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Home » Civile » Infortuni » Cartella sanitaria, la responsabilità in archivio è della struttura sanitaria

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Cartella sanitaria, la responsabilità in archivio è della struttura sanitaria

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Cartella sanitaria, la responsabilità in archivio è della struttura sanitaria
cartella-sanitaria
Avv. Beatrice Bellato

La recente sentenza n. 18567/2018 da parte della Corte di Cassazione contribuisce a fare chiarezza su un tema piuttosto delicato e produttivo di potenziali cause giudiziarie, quale quello della responsabilità di conservazione della cartella sanitaria. Un aspetto evidentemente molto importante nel complesso rapporto tra i pazienti e le strutture sanitarie, e che può essere inquadrato sotto diversi profili di analisi a seconda del soggetto che ha in “carico” il fascicolo documentale che riguarda il paziente.

Indice:

  • 1 Cartella clinica: dal medico all’archivio centrale
  • 2 Durata dell’obbligo di conservazione della cartella
  • 3 Il principio di vicinanza della prova
  • 4 Posizione simmetrica del medico e del paziente
  • 5 Come si conserva la cartella sanitaria

Cartella clinica: dal medico all’archivio centrale

Nelle motivazioni dei giudici, il momento del passaggio della responsabilità della conservazione della cartella clinica viene rappresentato dalla consegna della cartella sanitaria da parte del medico all’archivio centrale. È questo momento – in altri termini – a far varcare alla cartella una importante soglia di responsabilità: prima di tale evento è il medico a essere gravato dell’obbligo di compilazione e di conservazione della cartella, mentre dopo la consegna la responsabilità per omessa conservazione viene trasferito in capo alla struttura sanitaria.

Più nel dettaglio, la pronuncia in esame afferma che ai sensi dell’art. 7 del D.P.R. 128/1969, per l’intera durata del ricovero, responsabile della tenuta e conservazione della cartella clinica è il medico (e in particolare il responsabile dell’unità operativa in cui è ricoverato il paziente). Tuttavia, la responsabilità del medico non può essere intesa in termini assoluti: costui infatti esaurisce il proprio obbligo di provvedere alla compilazione e alla conservazione della cartella nel momento in cui consegna la cartella all’archivio centrale, momento a partire dal quale la responsabilità per omessa conservazione della cartella si trasferisce in capo alla struttura sanitaria, e dunque alla direzione sanitaria di essa, che dovrà conservarla in luoghi appropriati, non soggetti ad alterazioni climatiche e non accessibili da estranei.

Durata dell’obbligo di conservazione della cartella

In aggiunta a ciò, la sentenza rammenta come l’obbligo di conservazione della cartella, come peraltro ribadito a più riprese dalle circolari del Ministero della Sanità, sia illimitato nel tempo. Per il Ministero, infatti, le stesse cartelle rappresentano un atto ufficiale e, proprio per poter superare i problemi che sono connessi allo smarrimento e alla deperibilità naturale delle cartelle “cartacee”, è in corso  la realizzazione della digitalizzazione degli archivi sanitari, che condurrà al passaggio dalle cartelle cliniche di carta a quelle digitali.

Il principio di vicinanza della prova

Da quanto sopra consegue che il principio di vicinanza della prova, fondato sull’obbligo di regolare e completa tenuta della cartella, le cui carenze o omissioni non possono andare a danno del paziente, non può operare in pregiudizio del medico per la successiva fase di conservazione. Dal momento in cui l’obbligo di conservazione si trasferisce sulla struttura sanitaria, l’omessa conservazione è imputabile esclusivamente ad essa. Dunque, la violazione dell’obbligo di conservazione non può riverberarsi direttamente sul medico direttamente una inversione dell’onere probatorio.

Posizione simmetrica del medico e del paziente

I giudici della Suprema Corte convengono quindi con l’affermazione del ricorrente secondo la quale i medici possono trovarsi, nell’ipotesi di smarrimento della cartella clinica ad opera della struttura sanitaria, in una posizione che sia simmetrica a quella del paziente, rischiando a loro volta di essere pregiudicati dalla impossibilità di documentare le attività svolte e regolarmente annotate sulla cartella clinica.

Con una diversa considerazione, rammentano gli Ermellini, si finirebbe infatti per violare quegli stessi principi in materia di prossimità della prova che ispirano le conseguenze pregiudizievoli per il medico che, dalla presenza di lacune nella cartella clinica, verrebbe diversamente a trarre vantaggio.

Come si conserva la cartella sanitaria

Da quanto sopra abbiamo riassunto, è dunque possibile sintetizzare alcuni principi che disciplinano l’obbligo di conservazione della cartella sanitaria.

[1] Fino a quando non sarà completato il processo di digitalizzazione, la cartella deve essere conservata in luoghi appropriati, che non siano accessibili da estranei e che non siano soggetti ad alterazioni climatiche.

[2] L’obbligo di conservazione della cartella è illimitato nel tempo, considerato che le stesse cartelle rappresentano un atto ufficiale.

Avv. Bellon – responsabilità professionale e malasanità

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