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Home » Civile » Condominio » Spese straordinarie condominio: al venditore o all’acquirente?

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Spese straordinarie condominio: al venditore o all’acquirente?

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Spese straordinarie condominio: al venditore o all’acquirente?
lavori-straordinari
Avv. Beatrice Bellato

Le spese straordinarie in condominio fra acquirente e venditore – indice:

  • La solidarietà
  • La ripartizione fra le parti
  • La vicenda

Nel caso di vendita di un immobile in condominio, alienante e acquirente sono solidalmente obbligati al pagamento dei contributi che sono relativi all’anno precedente alla vendita e all’anno in corso, salvo patti contrari tra le parti. Quando invece si tratta di lavori straordinari, per poter determinare la data di insorgenza dell’obbligazione contributiva, bisogna assumere come base di riferimento quella di deliberazione di approvazione dei lavori. A ribadirlo in una recente sentenza, facendo luce su un tema ricorrente, è la Corte di Cassazione.

La solidarietà tra venditore e acquirente

Come anticipato, l’art. 63 delle disposizioni attuative del codice civile prevede che venditore e acquirente siano solidalmente obbligati al pagamento dei contributi relativi all’annualità precedente all’atto di vendita e a quella in corsa, fatti salvi gli eventuali patti contrari intercorsi tra le parti, comunque non opponibili al condominio.

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Dice infatti l’art. 63 delle disposizioni attuative che:

Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea condominiale, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi.

I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini.

In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l’amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato.

Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente.

Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.

Ripartizione spese condominiali straordinarie tra venditore e acquirente

Diverso è invece il caso in cui ad essere correttamente imputati siano i lavori straordinari. In questa ipotesi, infatti, per poter determinare la data di insorgenza dell’obbligo contributivo bisognerà tenere in considerazione la deliberazione di approvazione di tali lavori.

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Sulla base di quanto sopra potrebbe pertanto accadere che la deliberazione attraverso la quale sono state disposte delle lavorazioni straordinarie all’immobile sia risalente nel tempo, mentre la ripartizione potrebbe intervenire successivamente, quando magari l’immobile è venduto da diversi anni.

Ebbene, in un simile scenario il venditore non può ritenersi liberato dall’obbligazione o invocare l’art. 63 delle disposizioni attuative, e non può pertanto ritenersi obbligato solamente per l’annualità precedente alla vendita e per quella successiva. L’obbligo di partecipazione alle spese condominiali per i lavori straordinari sulle parti comuni insorge infatti, come rammentato, nel momento in cui viene deliberata la realizzazione dei lavori stessi, e non con le successive deliberazioni di ripartizione delle spese.

La vicenda che chiarisce chi paga le spese straordinarie: un’opposizione a un decreto ingiuntivo

La vicenda viene sottoposta all’attenzione del giudice di legittimità: a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento delle quote condominiale relative alle lavorazioni straordinarie effettuate sulle parti comuni, deliberate nel 2000 ed eseguite tra il 2000 e il 2002, l’ex condomino – che aveva intanto alienato il proprio appartamento nel 2003 – proponeva opposizione adducendo la non debenza delle somme, da imputarsi semmai al nuovo acquirenti in virtù dell’art. 63 cc sopra esaminato.

In primo e in secondo grado l’opposizione era però rigettata, definendo infondata la carenza di legittimazione passiva del venditore (ovvero, di suo difetto di titolarità passiva del rapporto obbligatorio per cui è causa), “essendo lo stesso appellante condomino al momento in cui vennero deliberati i lavori di manutenzione straordinaria, e perciò obbligato alle spese ad essi inerenti, pur non essendo più condomino all’epoca dell’approvazione della delibera di ripartizione”.

La legittimazione passiva del venditore

Limitandoci a tale solo motivo di ricorso, la Corte afferma la sua inammissibilità o, comunque, l’infondatezza, rammentando come “la doglianza deduce un vizio di contraddittorietà della motivazione e non tiene conto del vigente parametro dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., in quanto questo, come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito in legge n. 134 del 2012, contempla soltanto il vizio di omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo”.

Conseguentemente tale vizio sarà denunciato nel rispetto delle previsioni degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c., dovendo il ricorrente indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”.

Il motivo duole peraltro della carenza di legittimazione passiva del venditore rispetto alla pretesa creditoria del condominio, “per aver egli già alienato la sua unità immobiliare al momento della deliberazione assembleare di ripartizione delle spese di manutenzione straordinaria, fatto esaminato e superato nella sentenza impugnata, la quale ha dato correttamente rilievo alla data della deliberazione di approvazione di tali lavori, allorchè il ricorrente era ancora condomino e perciò era obbligato a contribuire agli esborsi”.

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Quando nasce l’obbligazione inerente alla spesa straordinaria

La Suprema Corte precisa nelle sue motivazioni che trova qui applicazione ratione temporis, “attesa l’epoca di insorgenza dell’obbligo di spesa per cui è causa, l’art. 63, comma 2, disp. att. c.c., nella formulazione antecedente alla modificazione operata dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220. In forza di tale norma, chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente”.

Dovendosi individuare, proseguono poi gli Ermellini, ai fini dell’applicazione dell’art. 63, comma 2, disp. att. c.c., quando sia insorto l’obbligo di partecipazione a spese condominiali per l’esecuzione di lavori di straordinaria amministrazione sulle parti comuni (ristrutturazione della facciata dell’edificio condominiale), “deve farsi riferimento alla data di approvazione della delibera assembleare che ha disposto l’esecuzione di tale intervento, avendo la stessa delibera valore costitutivo della relativa obbligazione”.

L’irrilevanza degli accordi interni fra venditore ed acquirente sulle spese straordinarie

Un simile momento rileva anche per imputare l’obbligo di partecipazione alla spesa nei rapporti interni tra venditore e compratore, se gli stessi non si siano diversamente accordati, rimanendo, peraltro, inopponibili al condominio i patti eventualmente intercorsi tra costoro. “Questa Corte ha in passato affermato che” – precisa ancora – “poiché, una volta perfezionatosi il trasferimento della proprietà di un’unità immobiliare, l’alienante perde la qualità di condomino e non è più legittimato a partecipare alle assemblee (potendo far valere le proprie ragioni sul pagamento dei contributi solo attraverso l’acquirente che gli è subentrato), non può essere chiesto ed emesso nei suoi confronti decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 63, comma 1, disp. att. c.c. per la riscossione dei contributi condominiali, atteso che la predetta norma di legge può trovare applicazione soltanto nei confronti di coloro che siano condomini al momento della proposizione del ricorso monitorio”.

Tuttavia, come già rammentato in più occasioni in questo breve approfondimento, colui che è obbligato a contribuire alle spese di manutenzione straordinaria dell’edificio è chi era condomino, giacché proprietario dell’unità immobiliare poi alienata, al momento della delibera assembleare che abbia disposto l’esecuzione di detti lavori, proprio per il valore costitutivo della relativa obbligazione.

La vendita prima dell’approvazione della ripartizione delle spese straordinarie

Pertanto, la vendita dell’unità immobiliare prima dell’approvazione di tutti gli stati di ripartizione delle spese inerenti a quei lavori, o comunque prima che il condomino che aveva approvato gli stessi abbia adempiuto ai propri oneri verso il condominio, può solo impedire che sia emesso il decreto ingiuntivo con la clausola di immediata esecutività. Non può certamente estinguere il debito originario del cedente. Tale diritto rimane così azionabile in sede di processo di cognizione, o di ingiunzione ordinaria di pagamento.

Avv. Bellato – diritto condominiale

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