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Home » Civile » Infortuni » Consenso informato, la mancata acquisizione costituisce danno autonomo

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Consenso informato, la mancata acquisizione costituisce danno autonomo

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Consenso informato, la mancata acquisizione costituisce danno autonomo
consenso-informato
Avv. Beatrice Bellato

Il consenso informato – indice

  • L’obbligo del consenso informato
  • La separata prestazione
  • I due diritti
  • La vicenda

Stando a quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 16892/2019, la mancata acquisizione del consenso informato costituisce responsabilità separata rispetto all’errore nell’intervento medico. Pertanto, le due fattispecie merito di essere considerate separatamente.

Cerchiamo di comprendere quali sono state le valutazioni compiute dai giudici della Suprema Corte.

L’obbligo del consenso informato

Nelle motivazioni della decisione, la Corte ricorda innanzitutto come l’obbligo del consenso informato costituisca legittimazione e fondamentale del trattamento sanitario. Pertanto, senza l’acquisizione del consenso l’intervento medico è illecito, anche quando è nell’interesse del paziente.

L’unica eccezione è in tal senso rappresentato dai casi di trattamento sanitario obbligatorio per legge, o in cui ricorra stato di necessità.

Per supportare tale valutazione, gli Ermellini richiamano il principale riferimento costituzionale, con la Carta che, all’art. 32, comma 2, ribadisce che nessuno può essere sottoposto a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. L’art. 13 della stessa Carta garantisce invece l’inviolabilità della libertà personale, anche con riferimento alla libertà di salvaguardia della propria salute e dell’integrità fisica.

Tra gli altri richiami di legge, anche quello all’art. 33 l. n. 833/1978, ad esclusione di ogni accertamento e trattamento sanitario contro la volontà del paziente.

A cosa serve

Come più volte rammentato da consolidato orientamento giurisprudenziale, l’obbligo del consenso informato attiene all’informazione sulle prevedibili conseguenze del trattamento cui il paziente sarà sottoposto.

Con maggiore specificità, l’obbligo deve riguardare soprattutto il rischio che, in conseguenza del trattamento, il paziente possa subire un deterioramento delle condizioni di salute. Dunque, attraverso il consenso informato, il paziente dovrà consapevolmente consentire al trattamento sanitario prospettatogli.

In definitiva, il medico ha il dovere di informare il paziente della natura dell’evento, dei possibili e dei probabili risultati, e delle implicazioni verificabili.

La separata prestazione

È sempre orientamento giurisprudenziale oramai consolidato a rammentare che l’acquisizione da parte del medico del consenso informato costituisce prestazione diversa da quella dell’intervento medico richiesto.

In altre parole, il consenso informato è prestazione separata, con autonoma rilevanza. E, come tale, ai fini del possibile risarcimento dei danni, costituisce un’ipotesi del tutto diversa da quella di eventuali errori nel trattamento medico.

I due diritti di consenso informato

I giudici della Suprema Corte chiariscono di fatti che si tratta di due diritti distinti.

Il consenso informato, in particolar modo, attiene al diritto fondamentale della persona all’espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico. E, dunque, costituisce richiamo all’autodeterminazione del paziente.

Come abbiamo già rammentato, infatti, nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge.

Di contro, il trattamento medico ha riguardo alla tutela del diritto fondamentale alla salute.

Dunque, la mancata acquisizione del consenso informato del paziente da parte del personale sanitario, costituisce prestazione diversa rispetto a quella che ha ad oggetto l’intervento medico.

Sulla base di ciò, in ragione della diversità dei diritti, vi è un ulteriore e autonomo risarcimento rispetto a quello dovuto per l’errata esecuzione dell’intervento.

La vicenda

Nel caso di specie, i ricorrenti avevano lamentato che il giudice di merito avesse trattato solamente il danno da nascita indesiderata del figlio, en on i danni da invalidità temporanea totale e parziale, e da invalidità permanente, nel loro aspetto biologico, patrimoniale ed extra patrimoniale, quale conseguenza dell’omessa diagnosi in utero della malformazione del feto.

I ricorrenti avevano anche domandato i danni psichici e da diminuita vita di relazione.

Considerato che, sulla base delle motivazioni che sopra abbiamo avuto modo di riassumere, i giudici della Suprema Corte hanno accolto le lamentele dei ricorrenti, la sentenza viene cassata per una nuova valutazione del risarcimento spettante agli stessi.

Vanno dunque trattati in maniera autonoma i due diritti elaborabili da quanto succitato:

  • da una parte il diritto all’autodeterminazione delle scelte terapeutiche, esprimibile con il consenso informato;
  • dall’altra parte il diritto all’integrità psicofisica, collegabile alla corretta esecuzione del trattamento medico.

Avv. Bellon – responsabilità professionale e malasanità

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