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Home » Civile » Responsabilità » Morte del feto per responsabilità medica: la Cassazione riconosce il danno da perdita del rapporto parentale

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Morte del feto per responsabilità medica: la Cassazione riconosce il danno da perdita del rapporto parentale

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Morte del feto per responsabilità medica: la Cassazione riconosce il danno da perdita del rapporto parentale
danno da morte del feto
Avv. Beatrice Bellato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26826 del 6 ottobre 2025, interviene in modo chiaro su una questione delicata e dolorosa: quella del risarcimento dovuto ai genitori quando la morte del feto è conseguenza di un errore medico.

La pronuncia è un interessante punto di vista nella valutazione del pregiudizio subito dai genitori, superando definitivamente la tesi secondo cui si tratterebbe di un danno meramente potenziale da malasanità.

Cosa è accaduto: il risarcimento danni da morte del feto

I fatti che hanno dato origine al procedimento risalgono al luglio 2008. Una donna alla quarantunesima settimana di gravidanza venne accompagnata al pronto soccorso con evidenti segnali di sofferenza fetale. Nonostante i tracciati cardiotocografici mostrassero una situazione di allarme e le ripetute richieste di intervento da parte dei familiari, i sanitari si limitarono a monitorare la situazione senza intervenire chirurgicamente. Solo la mattina successiva, dopo oltre dodici ore dal ricovero, venne eseguito il parto cesareo. La bambina, completamente formata e priva di patologie, morì poco dopo la nascita a causa di una grave asfissia perinatale.

Il Tribunale di Benevento riconobbe ai genitori un risarcimento danni da morte del feto pari a 165.000 euro ciascuno, applicando il minimo previsto dalle Tabelle di Milano. La Corte d’Appello di Napoli, tuttavia, dimezzò tale importo ritenendo che il legame con il feto rappresentasse una relazione affettiva solo potenziale, non effettiva. Contro questa decisione i genitori hanno proposto ricorso in Cassazione.

Danno potenziale o perdita parentale per morte del feto? Ecco la posizione della Cassazione

La questione centrale affrontata dalla Suprema Corte riguarda proprio la natura del pregiudizio subito dai genitori. Nelle precedenti pronunce (Cass. 22859/2020 e Cass. 12717/2015), alcuni giudici avevano qualificato il danno da perdita del feto come lesione di un rapporto “solo potenziale”, giustificando così una liquidazione inferiore rispetto ai parametri tabellari ordinari.

La Cassazione con questa pronuncia chiarisce che tale impostazione è errata e non tiene conto della realtà del legame genitori-figlio. Il rapporto tra genitori e concepito non è infatti qualcosa che si instaura solo dopo la nascita: esso esiste già durante la gravidanza, si sviluppa progressivamente e rappresenta una dimensione affettiva concreta e presente. La madre vive per nove mesi un rapporto di progressiva immedesimazione con il frutto del concepimento, mentre entrambi i genitori costruiscono aspettative, progettano il futuro e adeguano la propria esistenza alla nuova realtà familiare.

Quando un errore medico provoca la morte del frutto del concepimento, ciò che viene leso non è un rapporto ipotetico o futuro, ma un legame familiare già pienamente in essere. La Corte afferma espressamente che si tratta di una vera e propria perdita del rapporto parentale, con tutte le conseguenze risarcitorie che ne derivano.

La duplice dimensione del danno da perdita del frutto del concepimento

La sentenza richiama la consolidata giurisprudenza in materia di danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, che riconosce due distinte componenti del pregiudizio. La prima è rappresentata dalla sofferenza interiore, ossia il dolore morale soggettivo che i genitori provano nel momento in cui percepiscono la perdita del figlio nel proprio vissuto emotivo. Questa dimensione è particolarmente intensa per la madre, che ha vissuto la gravidanza in simbiosi fisica ed emotiva con il bambino.

La seconda componente riguarda gli aspetti dinamico-relazionali, ovvero le modificazioni che la perdita produce sulla vita quotidiana dei genitori, sui loro rapporti familiari e sociali, sulla percezione di sé e sul proprio futuro. La Cassazione sottolinea però che, nel caso specifico della perdita di un figlio, è soprattutto la dimensione del dolore interiore a rappresentare l’aspetto più significativo e devastante del danno subito.

Il collegio richiama sul punto importanti riflessioni psicologiche contemporanee che hanno superato la vecchia teoria dell'”elaborazione del lutto”. Il dolore della perdita non scompare con il tempo: i genitori continueranno a vivere circondati da quell’assenza, che rappresenta una presenza costante nella loro esistenza. Non è tanto la vita di relazione a cambiare radicalmente, quanto la persona stessa che viene segnata in modo permanente da quella sofferenza.

Il criterio di liquidazione del danno da morte del frutto del concepimento

Sul piano pratico, la Cassazione stabilisce che il giudice di merito deve applicare le Tabelle del Tribunale di Milano per la liquidazione del danno da perdita del frutto del concepimento. La sentenza respinge dunque con fermezza la tesi secondo cui sarebbe possibile discostarsi arbitrariamente da tali parametri. Non è ammissibile una riduzione automatica del risarcimento solo perché il bambino non è nato vivo. Il giudice deve invece utilizzare i valori tabellari applicando una personalizzazione basata sulle circostanze concrete del caso: età dei genitori, durata della gravidanza, presenza di altri figli, modalità con cui si è verificato l’evento, intensità della sofferenza dimostrata.

La Corte indica inoltre uno strumento processuale importante: l’interrogatorio libero delle parti ai sensi dell’articolo 117 del codice di procedura civile. Attraverso l’ascolto diretto dei genitori, il giudice può acquisire elementi concreti sulla profondità della loro sofferenza e sulla reale dimensione del pregiudizio subito, evitando liquidazioni astratte e standardizzate.

I fondamenti costituzionali e sovranazionali

La pronuncia richiama il solido fondamento costituzionale della tutela del concepito, già riconosciuto dalla Corte Costituzionale. Gli articoli 2, 29, 30 e 31 della Costituzione garantiscono i diritti inviolabili della persona, la famiglia, i rapporti tra genitori e figli e la tutela della maternità. Il concepito rientra pienamente in questa sfera di protezione, rappresentando una situazione giuridica meritevole di tutela sin dal momento del concepimento.

A livello sovranazionale rileva l’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che protegge il diritto al rispetto della vita privata e familiare. La perdita del concepito a causa di negligenza medica rappresenta una violazione grave di questo diritto fondamentale, che deve trovare adeguato ristoro attraverso il risarcimento del danno.


Se hai subito un danno a causa di un errore medico durante la gravidanza o il parto, o se hai perso un figlio per responsabilità sanitaria, contattaci per ricevere assistenza legale qualificata. Il nostro studio è specializzato in responsabilità medica e può valutare la tua situazione per tutelare i tuoi diritti e ottenere il giusto risarcimento. Scrivici per saperne di più.

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