Mutuo in valuta estera – una guida rapida
Il mutuo in valuta estera, come facilmente intuibile, è un finanziamento denominato in una valuta diversa dall’euro.
L’obiettivo di contrarre un mutuo in valuta estera è quello di approfittare di tassi di interesse più convenienti rispetto all’euro. Di fatti, non aderendo all’area euro e, dunque, non essendo legati agli effetti della politica monetaria della BCE, alcuni istituti di credito situati al di fuori di questa zona della valuta unica potrebbero offrire ai propri clienti delle condizioni migliorative rispetto a quelle presenti nel territorio italiano.
Ciò premesso, è possibile trovare dei mutui in valuta estera anche nelle banche italiane, che in più occasioni hanno arricchito il proprio catalogo di finanziamenti con prodotti di credito denominati in valute differenti dalla propria.
Come vedremo, però, non sempre contrarre mutui in valuta estera è conveniente. Se infatti vi è l’opportunità di beneficiare di tassi più convenienti rispetto a quelli che sono proposti dai finanziamenti in euro, è anche vero che tali mutui sono costantemente soggetti a sfavorevoli oscillazioni dei tassi di cambio.
Di fatti, i mutui in valuta estera devono essere rimborsati nella stessa valuta in cui sono denominati e, pertanto, richiederanno periodiche operazioni di conversione. In tal senso, il debitore sarà soggetto al rischio di cambio. Ovvero, al rischio che l’evoluzione dei cambi valutari tra l’euro e la valuta di denominazione del mutuo vada a penalizzare la moneta unica europea, richiedendo così un pagamento maggiore di quello preventivato.
Cosa sono i mutui in valuta estera
Premesso quanto precede, possiamo cercare di fare un passo in avanti nella nostra migliore conoscenza dei mutui in valuta estera e introdurre quali sono le definizioni che il legislatore ha fornito per questa particolare forma di finanziamento.
In particolare, a disciplinare in mutui in valuta estera ci ha pensato il d.lgs. 21 aprile 2016, n. 72, che ha introdotto nel nostro Testo Unico Bancario l’art. 120-quaterdecies, rubricato Finanziamenti denominati in valuta estera.
Art. 120-quaterdecies TUB
1.Se il credito è denominato in una valuta estera (valuta diversa da quella in cui, al momento della conclusione del contratto, il consumatore percepisce il proprio reddito o detiene le attività con le quali dovrà rimborsare il finanziamento ovvero una valuta diversa da quella avente corso legale nello Stato membro dell’Unione europea in cui il consumatore ha la residenza al momento della conclusione del contratto) il consumatore ha il diritto di convertire in qualsiasi momento la valuta in cui è denominato il contratto in una delle seguenti valute:
– la valuta in cui è denominata la parte principale del suo reddito o in cui egli detiene le attività con le quali dovrà rimborsare il finanziamento, come indicato al momento della più recente valutazione del merito creditizio condotta in relazione al contratto di credito;
– la valuta avente corso legale nello Stato membro dell’Unione europea in cui il consumatore aveva la residenza al momento della conclusione del contratto o ha la residenza al momento della richiesta di conversione.
Gli altri commi
2.Il CICR, su proposta della Banca d’Italia, può stabilire condizioni per il diritto alla conversione, con particolare riguardo a:
– la variazione minima del tasso di cambio che deve aver avuto luogo rispetto al momento della conclusione del contratto, comunque non superiore rispetto a quella indicata al comma 4;
– il compenso onnicomprensivo che il consumatore può essere tenuto a corrispondere al finanziatore in base al contratto.
3.Salvo che non sia diversamente previsto nel contratto, il tasso di cambio al quale avviene la conversione è pari al tasso rilevato dalla Banca Centrale Europea nel giorno in cui è stata presentata la domanda di conversione.
4.Se il valore dell’importo totale del credito o delle rate residue varia di oltre il 20 per cento rispetto a quello che risulterebbe applicando il tasso di cambio tra la valuta in cui è denominato il finanziamento e l’euro al momento in cui è stato concluso il contratto di credito, il cliente, informato dalla banca, ha il diritto di chiedere di convertire il finanziamento nella sua valuta. In questa maniera, egli smetterà di correre il rischio di cambio.
Chiarito ciò, cerchiamo di condividere più nel dettaglio che cosa prevede la normativa, per poi occuparci di valutare la presunta convenienza.
Conversione della valuta del mutuo
La prima cosa che appare evidente nell’analisi del tenore letterale della norma di cui sopra, è che il consumatore che è titolare di un mutuo in valuta estera ha il diritto di convertire la valuta di denominazione del finanziamento in due valute:
- quella delle entrate o del patrimonio che servirà per rimborsare il finanziamento,
- quella che ha corso legale nello Stato membro dell’Unione europea in cui il consumatore ha la residenza.
Per quanto concerne il tasso di cambio al quale avverrà la conversione, la legge stabilisce che questo debba essere pari al tasso rilevato dalla Banca Centrale Europea nel giorno in cui è stata presentata la domanda di conversione.
A chi conviene un mutuo in valuta estera
Con le caratteristiche di cui sopra, ci si potrebbe ben domandare chi possa trarre convenienza a stipulare un mutuo in valuta estera.
Ebbene, riassunte le principali specificità, è lecito immaginare che ad avere convenienza sia principalmente colui che ha delle entrate nella valuta corrente con quella dello stesso mutuo. In tal senso, il ricorso a un mutuo in valuta estera andrà ad eliminare il rischio di cambio, visto e considerato che i flussi reddituali del lavoratore mutuatario saranno denominati nella stessa valuta dei pagamenti.
Un secondo motivo di vantaggio legato alla stipula di un mutuo in valuta estera potrebbe invece essere costituito dal beneficio in termini di tasso. Alcune valute sono infatti riconducibili a sistemi bancari il cui costo del denaro potrebbe essere nettamente inferiore al proprio. E, dunque, potrebbero essere in grado di attribuire tassi debitori a sconto rispetto al tasso in euro.
Per tutti gli altri potenziali mutuatari, il finanziamento ha una convenienza più dubbia. E, soprattutto, dei rischi che non si dovrebbero sottovalutare.
Di fatti, spesso le oscillazioni dei parametri di riferimento di questi mutui sono piuttosto improvvise ed elevate. E proprio per questo motivo si tende ad attribuire tale mutuo a persone con redditi generalmente sostenuti, che possono sopportare senza tensioni l’incremento del valore delle rate.
Certo è che, proprio in virtù di questo ambito, i mutui in valuta estera potrebbero anche essere utili a coloro che sono tipicamente speculatori. Sono infatti strumenti che potrebbero essere sfruttati a beneficio di coloro che fanno trading valutario, e che potrebbero dunque avvantaggiarsi di movimenti favorevoli nel tasso di cambio.
Di seguito, abbiamo riassunto alcune delle principali pronunce giurisprudenziali in materia.
Sentenza Corte di Giustizia europea per i mutui in valuta estera
Una delle pronunce più note in questa materia è quella dello scorso 26 giugno 2019. La sentenza per causa c-407/18 da parte della Corte di Giustizia europea è infatti intervenuta per dare maggiore tutele ai consumatori nelle ipotesi di mutui espressi in valuta estera, con rimborso in euro. Di fatti, la Corte ha affermato che nel caso in cui il contratto di mutuo contenga una clausola di esecuzione forzata, nelle ipotesi di mancato rimborso correlato al mutuo in valuta estera, tale clausola poiché non limita il rischio di cambio per il consumatore/cliente.
La vicenda si è occupata di una coppia slovena che aveva stipulato un contratto di mutuo ipotecario, con atto notarile, per acquistare una casa. Il mutuo era stato emesso in franchi svizzeri, mentre il rimborso doveva avvenire mensilmente, in euro. La coppia non aveva pagato le rate e, dunque, la banca si era rivolta al giudice per l’esecuzione forzata.
In primo grado i giudici avevano dato ragione all’istituto di credito, dando così il via all’esecuzione forzata. In secondo grado i giudici si sono invece rivolti alla Corte di Giustizia UE per avere un parere vincolante sull’abusività o meno della clausola.
Il giudizio
Ebbene, i giudici di Strasburgo hanno chiarito che l’esecuzione forzata è in contrasto con la direttiva 93/13 a tutela dei consumatori,
“alla luce del principio di effettività, nel senso che essa osta a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nel procedimento principale, in forza della quale il giudice nazionale investito di una domanda di esecuzione forzata di un contratto di mutuo ipotecario, stipulato tra un professionista e un consumatore sotto forma di atto notarile direttamente esecutivo, non dispone della possibilità di verificare, su istanza del consumatore o d’ufficio, se le clausole contenute in un simile atto abbiano carattere abusivo ai sensi di tale direttiva e, su tale base, di sospendere l’esecuzione forzata richiesta”.
In altri termini, il credito in valuta estera con rimborso in euro è da considerarsi clausola abusiva, determinando un rischio di cambio per il consumatore. Il giudice è dunque chiamato ad accertare la caratteristica di abusività di tale clausola. E, infine, invitato a sospendere l’esecuzione forzata del bene, quale conseguenza della stessa clausola.