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Home » Commerciale » Bancario » Il contratto di factoring – una guida rapida

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Il contratto di factoring – una guida rapida

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Il contratto di factoring – una guida rapida
Contratto di factoring
Avv. Beatrice Bellato

Il contratto di factoring – indice:

  • Cos’è
  • La definizione
  • La cessione dei crediti
  • Come funziona
  • Le tipologie
  • L’opponibilità
  • Pro solvendo e pro soluto

Il factoring è un contratto finanziario che caratterizza l’attività tipica degli intermediari finanziari. Si inserisce nel più ampio complesso dei contratti che regolano le attività creditizie e che consentono di soddisfare i bisogni del cliente che necessita di liquidità. Si pensi ad esempio al contratto di mutuo o di apertura di credito bancario. Più affine al factoring in realtà è il contratto di sconto bancario in quanto entrambi si applicano mediante un negozio di cessione del credito. Il contratto di sconto bancario tuttavia è un contratto tipico e nominato dal codice civile. Il factoring invece è rimasto un contratto atipico e innominato: l’unica disciplina a cui ci si può riferire per una sua corretta applicazione è la legge 52/1991 recante disposizioni sulle cessioni verso corrispettivo dei crediti d’impresa.

Indice:

  • 1 Cos’è il factoring
  • 2 La definizione di factoring
  • 3 La cessione dei crediti
  • 4 Come funziona il factoring
  • 5 Le due tipologie di factoring
  • 6 La disciplina speciale dell’opponibilità ai terzi della cessione
  • 7 Factoring pro soluto e pro solvendo

Cos’è il factoring

Si può stipulare un contratto di factoring quando sussistono i requisiti previsti dall’articolo 1 della legge 52/1991. Tali requisiti sono di natura sia oggettiva che soggettiva, riguardano cioè sia l’oggetto del contratto che i soggetti stipulanti.

Per quanto riguarda i primi:

  • l’oggetto del contratto dev’essere la cessione di un credito pecuniario verso corrispettivo;
  • il credito ceduto deve avere origine dall’attività d’impresa svolta dal cedente.

I soggetti stipulanti infatti devono essere:

  • per quanto riguarda il cedente, un soggetto imprenditore;
  • il cessionario dev’essere “una banca o un intermediario finanziario disciplinato dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia emanato ai sensi dell’art. 25, comma 2, della legge 19 febbraio 1992, n. 142, il cui oggetto sociale preveda l’esercizio dell’attività di acquisto di crediti d’impresa”. 

Come già accennato, la disciplina normativa di riferimento non riguarda solo il factoring bensì tutti i contratti che hanno ad oggetto la cessione di crediti pecuniari verso corrispettivo e che soddisfano i requisiti suddetti.

La definizione di factoring

Sulla base di tali presupposti si può pertanto definire il factoring come il contratto con il quale un’imprenditore si obbliga a cedere uno o più crediti maturati nell’esercizio della propria attività d’impresa, o futuri, ad una banca o ad un intermediario finanziario che svolge attività di acquisto di crediti in cambio di:

  • lo svolgimento di alcuni servizi di gestione del credito da parte dell’intermediario finanziario o della banca. Tali soggetti prendono il nome di factor;
  • l’eventuale anticipo dell’importo del credito ceduto prima della sua scadenza in modo tale che l’imprenditore cedente possa godere di una liquidità immediata;
  • l’assunzione del rischio da parte del factor  dell’eventuale insolvenza di uno o più debitori dell’imprenditore.

La cessione dei crediti

Sulla cessione del credito, che è l’operazione fondante l’istituto in esame, bisogna operare qualche precisazione ed effettuare un particolare richiamo al codice civile. Si deve infatti porre l’attenzione sull’articolo 1260 del codice civile che stabilisce: “Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge”. La legge dunque ammette la possibilità di cedere un credito. Esclude però da tale possibilità la cessione dei crediti personalissimi.

Per quanto riguarda i crediti che possono essere ceduti si fa riferimento all’articolo 3 della legge 52/1991 il quale recita:

“1. I crediti possono essere ceduti anche prima che siano stipulati i contratti dai quali sorgeranno. 

2. I crediti esistenti o futuri possono essere ceduti anche in massa. 

3. La cessione in massa dei crediti futuri può avere ad oggetto solo crediti che sorgeranno da contratti da stipulare in un periodo di tempo non superiore a ventiquattro mesi. 

4. La cessione dei crediti in massa si considera con oggetto determinato, anche con riferimento a crediti futuri, se è indicato il debitore ceduto, salvo quanto prescritto nel comma 3″. 

Di norma nel factoring i crediti vengono ceduti in massa. Il contratto di factoring infatti si è affermato nella prassi come strumento di agevolazione dell’imprenditore nella gestione dei propri crediti derivanti dall’attività d’impresa. L’imprenditore che vanta una grossa entità di crediti nei confronti della clientela può dare così ad un’impresa specializzata (la società di factoring) la gestione di tali crediti. E non solo di quelli già vantati bensì anche di crediti che vanterà in futuro.

Come funziona il factoring

Riprendendo quanto disposto dall’articolo 1260 del codice civile l’imprenditore cede i propri crediti al debitore senza il consenso di quest’ultimo. Per il debitore ceduto infatti è indifferente chi rivesta la figura del proprio creditore. Il contratto pertanto si perfeziona con l’accordo tra cedente e cessionario. La sostituzione del creditore tuttavia dev’essere comunicata al debitore ceduto il quale altrimenti potrebbe eseguire il pagamento al vecchio creditore liberandosi legittimamente dell’obbligazione debitoria. Con la sostituzione infatti il nuovo creditore può esigere il pagamento del credito al debitore.

A differenza di altri contratti finanziari, disciplinati secondo le norme del codice civile, ai sensi dell’articolo 4 della legge 52/1991 il cedente garantisce la solvibilità del creditore. La norma infatti recita: “Il cedente garantisce, nei limiti del corrispettivo pattuito, la solvenza del debitore, salvo che il cessionario rinunci, in tutto o in parte, alla garanzia”. Nel codice civile invece ai sensi dell’articolo 1267 “Il cedente non risponde della solvenza del debitore, salvo che ne abbia assunto la garanzia”. Se dunque il debitore ceduto non paga, il factor può pretendere il pagamento di quanto eventualmente anticipato più gli interessi dal cedente.

Il factor può infine:

  • anticipare al cedente in tutto o in parte il credito ceduto, nei limiti di importo massimi stabiliti dal factor per l’anticipo. Tali importi sono stabiliti sia con riferimento ai crediti in massa sia con riferimento a ciascun debitore ceduto. Con il successivo incasso il factor può in tal caso trattenere quanto aveva anticipato. L’anticipo prevede naturalmente la maturazione di interessi sulla somma anticipata;
  • incassare il credito, senza aver prima provveduto ad alcun anticipo, e versarlo al cliente.

In ogni caso il factor trattiene una somma corrispondente agli oneri di gestione del credito.

Le due tipologie di factoring

Sulla base di quanto appena detto si possono individuare perciò due pratiche di factoring.

Il factoring propriamente finanziario in cui i crediti del cedente vengono trasferiti al cessionario il quale anticipa al cedente in tutto o in parte il credito ceduto prima della sua scadenza verso un corrispettivo.

Quello in cui il cessionario si occupa soltanto della riscossione del credito e della gestione dello stesso in cambio di una commissione a carico del cedente. Tale forma di factoring viene chiamata anche “maturity factoring“.

La disciplina speciale dell’opponibilità ai terzi della cessione

La legge 52/1991 ha introdotto una disciplina speciale sull’opponibilità ai terzi della cessione del credito. La cessione infatti, fatta salva la possibilità per il cedente di renderla opponibile ai terzi secondo le modalità previste dal codice civile, può essere opponibile secondo i requisiti previsti dall’articolo 5 della suddetta legge. In particolare:

“Qualora il cessionario abbia pagato in tutto o in parte il corrispettivo della cessione ed il pagamento abbia data certa, la
cessione é opponibile:
a) agli altri aventi causa del cedente, il cui titolo di acquisto non sia stato reso efficace verso i terzi anteriormente alla data del pagamento;
b) al creditore del cedente, che abbia pignorato il credito dopo la data del pagamento;
c) al fallimento del cedente dichiarato dopo la data del pagamento, salvo quanto disposto dall’articolo 7, comma 1″. 

In tal modo il factor può garantire la sua pretesa di pagamento al debitore ceduto e opporre la cessione agli altri terzi.

Factoring pro soluto e pro solvendo

Il contratto di factoring del primo tipo sopra detto può contenere delle clausole pro solvendo e pro soluto.

Con la clausola pro solvendo il cedente (l’impresa cliente) rimane responsabile nei confronti del cessionario (la società di factoring o factor) del mancato adempimento della prestazione da parte del creditore. Dovrà pertanto restituire quanto già ricevuto come anticipazione del credito qualora il debitore ceduto fosse insolvente.

L’impresa cliente può anche chiedere al factor di essere sollevata dal rischio dell’insolvenza dei propri debitori e allora si parlerà di factoring pro soluto. La sua disciplina pertanto segue le regole della cessione dei crediti pro soluto inserendo nel contratto una clausola pro soluto con cui l’impresa cessionaria si assume il rischio della mancata solvibilità del debitore ceduto senza possibilità di poter recuperare il credito dal cedente. In tal caso il factor non può pretendere nulla dall’impresa cliente in caso di insolvenza del debitore, neppure quanto già corrisposto a titolo di anticipo.

Avv. Bellato – diritto bancario

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