Clientela inadempiente, nuova normativa – indice
- Cos’è la nuova normativa
- Cosa cambia
- L’estinzione del saldo negativo
- Cosa si rischia
- Le immediate conseguenze
- L’educazione finanziaria
Dal 1 gennaio 2021 sono entrate in vigore nuove regole europee sulla classificazione della clientela inadempiente.
Una novità che è stata mediaticamente accolta con particolare clamore, come se dallo scorso 1 gennaio ogni cliente bancario potesse da un momento all’altro ricevere segnalazioni negative in grado di turbare la propria quotidianità, anche a fronte di piccoli sconfinamenti.
Ma è davvero così?
Come è cambiato il contesto normativo?
E come cambiano i rapporti tra le banche, i clienti e le Centrali Rischi?
Considerato anche l’elevato numero di richieste che sono giunte in studio, abbiamo cercato di fare il punto su questo argomento.
Di seguito troverai pertanto delle informazioni chiare ed esaustive su quale sia il nuovo quadro di regole europee, e come evitare ogni tipo di pregiudizio.
Cos’è la nuova classificazione della clientela inadempiente
Come abbiamo in parte già rammentato qualche riga fa, le novità anche in questo caso sono arrivate attraverso una innovazione nelle regole europee in materia di classificazione della clientela inadempiente, ispirate dalla necessità di applicare nel territorio comunitario dei requisiti di maggiore trasparenza sui rapporti bancari, pur suscitando non poche perplessità tra banche e clienti.
In ogni caso – occorre premetterlo fin da questa sede – non ci sono vere e proprie rivoluzioni.
Di fatti, la normativa sulla classificazione della clientela aveva impattato sul sistema bancario già dal 2019, per quanto oggi lo faccia in misura più dettagliata e specifica. Vediamo come.
Per quanto concerne le novità per le persone fisiche, i cambiamenti di cui occorre tenere conto sono principalmente due:
- la sospensione dei pagamenti e degli ordini da parte dell’istituto di credito, se il saldo del conto corrente del proprio cliente è negativo;
- la segnalazione delle posizioni in Centrale Rischi se il saldo è negativo da più di 90 giorni.
È evidente che con tale disposizione venga a cadere l’aleatorietà che era sorta nella previgente normativa. Quando, per intenderci, la classificazione in default era stimata per mancati pagamenti per oltre 90 giorni, ma di soli “importi rilevanti”.
Ora, invece, si è verificato un salto di qualità normativa in termini di maggiore specificità e precisione. Le nuove regole determinano infatti l’importo puntuale oltre il quale l’arretrato deve essere considerato rilevante a tal fine, con soglie che sono espresse sia in termini di valore assoluto (100 euro), che in termini di valore relativo (1%), rapportato all’esposizione.
Cosa cambia per la clientela bancaria
Ma le variazioni di cui sopra saranno o meno in grado di apportare significativi cambiamenti per la clientela bancaria?
In realtà, probabilmente, no.
Sebbene sia veritiero che i valori di “sconfinamento” sono molto bassi, e dunque siano in grado di essere realizzabili con teorica frequenza da parte della clientela bancaria, in realtà è molto difficile che le controparti “sane” finiscano con il terminare in questa recinto in maniera casuale, senza essere avvisati preventivamente dal proprio istituto di credito, e senza che sia realmente possibile risolvere il saldo negativo con un versamento immediato.
Lo stesso si può peraltro affermare per quanto concerne i termini previsti dal legislatore. I 90 giorni necessari per poter far scattare le conseguenze sopra esposte sono abbastanza anomali per la clientela bancaria che non verte in condizioni di difficoltà.
Tuttavia, ciò non deve naturalmente indurci a sottovalutare tale novità, né ad accantonare la necessità che gli istituti di credito sensibilizzino adeguatamente la clientela su ciò che sta accadendo.
Le innovazioni introdotte ora dalla disciplina modificano infatti anche i modi con cui è possibile coprire il saldo negativo, e non solo.
Cerchiamo allora di riepilogare alcuni dei cambiamenti nell’approccio gestionale con il saldo del proprio conto corrente, ispirando qualche opportuna consapevolezza in più.
Come estinguere il saldo negativo
La prima cosa che bisogna sottolineare nel momento in cui si cerca di trovare una rapida soluzione al rischio di vedere il proprio nominativo segnalato nelle Centrali Rischi, è che non si può più coprire il saldo negativo (e tornare dunque in una situazione di regolarità gestionale del proprio conto corrente) attraverso l’utilizzo di altre fonti di credito.
Dunque, il cliente retail bancario che ha uno sconfinamento sul conto, dovrà provvedere con risorse proprie al suo azzeramento. Se entro 90 giorni non dovesse riuscire a ricondurre il saldo del conto corrente in positivo, e sussistono altresì gli altri requisiti previsti dalla normativa, verrà classificato in default.
Evidentemente, la cura del correntista sul proprio rapporto bancario dovrebbe essere sufficientemente elevata da evitare qualsiasi tipo di sconfinamento.
In altri termini, anche nelle more di qualche positivo intervento gestionale da parte della banca e delle relative comunicazioni al cliente, è bene prestare un po’ di attenzione in più nel condurre il proprio conto entro i consueti canoni di utilizzo.
Come abbiamo già avuto modo di rammentare qualche riga fa, è comunque raro che il correntista possa sconfinare per così tanto tempo senza che la banca intervenga.
È insomma probabile che le attenzioni dell’istituto di credito – forte anche di sistemi di controllo dei conti sconfinati sempre più puntuali – possano accendere i riflettori sul cliente a rischio default. Ed è dunque lecito pensare che il consulente bancario possa contattare prontamente il cliente ben prima dell’avvicinarsi dei 90 giorni di sconfinamento.
Cosa si rischia in caso di classificazione come clientela inadempiente
Se il cliente non dovesse intervenire a ripristinare la regolarità del saldo del conto corrente, la banca potrebbe classificarlo in default. E, di conseguenza, avviare delle azioni a tutela dei propri crediti.
Il rischio che il cliente corre in questo senso, dunque, è che anche per un piccolo sconfinamento sul proprio conto corrente possa determinare il passaggio a default di tutte le proprie esposizioni nei confronti della banca, con ciò che ne consegue. Una segnalazione negativa potrebbe infatti esporre il cliente della banca dinanzi a ostacoli per l’ottenimento di nuovi finanziamenti.
Certo, è pur vero che all’interno delle segnalazioni negative vi siano diversi livelli di gravità. E che pertanto il cliente che è stato negativamente segnalato per uno sconfinamento di poche centinaia di euro sul conto corrente non può esser valutato con lo stesso metro di giudizio di chi, magari, è moroso per molti milioni di euro.
Tuttavia, in ogni caso, il cliente farebbe meglio a evitare di incappare in simili automatismi senza governarli.
Quali sono le immediate conseguenze per la clientela inadempiente
Al di là delle negative segnalazioni in centrale rischi, vi sono poi alcune immediate conseguenze che potrebbero turbare la routine quotidiana di godimento di alcuni dei principali servizi privati.
In primo luogo, gli addebiti automatici non saranno più consentiti se non vi saranno sufficienti disponibilità sul conto corrente. Inoltre, le famiglie che vedono un blocco sostanziale del proprio conto, poiché privo di provvista, potrebbero altresì subire un’interruzione nei pagamenti di rate di mutui e prestiti, contributi, e così via.
Dopo 90 giorni di persistenza dello sconfinamento, la banca dovrà segnalare il cliente in centrale rischi e classificare l’intera propria esposizione come deteriorata.
L’educazione finanziaria del cliente
È proprio per i motivi di cui sopra che riteniamo essere fondamentale una migliore conoscenza della nuova normativa da parte del cliente. Un cliente che non possa fare mero affidamento sulle comunicazioni della sua banca, considerato anche che il settore bancario non sembra affrontare in modo omogeneo questo tema.
Le prime evidenze ci dimostrano che alcuni istituti di credito sembrano essere più orientati a comportarsi “come prima”. Ovvero, applicare queste innovazioni in maniera molto morbida, evitando cioè che i clienti – soprattutto quelli meglio conosciuti, e di cui si ha una percezione del rischio molto più contenuta – possano subire pregiudizi a causa di questi cambiamenti.
In realtà, questo approccio non dovrebbe essere duraturo. Tutti gli istituti di credito finiranno infatti con il conformarsi in maniera più lineare con le nuove normative, introducendo degli automatismi a tutela delle proprie ragioni.
Proprio per questo motivo sarebbe opportuno che gli istituti di credito condividano queste innovazioni con la propria clientela, ispirando in quest’ultima una maggiore sensibilità sulla corretta gestione del rapporto bancario.
Il ritorno in bonis
Si tenga infine conto che, comunque, la classificazione in stato deteriorato della posizione del cliente “sconfinante” non è a tempo indeterminato.
Stando alla nuova regolamentazione, infatti, devono trascorrere tre mesi dal momento in cui non sussistono più le condizioni di origine del default. In questo periodo di tempo all’istituto di credito sarà evidentemente richiesto di valutare la situazione finanziaria del cliente. E, trascorso il periodo, riclassificare il debitore “in bonis”.
Attenzione, però. A conferma del fatto che vi sia necessità di una maggiore consapevolezza del cliente sui rischi che si corrono nel sottovalutare questo scenario, la riconduzione in bonis del correntista non comporta la cancellazione dei dati dalla centrale rischi.
Insomma, una novità che rischia di rendere meno flessibili i rapporti tra banche e clienti. Al netto – probabilmente – di una prima attuale fase di implementazione, in cui probabilmente sarà concessa maggiore versatilità.