L’annullamento della delibera condominiale – indice:
Non sempre le delibere dell’assemblea condominiale sono esenti da vizi formali e sostanziali che ne determinano l’annullabilità. Ma quando è possibile attivare un procedimento volto all’annullamento di una delibera? Chi può farlo? Entro che termini?
Cos’è l’annullamento della delibera condominiale
La disciplina in ordine all’annullamento delle delibere condominiali trova la propria fonte all’articolo 1137 del codice civile. Il secondo comma dell’articolo stabilisce che:
“Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti”.
La norma individua in primo luogo i vizi che legittimano l’impugnazione di una delibera condominiale. La stessa non può essere contraria:
- Alla legge;
- Al regolamento di condominio.
Mentre la contrarietà al regolamento di condominio è una caratteristica più agevolmente individuabile, la contrarietà alla legge e ai suoi principi è spesso un presupposto ben più difficilmente individuabile.
Chi può chiedere l’annullamento della delibera condominiale
L’articolo 1137 del codice civile, come sopra riportato, individua i soggetti legittimati a richiedere l’annullamento. Questi sono soltanto i condomini:
- Assenti, e cioè quelli che non abbiano partecipato all’assemblea pur convocati;
- Dissenzienti, e cioè quelli che abbiano votato contro alla delibera;
- Astenuti, e cioè quelli che, pur avendo partecipato all’assemblea ed alla votazione, non abbiano espresso voto né favorevole né contrario.
Non sarà quindi legittimato a chiedere l’annullamento il condomino che viceversa abbia votato a favore della delibera. Laddove ne sussistano i presupposti, il condomino che abbia votato a favore sarà comunque legittimato a fare dichiarare la nullità della delibera (laddove la stessa debba considerarsi nulla, e cioè in ipotesi residuali).
Chi può impugnare fra usufruttuario e nudo proprietario
L’articolo 67 delle disposizioni attuative del codice civile individua, fra nudo proprietario e usufruttuario, chi abbia il diritto di voto in relazione alle delibere da approvare.
Il sesto ed il settimo comma recitano:
“L’usufruttuario di un piano o porzione di piano dell’edificio esercita il diritto di voto negli affari che attengono all’ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni.
Nelle altre deliberazioni, il diritto di voto spetta ai (nudi) proprietari, salvi i casi in cui l’usufruttuario intenda avvalersi del diritto di cui all’articolo 1006 del codice (rifiuto del proprietario alle riparazioni) ovvero si tratti di lavori od opere ai sensi degli articoli 985 e 986 del codice (miglioramenti e addizioni). In tutti questi casi l’avviso di convocazione deve essere comunicato sia all’usufruttuario sia al nudo proprietario.”
Sinteticamente dunque, il titolare del diritto di usufrutto voterà per tutte le decisioni attinenti all’ordinaria amministrazione. Viceversa, il nudo proprietario sarà titolare del diritto di voto per tutte le decisioni attinenti ad innovazioni, riparazioni straordinarie e così via.
Il diritto relativo a chiedere l’annullamento delle delibere competerà specularmente a chi, fra nudo proprietario ed usufruttuario, ha il diritto di voto in relazione alla decisione da prendere (in questo senso la giurisprudenza maggioritaria e fra gli altri Tribunale di Massa con sentenza del 6 novembre del 2017).
I termini di impugnazione della delibera annullabile
I termini di impugnazione per le delibere annullabili sono individuati all’articolo 1137 del codice civile. Il termine però ha decorrenza diversa, la decorrenza inizierà dalla data in cui è stata approvata per:
- Dissenzienti;
- Astenuti.
Viceversa decorrerà dalla data in cui è stato notificato il verbale di assemblea per coloro che non abbiano partecipato all’assemblea.
Decorsi inutilmente i termini di trenta giorni senza che sia stato notificato un atto di citazione o avviato il procedimento di mediazione, tutti i vizi che avrebbero determinato l’annullabilità della delibera devono ritenersi definitivamente sanati.
I termini devono intendersi di decadenza e non di prescrizione: fatto salvo quanto precisato nel paragrafo successivo, non possono dunque aversi effetti interruttivi.
I termini sono soggetti alla sospensione feriale per tutto il mese di agosto.
La mediazione obbligatoria per i procedimenti condominiali
Ai sensi dell’articolo 5 del Decreto Legislativo numero 28 del 2010, la domanda di annullamento delle delibere condominiali è oggetto di mediazione obbligatoria.
Prima di attivare un procedimento civile davanti all’autorità competente e cioè quella del luogo in cui è sito l’edificio, sarà quindi necessario proporre un’istanza di mediazione civile ad un organismo territorialmente competente.
L’organismo di mediazione ha il compito di cercare di far raggiungere un accordo alle parti. Laddove il tentativo fallisca, per attivare un procedimento innanzi al giudice sarà necessario produrre agli atti il verbale negativo di mediazione.
Dalla data del verbale di mancato accordo di mediazione decorreranno nuovamente i termini di decadenza (di trenta giorni) di cui al paragrafo precedente per proporre impugnazione.
È necessaria l’assistenza di un avvocato?
Sia per il procedimento di mediazione civile che per quello, eventuale, relativo alla domanda di annullamento della delibera è necessaria l’assistenza di un avvocato iscritto all’albo.
Le conseguenze della pronuncia di annullamento
Molto complicati sono gli aspetti legati alle conseguenze giuridiche della pronuncia di annullamento di una delibera dell’assemblea condominiale.
La prununcia di annullamento, che ha natura costitutiva, avrà la naturale conseguenza di rendere inefficace la delibera. A volte, sarà necessaria la sostituzione della delibera viziata con una valida (si pensi ad esempio ad una ripartizione delle spese errata: le spese dovranno comunque essere ripartite).
Il giudice non ha però il compito di sostituire la delibera impugnata con una valida. La competenza in ordine alla sostituzione non potrà che rimanere in capo all’organo assembleare. La sentenza di annullamento tuttavia, che deve per legge essere motivata, conterrà le indicazioni attraverso le quali ben comprendere i vizi che hanno determinato l’annullamento, enunciando chiari suggerimenti volti ad una eventuale e successiva deliberazione valida.
Gli effetti dell’annullameto si estenderanno a tutti i condomini: ove necessario, l’amministratore dovrà quindi provvedere a convocare l’assemblea per deliberare in modo valido, secondo le indicazioni della sentenza di annullamento.
La sostituzione di una delibera impugnata con una valida
Il diritto condominiale ha fatto proprio tramite diverse pronunce giurisprudenziali, la norma dell’ottavo comma dell’articolo 2377 del codice civile, in tema di società per azioni. Questa recita:
“L’annullamento della deliberazione non può aver luogo, se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge e dello statuto. In tal caso il giudice provvede sulle spese di lite, ponendole di norma a carico della società, e sul risarcimento dell’eventuale danno”.
Il potere dell’assemblea condominiale in ordine alla sostituzione di una delibera viziata non è dunque sospeso dalla pendenza di una lite. Il condominio potrà quindi, in pendenza del giudizio, approvare una delibera sostitutiva di quella impugnata. Tale circostanza però, laddove, in base al principio della cosiddetta “soccombenza virtuale” la delibera risulti comunque viziata, non esclude che il giudice, pur non pronunciandone l’annullamento, provveda a porre le spese di lite a carico del condominio.
I costi dell’azione di annullamento di una delibera condominiale
I costi del procedimento di annullamento della delibera condominiale variano a seconda del valore della causa, come prescritto dai parametri ministeriali di cui al Decreto Ministeriale numero 37 dell’8 marzo 2018. Generalmente è possibile affermare che un procedimento civile ordinario di questo tipo costi a partire dai 2000 euro per superare i 6000 circa, a seconda, come detto, del valore della causa e della complicatezza della materia.