L’anatocismo – indice:
- Onere della prova
- Carenza di specificità
- Violazione principio onere della prova
- Deposito documenti in appello
- Produzione estratti conto integrali
Con sentenza n. 3337/2019 la Cassazione civile ha ribadito il principio secondo cui in presenza di anatocismo è l’istituto di credito a dover produrre in giudizio gli estratti conto integrale. Solamente in questo modo, infatti, è possibile cercare di giungere a un saldo finale partendo da quello “zero” iniziale, consentendo così un puntuale calcolo delle rimesse e delle compensazioni.
Onere della prova
Con la pronuncia succitata, gli Ermellini si esprimono su quanto il ricorrente sostiene sia una violazione e una falsa applicazione del principio dell’onere della prova, di cui all’art. 2697 c.c., rilevante ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver la sentenza d’appello accertato il saldo negativo del conto oggetto del giudizio sulla base di criteri presuntivi.
Di contro, la banca non avrebbe assolto il proprio onere di ridepositare in grado di appello tutti gli estratti conto dall’inizio del rapporto, già prodotti in primo grado. Per cui, secondo il ricorrente, il giudice avrebbe errato nell’usare il criterio del saldo zero, e nel disapplicare il principio secondo cui la parte è onerata a ridepositare in appello i documenti in precedenza prodotti, pena la soccombenza.
Carenza di specificità
Nelle sue ragioni della decisione, la Suprema Corte respinge il ricorso del correntista, su più punti.
In primo luogo, il ricorso presenta un difetto di specificità, investendo l’accertamento compiuto dal giudice distrettuale sulla base della consulenza tecnica d’ufficio, che ha evidenziato il saldo, a credito della banca, una volta espunte del tutto le voci relative alla commissione di massimo scoperto e agli interessi anatocistici.
Per i giudici della Suprema Corte, la carenza di specificità deriva dal fatto che i ricorrenti non indicano la localizzazione dell’elaborato peritale, non ne trascrivono alcuno stralcio, non chiariscono quale sia il saldo del primo degli estratti conto prodotti, non spiegano quali estratti conto la banca avrebbe omesso di produrre, né quelli che il consulente avrebbe acquisito. Non precisano inoltre in quali atti si sarebbero opposti alla nuova consulenza tecnica d’ufficio, né trascrivono il contenuto degli atti processuali in cui tale opposizione sarebbe eventualmente stata formulata.
Violazione principio onere della prova
In secondo luogo, gli Ermellini sottolineano come nel denunciare la violazione del principio dell’onere della prova, il motivo non concerne l’individuazione del soggetto gravato dell’onere probatorio, ma si limita ad affermare l’assunto secondo cui la banca, non avendo depositato l’intera documentazione contabile concernente il rapporto, non avrebbe fornito prova del proprio credito.
I giudici ricordano in tal proposito che costituisce un principio costante il fatto che la violazione dell’art. 2697 c.c. ricorre solamente quando il giudice attribuisce l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulti gravata per motivi di legge.
Nel caso in esame, i giudici evidenziano invece come la censura non rivesta l’individuazione del soggetto tenuto a provare la sussistenza del credito fatto valere dalla banca: soggetto che – si legge nella motivazione – resta il creditore, come invero la corte territoriale ha correttamente affermato.
Deposito documenti in appello
Ancora, la parte ricorrente richiama il principio secondo cui è onere della parte ridepositare in appello i documenti prodotti in primo grado, pena la mancata prova dell’assunto. Nel caso di specie però la banca aveva assolto il proprio onere della prova depositando in giudizio gli estratti conto sull’intera durata del rapporto, ed essi erano stati già considerati dal consulente di primo grado per la sua relazione.
Tali estratti non erano più stati rinvenuti in grado di appello, e dunque la corte territoriale ha autorizzato il consulente, ai fini del ricalcolo del credito, ad ottenerne nuova copia dalla banca. Per i giudici di Cassazione dunque non si discorre di mancato assolvimento a quell’onere, dal ricorrente richiamato.
Produzione degli estratti conto integrali
Infine, la sentenza impugnata fornisce atto che, in questo modo, è il correntista a beneficiare dell’azzeramento del proprio debito nel periodo anteriore, risultando pertanto contraria a buona fede la stessa pretesa di andarne interamente assolto.
In verità, concludono gli Ermellini, la corte territoriale non ha negato il principio secondo cui in caso di necessità di ricalcolo del saldo di conto corrente a causa della nullità delle clausole relative agli interessi, sia necessario che la banca produca gli estratti conto integrali, ovvero a partire dal saldo zero iniziale, condizione per effettuare il preciso conteggio del saldo finale, proprio al fine di disporre di un punto di partenza certo da cui iniziare il calcolo delle rimesse e delle compensazioni. Ha tuttavia accertato che, in fatto e in favore del correntista, a una certa data potesse collocarsi un saldo zero, mediante valutazione di fatto che non è stata in alcun modo smentita dagli odierni ricorrenti.