Illegittima segnalazione CRIF e credito al consumo – una guida rapida
- La segnalazione del nominativo in CRIF
- La posizione della banca
- La decisione in Cassazione
- L’art. 125 TUB
- Le segnalazioni alle SIC
In tema di segnalazioni alle Società di Informazioni Creditizie (SIC) per la raccolta dei dati sui finanziamenti erogati a soggetti censiti dalle banche aderenti, il profilo di illegittimità della stessa segnalazione in relazione all’onere di preventivo avviso al debitore per la prima volta classificato negativamente nel sistema, assume rilievo solo se si tratta di segnalazioni per operazioni di credito al consumo.
Così si è espressa la Cassazione Civile, Sez. I, nella recente sentenza n. 39769 del 13 dicembre 2021, ora in commento.
La segnalazione del nominativo in CRIF
Cominciamo con il ricostruire brevemente i fatti in causa.
Con sentenza del 21 giugno 2019 il tribunale di Napoli Nord dichiarava come illegittima la segnalazione del nominativo di un debitore in CRIF (Centrale Rischi Finanziari), operata dalla banca sul presupposto di una serie di inadempimenti delle obbligazioni che derivano da un contratto di mutuo.
Il tribunale ha così disposto la cancellazione della segnalazione, affermando che non era stato rispettato il requisito della forma scritta nel necessario preavviso. Il tribunale richiama l’art. 4 della delibera del Garante della privacy n. 8 del 2004, che reca il Codice deontologico di buona condotta dei sistemi di informazione creditizia, e di cui all’art. 125, terzo comma, del TUB, così come modificato dall’art. 1 del d.lgs. n. 141 del 2010. In riferimento a tale spunto, per il tribunale la banca non aveva prodotto documentazione idonea a dimostrare la ricezione dei preventivi avvertimenti inoltrati alla parte debitrice, come invece le incombeva, attesa la natura ricettizia di questi atti.
La posizione della banca per la segnalazione in CRIF
Dinanzi a tale pronuncia l’istituto di credito propone ricorso in Cassazione con quattro motivi. Nell’ordine:
- Violazione o falsa applicazione dell’art. 113 cod. proc. Civ. per avere il tribunale applicato un atto solo amministrativo, quale la delibera del Garante della privacy sopra citata, senza che la parte attrice avesse invocato tale documento e senza che l’atto fosse prodotto in giudizio. Per la banca, questo atto non può essere annoverato tra le fonti di diritto.
- Violazione o falsa applicazione degli artt. 1334 e 1335 cod.civ., considerato che l’avvertimento di cui all’art. 4 della delibera del Garante non possiede natura ricettizia.
- Ancora, violazione o falsa applicazione dell’art. 4 della stessa delibera, poiché nessuna norma sanziona l’omissione del preavviso con una declaratoria di illegittimità della segnalazione, tale da determinarne la cancellazione.
- Infine, violazione o falsa applicazione dell’art. 4 della delibera e dell’art. 1367 cod.civ., considerato che l’omesso avviso al debitore non può considerarsi come causa di invalidità della procedura di segnalazione, che risponde al fine di portare alla luce il merito di credito del segnalato da parte delle banche, con piena facoltà dell’interessato di agire a eventuale sua tutela. Cosicché, sostengono ancora i legali della banca, il giudice di merito avrebbe dovuto tenere per valida la segnalazione in applicazione dei principi di conservazione del contratto, ex art. 1367 cod.civ.). In alternativa, si legge ancora nei motivi, la ricorrente deduce l’omesso esame del fatto decisivo sulla non contestazione del debito da parte dell’attrice.
La decisione in Cassazione sulla segnalazione in CRIF
Il ricorso viene accolto.
In primo luogo, relativamente alla funzione del giudizio di legittimità, i giudici della Suprema Corte ricordano come il ruolo sia quello di garantire l’osservanza e l’uniforme interpretazione della legge. È dunque principio generale che la Corte di Cassazione, nel suo svolgimento del potere di qualificazione delle fattispecie in diritto, fermi i fatti accertati dal giudice di merito, possa ritenere fondata la questione per una ragione giuridica diversa da quella che è stata specificatamente indicata dalla parte.
Per gli Ermellini ciò può avvenire con il duplice limite:
- dell’intangibilità della questione di fatto
- del rispetto del principio dispositivo, ovvero del rispetto del monopolio della parte nell’esercizio della domanda.
Ciò premesso, la Corte ricorda come possa – nei limiti della questione giuridica ad essa prospettata – accogliere il ricorso anche per ragioni diverse da quelle spese, a patto che l’attività nomofilattica non abbia a presupporre un cambiamento della domanda come definita nella causa petendi in giudizio.
Ora, la domanda riguardava nel concreto la cancellazione della segnalazione inoltrata dalla banca alla CRIF in rapporto alla incontroversa morosità della segnalata alle rate di un mutuo contratto ex art. 125 terzo comma del TUB, come modificato dall’art. 1 primo comma del d.lgs. n. 141 del 2010.
Ricostruendo quanto avvenuto in sede di giudizio di merito, la Corte ricorda poi come il tribunale di Napoli avesse ritenuto applicabile l’art. 4 della delibera del Garante della privacy n. 8 del 2004 (il Codice di deontologia) reputando come essenziale la mancata prova della ricezione del preavviso previsto dal settimo comma della norma citata e dall’art. 125 terzo comma del TUB.
Art. 125 TUB – Banche dati
- I gestori delle banche dati contenenti informazioni nominative sul credito consentono l’accesso dei finanziatori degli Stati membri dell’Unione europea alle proprie banche dati a condizioni non discriminatorie rispetto a quelle previste per gli altri finanziatori abilitati nel territorio della Repubblica. Il CICR, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, individua le condizioni di accesso, al fine di garantire il rispetto del principio di non discriminazione.
- Se il rifiuto della domanda di credito si basa sulle informazioni presenti in una banca dati, il finanziatore informa il consumatore immediatamente e gratuitamente del risultato della consultazione e degli estremi della banca dati.
- I finanziatori informano preventivamente il consumatore la prima volta che segnalano a una banca dati le informazioni negative previste dalla relativa disciplina. L’informativa è resa unitamente all’invio di solleciti, altre comunicazioni, o in via autonoma.
- I finanziatori assicurano che le informazioni comunicate alle banche dati siano esatte e aggiornate. In caso di errore rettificano prontamente i dati errati.
- I finanziatori informano il consumatore sugli effetti che le informazioni negative registrate a suo nome in una banca dati possono avere sulla sua capacità di accedere al credito.
- Il presente articolo non pregiudica l’applicazione del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
Le segnalazioni alle SIC
Richiamato alla mente l’art. 125 TUB, la Corte chiarisce come in tema di segnalazione alle Società di informazioni creditizie per la raccolta facoltativa dei dati attinenti ai finanziamenti concessi ai soggetti censiti dagli intermediari aderenti, il profilo di legittimità della segnalazione in rapporto all’onere di preventivo avviso al debitore che, per la prima volta, venga a essere classificato negativamente, assume rilievo solo se si tratta di segnalazioni per operazioni di credito al consumo.
Ne consegue che, dalla mancanza della prova del perfezionamento dell’avviso presso il destinatario non può essere tratta la conseguenza della legittimità della segnalazione se questa riguarda finanziamenti non destinati nei termini detti, ovvero non destinati in modo specifico al consumo.
Dalla motivazione della sentenza emerge come in realtà non sia stato indagato il rapporto sottostante alla segnalazione. Non emerge, in particolar modo, che il rapporto sottostante che ha originato l’attività di segnalazione fosse caratterizzato nel senso di un’operazione di credito al consumo.
Di contro, ciò che emerge è che si era dinanzi a inadempimenti riferiti alle rate di mutuo, senza che si sia compreso per cosa fosse accordato.
In questo scenario definito dalla Corte come lacunoso, l’estensione dell’art. 125 TUB e della rilevanza effettuale della disciplina dell’onere di preventivo avviso dettata dal Codice di deontologia non risulta giustificata congruamente sul piano giuridico.
Per tali motivi la Corte cassa la sentenza impugnata e la rinvia al tribunale.