Conto corrente, riconoscimento del debito e nullità del contratto
- Il caso
- Il riconoscimento del debito
- Interessi, CMS, spese e valute
- Anatocismo
- Usura
- Illegittima segnalazione alla Centrale Rischi
Qualche settimana fa il Tribunale di Padova ha offerto una serie di interessanti principi in materia di conto corrente bancario e, in particolar modo, sull’autonomia tra il riconoscimento del debito e le nullità del rapporto. Non solo: i giudici hanno anche sancito come la nullità delle clausole anatocistiche coinvolga anche quelle successive alla nota delibera CICR del 9 febbraio 2020, a patto che non siano oggetto di una nuova e specifica pattuizione con il cliente.
Nelle ipotesi di illegittimità della segnalazione alla Centrale Rischi, effettuata dalla banca, il cliente può inoltre ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale da calcolarsi e liquidarsi in via equitativa.
Ma andiamo con ordine, e ricostruiamo i fatti e le motivazioni del Tribunale.
Il caso
Con atto di citazione, il titolare di una ditta individuale ha proposto opposizione contro il decreto ingiuntivo con cui il Tribunale gli aveva ingiunto il pagamento in favore della banca di un importo pari al saldo debitore del conto corrente. Nella sua opposizione, il titolare eccepisce:
- la carenza di prova del credito vantato,
- l’applicazione da parte della banca di interessi ultralegali e usurari,
- l’applicazione di interessi anatocistici, di commissioni di massimo scoperto, di spese e di valute non pattuite,
- la conseguente illegittimità del riconoscimento del debito sottoscritto dal correntista.
Il ricorrente lamenta anche la revoca ingiustificata degli affidamenti. Così come l’illegittimità della segnalazione a sofferenza nella Centrale Rischi Bankitalia. Dunque, domanda la revoca del decreto ingiuntivo e la condanna della banca al risarcimento dei danni.
Il riconoscimento del debito
Analizzando la fattispecie, i giudici della Suprema Corte sottolineano in primo luogo come occorra rilevare come la banca abbia eccepito solamente in comparsa conclusionale la natura transattiva del piano di rientro sottoscritto dal correntista, e la rinuncia all’azione che qui è contenuta. L’eccezione di merito va pertanto ritenuta tardiva.
Ciò ribadito, gli Ermellini ritengono come il riconoscimento del debito non preclude al correntista opponente di far valere le eccepite nullità per interessi ultralegali, usurari e anatocistici, commissioni e spese pattuite.
In questo senso, citando la precedente Cass n. 19742/2014, è sufficiente rilevare come
“in tema di conto corrente bancario, il piano di rientro concordato tra la banca ed il cliente, ove abbia natura meramente ricognitiva del debito, non ne determina l’estinzione né lo sostituisce con nuove obbligazioni, sicché resta valida ed efficace la successiva contestazione della nullità delle clausole negoziali preesistenti”
Interessi, CMS, spese e valute
I giudici ritengono fondata la contestazione del titolare della ditta. La ditta ha infatti eccepito l’applicazione di interessi ultralegali, CMS, spese e antergazione e postergazione delle valute in assenza di una pattuizione scritta.
L’analisi del documento contrattuale permette infatti di rilevare l’assenza nello stesso di ogni indicazione sulle condizioni applicate. Risulta così non compilata sia la parte relativa ai tassi di interessi debitori e creditori, che quella riservata all’indicazione delle CMS. Non viene inoltre rilevata alcuna pattuizione sulle spese e sulla disciplina delle valute.
Per i giudici si ricade dunque in quanto previsto nell’art. 117 comma 7 TUB, con ricostruzione del saldo del conto e dei tassi sostitutivi previsti. Oltre, in sostanza, all’eliminazione di ogni commissione, onere, spese e gioco valute, mantenendo quale data valuta quella effettiva dell’operazione.
Anatocismo
In linea con quanto formulato nel precedente paragrafo, è stata ritenuta fondata l’eccezione sull’applicazione degli illegittimi interessi anatocistici per l’intera durata del rapporto.
La Corte rammenta infatti come il contratto di conto corrente fosse già in essere al momento dell’entrata in vigore della delibera CICR 9 febbraio 2020. Dunque, l’anatocismo può reputarsi legittimo solo se posto in essere a quanto disposto nella normativa ora citata.
I giudici sottolineano come l’introduzione di una clausola anatocistica all’interno di un contratto di conto corrente già in essere sia in grado di comportare un peggioramento delle condizioni contrattuali per il cliente. Si passa, d’altronde, da una situazione priva di capitalizzazione a una situazione in cui vi è invece una capitalizzazione trimestrale degli interessi.
In forza del carattere peggiorativo dell’adeguamento contrattuale, la clausola dell’anatocismo deve essere oggetto di una nuova e specifica pattuizione con il cliente, pena la nullità della stessa. Ne deriva che l’anatocismo applicato dalla banca in questa fattispecie non potrà che ritenersi illegittimo per tutto il periodo oggetto di analisi. Manca agli atti la pattuizione scritta con il correntista. E, inoltre, non è sufficiente la pubblicazione dell’adeguamento in sede di GG.UU., visto il divieto di anatocismo operante dall’1.1.2014.
Usura
Passando poi al tema dell’usura, i giudici ricordano come alla luce della pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 24675/2017, possa aversi una condizione di usura oggettiva solamente nell’ipotesi di superamento del tasso soglia da parte del tasso di interesse che era stato originariamente pattuito dall’istituto di credito con il proprio cliente.
A tale ipotesi deve essere superata quella del superamento del tasso soglia da parte del tasso di interesse modificato dalla banca nel corso del rapporto, in forza dello ius variandi, considerato che in tal caso l’usura non può ricollegarsi all’abbassamento del tasso soglia nel corso del rapporto, bensì ad una nuova pattuizione intercorsa tra banca e cliente, formatasi in seguito al silenzio assenso del correntista dinanzi alle modifiche comunicategli dalla banca.
La sussistenza dell’usura oggettiva originaria in questo ultimo senso è stata demandata al CTU, che si è avvalsa del metodo del margine in relazione alla commissione di massimo scoperto, una metodologia che la Suprema Corte ritiene corretta fino alla data del 1 gennaio 2010, e che ha condotto il CTU ha verificare la sussistenza dell’usura da ius variandi.
Illegittima segnalazione alla Centrale Rischi
La parte opponente ha altresì svolto una domanda riconvenzionale di condanna dell’istituto di credito al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti. Previo, evidentemente, accertamento dell’illegittimità della segnalazione a sofferenza operata dall’istituto di credito presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia.
Per quanto attiene l’illegittimità della segnalazione, i giudici richiamano la motivazione già resa in sede di ordinanza ex art. 700 cpc, rilevandosi come l’insussistenza del debito nei confronti della banca faccia venire meno il presupposto per la segnalazione a sofferenza alla Centrale Rischi.
La segnalazione deve dunque ritenersi illegittima anche alla luce delle ulteriori circostanze allegate. Non è di fatti emersa alcuna prova dell’invio da parte dell’istituto di credito della preventiva comunicazione informativa. E, inoltre, della preventiva istruttoria sulla reale situazione economica del debitore. Si presuppone così l’iscrizione del credito a sofferenza l’esercizio di una valutazione di carattere complesso da parte della banca sui sintomi dello stato di difficoltà economica e finanziaria in cui versa il cliente, e non un mero automatismo.
Per quanto attiene il richiesto risarcimento dei danni non patrimoniali, sub specie di lesione alla reputazione individuale del soggetto segnalato, gli Ermellini ricordano come
il danno all’immagine ed alla reputazione per illegittima segnalazione alla Centrale Rischi costituisce pur sempre danno conseguenza, alla luce della più ampia ricostruzione operata dalle fondamentali pronunce delle Sezioni Unite dell’11/11/2018 n. 26972-26975, e pertanto non può ritenersi sussistente in re ipsa, dovendo essere allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento.