono destinate e che permetta la riproduzione identica delle informazioni memorizzate“.

La Corte di Giustizia UE sottolinea inoltre che nonostante la direttiva non richieda espressamente la firma dei contratti di credito redatti su supporto cartaceo, essa non osta tuttavia a una normativa nazionale che subordini la validità dei contratti di cui trattasi, alla condizione che vengano firmati dalle parti. Ciò anche ove tale requisito della firma si applichi a tutti i documenti contenenti gli elementi essenziali del contratto.

In ultima analisi, la Corte ha così concluso che la mancata indicazione da parte del creditore, nel contratto di credito, di tutti gli elementi che in forza della direttiva sui contratti di credito ai consumatori, devono essere necessariamente inclusi nel contratto, può essere sanzionata dagli Stati membri con la decadenza del diritto agli interessi e alle spese se la mancata menzione di questi elementi possa mettere in discussione la possibilità del consumatore di valutare la portata del suo impegno.

Avv. Bellato – diritto bancario

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