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Home » Commerciale » Bancario » Criptovalute, la banca può bloccare il trading – guida rapida

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Criptovalute, la banca può bloccare il trading – guida rapida

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Criptovalute, la banca può bloccare il trading – guida rapida
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Avv. Beatrice Bellato

Criptovalute, la banca può bloccare il trading – guida rapida

  • I fatti
  • La tesi dell’intermediario
  • L’opinione del Collegio

Con Decisione n. 6066 del 16 novembre 2022 l’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) si è espresso su una controversia che concerne la contestata violazione da parte dell’intermediario degli obblighi di correttezza, buona fede e trasparenza nella prestazione del servizio di ricezione ed esecuzione di ordini per conto del cliente nell’ambito di un’operatività effettuata mediante la piattaforma di trading online dello stesso intermediario, e avente ad oggetto un ETC su criptovalute (Bitcoin).

I fatti

Per comprendere come si sia giunti alle conclusioni che commenteremo nella seconda parte di questo approfondimento, cerchiamo innanzitutto di riepilogare i fatti.

Il ricorrente dichiara infatti che in data 6 gennaio 2021 si è trovato impossibilitato a operare su un ETC su criptovalute. Aveva in precedenza (tra il 1 dicembre 2020 e il 4 gennaio 2021) realizzato sullo stesso strumento un’operatività in acquisto e vendita sulla stessa piattaforma, con cui aveva ottenuto una plusvalenza di 1.500 euro.

Il ricorrente evidenzia come la piattaforma, senza comunicazioni preventive da parte della banca, gli ha impedito di vendere il prodotto in guadagno, o di acquistarlo per diverse volte, fino a quando un ordine di vendita è stato accettato per un piccolo importo. Nuovamente, l’operatività è stata impedita.

Ancora, il ricorrente sottolinea che non avendo più l’intermediario consentito l’operatività in ETC, si è visto costretto ad aprire un nuovo rapporto presso un intermediario terzo che, a trasferimento avvenuto, gli ha consentito di proseguire l’operatività desiderata.

Quindi, il ricorrente contesta che l’intermediario gli ha impedito l’operatività senza preavviso. Contesta anche l’inattendibilità delle motivazioni addotte dall’intermediario a giustificazione della propria scelta di inibire l’operatività in ETC, domandando così che l’intermediario sia tenuto al pagamento di un importo pari a 1.000 euro in suo favore. A tanto ammonterebbe la stima dei danni derivanti dal mancato guadagno derivato dall’operatività sul prodotto finanziario indicato.

La tesi dell’intermediario

L’intermediario si è costituito presentando controdeduzioni nell’ambito delle quali eccepisce come nessuna responsabilità possa essergli imputata.

L’intermediario avrebbe infatti inibito l’operatività in ETC in conseguenza del fatto che la Financial Conduct Autorhity in data 6 gennaio 2021

ha fissato regole che vietano l’acquisto, il marketing e la distribuzione a tutti i consumatori al dettaglio di strumenti finanziari che fanno riferimento a criptovalute negoziate da aziende che agiscono in o dal Regno Unito.

La banca ha poi aggiunto che anche i broker utilizzati dalla banca per la negoziazione di questi strumenti hanno deciso di applicare analoghe limitazioni, nello specifico per l’acquisto di detti prodotti, fatta salva la possibilità di inviare ordini di vendita. Aggiunge ancora che le preposte strutture (…) hanno pubblicato sulla piattaforma di trading l’avviso con il quale veniva informata la propria clientela che a seguito delle restrizioni emanate da autorità estera in merito al trading di strumenti finanziari riferiti a criptovalute, per la clientela retail, meritevole di maggiore tutela secondo le disposizioni vigenti, non sarebbe stata disponibilità la negoziazione di tali strumenti, garantendo invece la negoziazione telefonica per la clientela professionale.

In ulteriore integrazione alle proprie controdeduzioni, l’intermediario fa notare come nelle clausole contrattuali sottoscritte dal ricorrente è esclusa la responsabilità della banca per gli eventuali disservizi e/o pregiudizi che derivino al cliente da:

  • sospensione o cattivo funzionamento del servizio telefonico, postale o di erogazione dell’energia elettrica
  • serrate o scioperi, anche del personale della banca, ovunque verificatesi
  • impedimenti o ostacoli determinati da disposizioni di legge o da atti di autorità nazionali o estere
  • provvedimenti o atti di natura giudiziaria o fatti di terzi.

Infine, l’intermediario resistente afferma che il ricorrente non ha provato l’inadempimento o il danno patrimoniale subito. Dunque, tenuto conto che non possono essere oggetto di risarcimento i mancati guadagni meramente ipotetici, non potendosi dunque rinvenire alcun nesso causale tra il contestato inadempimento e l’asserito danno.

L’opinione del Collegio

Esaminata la documentazione, il Collegio ha concluso osservando come la decisione dell’intermediario di inibire l’operatività in discorso, per quanto fondata sull’atto assunto dall’autorità di vigilanza inglese, sia nei fatti stata la risultante di una libera scelta dello stesso intermediario. Il quale ha ritenuto prudente inibire la facoltà per i propri clienti retail di operare sugli ETC in discorso.

Il Collegio aggiunge poi che tale decisione non può avere come effetto quello di imputare all’intermediare la violazione degli obblighi di condotta. E ciò, conclude, per il sol fatto che non può ravvisarsi nella normativa di settore alcun obbligo siffatto.

Tuttavia, nel contempo non può dirsi che l’informativa resa nella circostanza si estenda a profili di censura. Si considera in merito l’assenza di una comunicazione personalizzata al cliente, come detentore degli strumenti in discorso, che lo rendesse preventivamente edotto della decisione contestata.

Al netto di tutto, il Collegio non può orientare la propria scelta nel senso auspicato dal cliente dell’istituto di credito, in quanto non può ritenersi sussistente il necessario nesso causale.

Si osserva in questo proposito, in primo luogo, che la mancata vendita non può dirsi essere stata effetto del blocco dell’operatività come conseguenza delle restrizioni emanate dall’autorità britannica. Il blocco era riferibile solamente a operazioni di acquisto e non anche di vendita.

Stante il trend rialzista dell’ETC in questione nel corso del mese di gennaio, conclude il Collegio, non è configurabile nemmeno una fattispecie di lucro cessante. Si deve ritenere da ultimo, che il risultato non può che essere rilevato esclusivamente ex post.

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