Anatocismo e tassi creditori – una guida rapida
Con ordinanza n. 4321 del 18 febbraio 2022 la Corte di Cassazione è intervenuta sul tema dell’anatocismo, contribuendo a fare ulteriore chiarezza.
In particolare, per i giudici della Suprema Corte il fatto che nel contratto di conto corrente – stipulato in vigenza della delibera CICR del 9 febbraio 2000, vi sia un tasso di interesse creditore annuo nominale che coincide con quello effettivo, non dà ragione della capitalizzazione infrannuale dell’interesse creditore. Richiesta, ricordiamo, dall’art. 3 della stessa delibera.
Una simile previsione non soddisfa inoltre la condizione che è stata posta dall’art. 6 della delibera, per il quale nei casi in cui è prevista la capitalizzazione infrannuale, deve essere indicato il valore del tasso, rapportato su base annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione.
Anatocismo e tassi creditori: il caso
Iniziamo con il ricordare che il caso in esame comincia con la sentenza del 7 gennaio 2016. In tale occasione il Tribunale di Savona, giudicando dell’opposizione proposta avverso il decreto ingiuntivo ottenuto da una banca, revoca il provvedimento condannando l’opponendo.
Quindi, in parziale accoglimento del gravame, la Corte di appello di Genova riformato la sentenza di primo grado condannando al pagamento di una somma ribassata. Contro la pronuncia resa in sede di impugnazione viene però proposto ricorso per Cassazione con un unico motivo.
Il ricorso
Il ricorrente oppone la violazione o la falsa applicazione degli artt. 120 TUB, 1283 c.c. e 6 delib. CICR 9 febbraio 2000. In particolare, il ricorrente (la banca) nega che il contratto di conto corrente contenga una pattuizione che ha per oggetto la pari periodicità della capitalizzazione degli interessi attivi e passivi.
Deduce in tal proposito che nel modulo sottoscritto dal correntista il tasso annuo nominale risulta essere corrispondente al tasso annuo effettivo. Laddove la capitalizzazione comporta, per necessità algebrica, un incremento del secondo rispetto al primo.
La banca spiega quindi che vi sarebbe una palese antinomia
- da una parte delle condizioni generali di contratto, dove è indicata una pari periodicità della capitalizzazione
- dall’altra parte delle condizioni convenute, con la capitalizzazione stessa che è esclusa dall’espressione in cifra del tasso debitore effettivo.
Anatocismo e tassi creditori: la decisione della Corte
Per i giudici della Corte di Cassazione il motivo di ricorso è fondato.
I giudici ricordano infatti come il ricorrente avesse lamentato che il Tribunale non avesse considerato l’evidenza documentale del contratto di conto corrente. In particolare, l’appellante aveva osservato come il tasso nominale e il tasso effettivo degli interessi attivi del correntista, come indicati nel documento negoziale, fossero numericamente identici. Onde doveva escludersi che fosse stata convenuta alcuna capitalizzazione degli stessi.
La Corte di appello ha ritenuto la legittimità della capitalizzazione degli interessi debitori, come attuata. Osserva l’irrilevanza che il tasso nominale degli interessi attivi coincidesse con quello effettivo. Stando alla Corte, infatti, anche nell’ipotesi in cui i tassi degli interessi attivi a favore del cliente siano previsti in una misura minima, tale da poterli considerare meramente simbolici, ciò non configura alcuna violazione della disciplina in materia di anatocismo bancario. Posto che la medesima non prevede una proporzionalità tra tassi di interessi attivi e passivi o il fatto che la misura del tasso attivo corrisponda ad una certa soglia, restando rimessa alla volontà delle parti la determinazione del tasso creditore”.
Questo argomento – proseguono poi gli Ermellini – investe un profilo estraneo al motivo di appello e non si misura in modo appropriato con la censura svolta con il richiamato mezzo di gravame. La censura poneva infatti una questione di diritto, che avrebbe dovuta essere altrimenti risolta.
La disciplina delle clausole anatocistiche
La disciplina delle clausole anatocistiche segue le diverse decisioni assunte dalla stessa Corte di Cassazione a partire dalla nota Cass. 16 marzo 1999, n. 2374, che modificando il precedente orientamento giurisprudenziale ha affermato la nullità di tali clausole, non fondate su di un uso normativo, ritenendole pertanto in contrasto con la norma cogente ex art. 1283 c.c., secondo cui:
In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi.
Una tesi, questa, che si è andata consolidando con il passare dell’anno, e che poi è stata supportata dalla pronuncia delle Sezioni Unite con la pronuncia Cass 4 novembre 2004, n. 21095.
L’intervento normativo ha poi riguardato sia i contratti bancari in essere, che quelli nuovi.
L’art. 120 comma 2 TUB, nel testo vigente ratione temporis, successivo alla modifica introdotta con il d.lgs. 242/1999, ha disposto che:
Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori che creditori.
Le delibere CICR
Quindi, l’art. 3 delib. CICR del 9 febbraio 2000, dopo aver prescritto, al primo comma, che nel conto corrente l’accredito e l’addebito degli interessi deve avvenire sulla base dei tassi e con le periodicità contrattualmente stabiliti, ha stabilito al secondo comma che
nell’ambito di ogni singolo conto corrente deve essere stabilita la stessa periodicità nel conteggio degli interessi creditori e debitori.
Quindi, l’art. 6 della stessa delibera ha previsto che:
I contratti relativi alle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito stipulati dopo l’entrata in vigore della presente delibera indicano la periodicità di capitalizzazione degli interessi e il tasso di interesse applicato. Nei casi in cui è prevista una capitalizzazione infrannuale viene inoltre indicato il valore del tasso, rapportato su base annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione. Le clausole relative alla capitalizzazione degli interessi non hanno effetto se non sono specificamente approvate per iscritto.
Infine, la delibera CICR, cui all’art. 120, comma 2, TUB, ha demandato la fissazione di fissare modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi nelle operazioni bancarie, ha pertanto subordinato l’anatocismo nei rapporti di conto corrente non solo alla pattuizione della stessa periodicità nella capitalizzazione degli interessi attivi e passivi, ma anche, per il caso della capitalizzazione infrannuale, alla condizione – suggerita da necessità di trasparenza – dell’indicazione, nel contratto, del tasso annuo calcolato per effetto della stessa capitalizzazione.
L’indicazione di un tasso effettivo corrispondente al nominale
In questa direzione, l’indicazione contrattuale di un tasso annuo effettivo dell’interesse creditore corrispondente a quello nominale (e cioè di un tasso annuo dell’interesse capitalizzato coincidente con quello non capitalizzato) rende per un verso priva di contenuto la clausola anatocistica riferita agli interessi attivi. Considerato che, sostanzialmente, sconfessa che detti interessi siano soggetti a capitalizzazione. Non soddisfa inoltre, peraltro verso, quanto esige il cit. art. 6.
In questo ultimo proposito, prosegue la sentenza, bisogna considerare che la previsione di un tasso di interesse effettivo corrispondente a quello nominale equivale alla mancata indicazione del tasso annuo calcolato per effetto della capitalizzazione. Anche ammettendo che le parti abbiano realmente voluto esprimersi in quest’ultima direzione, il contratto di conto corrente mancante di questa indicazione non soddisferebbe comunque una delle condizioni cui è subordinata la pattuizione dell’anatocismo.
In sintesi, aggiunge ancora la Corte, il rilievo della controricorrente sembra essere incentrato sulla circostanza per cui la coincidenza del tasso annuo nominale e del tasso annuo effettivo dipenderebbe dalla ridottissima misura degli interessi attivi, non appare, in tale prospettiva, concludente. Di fatti, se si ha riguardo alla disciplina sopra esposta:
- o la capitalizzazione è solamente figurativa. E, dunque, la misura oltremodo esigua del tasso di interesse creditore non è in grado di generare alcun effetto anatocistico. La mancata indicazione dell’incremento del tasso deriva dal fatto che in contratto gli interessi creditori non si capitalizzano con la medesima periodicità degli interessi passivi
- oppure la contabilizzazione degli interessi sugli interessi genera un reale incremento. In questo caso bisogna però indicare il valore del tasso, rapportato su base annua, tenendo anche conto degli effetti della capitalizzazione.
A margine di ciò, la sentenza deve essere cassata.
Il principio di diritto su anatocismo e tassi creditori
La causa è dunque rinviata alla Corte di appello di Genova che dovrà applicare il seguente principio di diritto:
La previsione, nel contratto di conto corrente stipulato nella vigenza della delib. CICR 9 febbraio 2000, di un tasso di interesse creditore annuo nominale coincidente con quello effettivo non dà ragione della capitalizzazione infrannuale dell’interesse creditore, che è richiesta dall’art. 3 della delibera, e non soddisfa, inoltre, la condizione posta dall’art. 6 della delibera stessa, secondo cui, nei casi in cui è prevista una tale capitalizzazione infrannuale, deve essere indicato il valore del tasso, rapportato su base annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione”.