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Home » Civile » L’obbligo di mantenimento e le sue tutele – guida rapida

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L’obbligo di mantenimento e le sue tutele – guida rapida

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it L’obbligo di mantenimento e le sue tutele – guida rapida
contratto di mantenimento
Avv. Beatrice Bellato

L’obbligo di mantenimento e le sue tutele – guida rapida

  • Il principio di proporzionalità nel contributo al mantenimento
  • Le modalità di attuazione dell’obbligo
  • Le caratteristiche dell’assegno di mantenimento
  • Durata e articolazione temporale dell’obbligo di mantenimento
  • Distinzione tra spese ordinarie e straordinarie
  • Strumenti di tutela in caso di inadempimento
  • Modificazione e revoca dell’assegno di mantenimento
  • Aspetti fiscali e patrimoniali dell’assegno di mantenimento

L’obbligo di mantenimento dei figli è un dovere fondamentale sancito dall’articolo 30 della Costituzione italiana, che trova piena attuazione nelle disposizioni del Codice civile.

Il precetto costituzionale si traduce poi in una serie di norme specifiche contenute nel Codice civile, che delineano i contorni pratici di questo dovere fondamentale.

Si può ad esempio cominciare con un richiamo all’articolo 315-bis del Codice civile, che stabilisce che il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni. Una formulazione che, in sintesi, evidenzia come il mantenimento non sia semplicemente un trasferimento di risorse economiche, ma costituisca parte integrante di un più ampio progetto educativo e formativo. Il legislatore ha voluto sottolineare che l’obbligo di mantenimento nasce dal rapporto di filiazione in sé, indipendentemente dalle vicende sentimentali dei genitori, e persiste anche quando questi ultimi cessano di convivere o si separano.

La riforma del diritto di famiglia del 2012 ha quindi ulteriormente rafforzato questi principi, eliminando ogni distinzione tra figli legittimi e naturali e stabilendo che tutti i figli hanno lo stesso status giuridico e gli stessi diritti. L’evoluzione normativa ha dunque comportato un allineamento completo delle tutele, rendendo il sistema più coerente e garantendo a tutti i minori, indipendentemente dalle circostanze della loro nascita, le medesime protezioni giuridiche ed economiche.

Il principio di proporzionalità nel contributo al mantenimento

Il sistema giuridico italiano ha adottato il principio di proporzionalità come criterio guida per la determinazione del contributo al mantenimento, stabilendo che ciascun genitore deve concorrere alle spese in proporzione alle proprie sostanze economiche e secondo la propria capacità lavorativa. Codificato nell’articolo 317-bis del Codice civile, il principio vuole evidentemente garantire un equilibrio tra le possibilità economiche dei genitori e le esigenze del figlio, evitando che l’onere ricada in modo sproporzionato su uno solo dei genitori.

Si consideri, in tal proposito, che la valutazione della capacità contributiva non si limita al mero reddito dichiarato, ma tiene conto di tutti gli elementi che concorrono a determinare la situazione patrimoniale complessiva di ciascun genitore. Il giudice deve pertanto considerare non solo i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ma anche eventuali rendite, patrimoni immobiliari, disponibilità finanziarie e, più in generale, il tenore di vita mantenuto dalla famiglia prima della separazione.

Particolarmente significativo è poi il riferimento alla “capacità di lavoro professionale o casalingo“, che riconosce dignità e valore economico anche al lavoro domestico e di cura. Pertanto, il genitore che si dedica prevalentemente alla cura della casa e dei figli contribuisce al mantenimento familiare attraverso prestazioni diverse da quelle meramente economiche, ma altrettanto preziose e quantificabili.

Infine, ricordiamo che nel caso in cui entrambi i genitori non dispongano di mezzi sufficienti per garantire un adeguato mantenimento ai figli, l’ordinamento prevede un meccanismo di solidarietà familiare allargata. Gli ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori i mezzi necessari per l’adempimento dei loro doveri verso la prole, con una disposizione che crea una rete di protezione che garantisce al minore un sostegno economico anche nelle situazioni di maggiore difficoltà, coinvolgendo la famiglia estesa nella tutela dei diritti fondamentali del bambino.

Le modalità di attuazione dell’obbligo

La legge riconosce diverse modalità di attuazione dell’obbligo. Una di queste è l’assegno periodico, un importo fisso, generalmente corrisposto mensilmente, che il genitore non collocatario versa a quello presso cui il minore risiede abitualmente. Una soluzione che presenta il vantaggio della certezza e della prevedibilità, permettendo al genitore percipiente di pianificare le spese per il figlio e garantendo una continuità nell’erogazione delle risorse necessarie.

Il calcolo dell’assegno periodico viene effettuato dal giudice tenendo conto di diversi parametri, tra cui le esigenze del figlio, le condizioni economiche di entrambi i genitori, il tenore di vita goduto dalla famiglia durante la convivenza e l’eventuale assegnazione della casa familiare. La determinazione dell’importo non segue automatismi matematici, ma richiede una valutazione caso per caso, considerando le specificità di ogni situazione familiare.

Il mantenimento diretto

Accanto alla modalità tradizionale dell’assegno periodico, l’ordinamento prevede la possibilità del mantenimento diretto, particolarmente adatto nelle situazioni di collocamento alternato o turnario. Il mantenimento diretto comporta che ciascun genitore provveda direttamente alle esigenze del figlio durante i periodi di permanenza presso di sé, senza necessità di trasferimenti economici tra i genitori. La soluzione può essere adottata quando i genitori hanno capacità economiche sostanzialmente equivalenti e quando il figlio trascorre periodi significativi presso entrambi.

La scelta tra assegno periodico e mantenimento diretto dipende da molteplici fattori, tra cui l’età del minore, le sue abitudini di vita, la distanza tra le abitazioni dei genitori e la possibilità di mantenere una continuità educativa e sociale. Il giudice valuta quale soluzione sia più conforme all’interesse superiore del minore, tenendo conto anche della sostenibilità pratica dell’organizzazione familiare proposta.

È importante sottolineare che la scelta del mantenimento diretto non esclude completamente la possibilità di trasferimenti economici tra i genitori. Le spese straordinarie continuano a essere ripartite secondo i criteri di proporzionalità, e possono essere previsti conguagli periodici per compensare eventuali squilibri nelle spese sostenute dai singoli genitori.

Le caratteristiche dell’assegno di mantenimento

L’assegno di mantenimento presenta caratteristiche giuridiche specifiche che lo distinguono nettamente da altri tipi di obbligazioni economiche e che riflettono la sua natura di strumento di tutela del minore. Peculiarità che derivano dal fatto che il vero titolare del diritto al mantenimento è il figlio, non il genitore che materialmente percepisce l’assegno, il quale agisce unicamente in qualità di rappresentante legale del minore.

La prima caratteristica fondamentale è l’indisponibilità del diritto al mantenimento: né il genitore percipiente né lo stesso figlio maggiorenne possono validamente rinunciare all’assegno. Tale limitazione trova la sua giustificazione nella natura alimentare del diritto, che è strettamente collegato alla sopravvivenza e al benessere del figlio. Anche in presenza di un accordo tra i genitori che preveda la rinuncia all’assegno, il giudice può comunque disporne la corresponsione se lo ritiene necessario per la tutela del minore.

L’impignorabilità dell’assegno di mantenimento

La seconda caratteristica è l’impignorabilità dell’assegno di mantenimento. Le somme destinate al mantenimento dei figli non possono essere aggredite dai creditori del genitore percipiente, garantendo così che le risorse economiche raggiungano effettivamente la loro destinazione. Una tutela che è particolarmente importante nelle situazioni di crisi economica, dove il rischio di aggressione da parte dei creditori potrebbe compromettere il benessere del minore.

Ancora, l’assegno di mantenimento non è compensabile con eventuali crediti che il genitore obbligato possa vantare nei confronti dell’altro genitore. La regola impedisce che controversie economiche tra i genitori possano riflettersi negativamente sui diritti del figlio. Anche se il genitore obbligato vanta crediti significativi verso l’altro genitore, non può sospendere o ridurre l’assegno di mantenimento invocando la compensazione.

Infine, l’assegno di mantenimento è irripetibile, nel senso che quanto già corrisposto non può essere richiesto indietro, salvo specifiche e limitate circostanze previste dalla legge, con una caratteristica che garantisce stabilità e certezza nel rapporto economico, impedendo che modifiche successive delle condizioni economiche possano comportare richieste di restituzione di quanto già percepito per il mantenimento del figlio.

Durata e articolazione temporale dell’obbligo di mantenimento

L’obbligo di mantenimento non si esaurisce automaticamente con il raggiungimento della maggiore età del figlio, ma persiste fino al conseguimento dell’indipendenza economica. Questo principio, consolidato dalla giurisprudenza di legittimità, riflette la realtà sociale contemporanea, caratterizzata da percorsi formativi sempre più lunghi e da un ingresso tardivo nel mondo del lavoro. La valutazione dell’indipendenza economica deve essere effettuata caso per caso, tenendo conto delle specificità di ogni situazione familiare e delle concrete possibilità di inserimento lavorativo del giovane.

Per i figli maggiorenni economicamente non autosufficienti, l’assegno può essere versato direttamente al beneficiario, su disposizione del giudice. Questa modalità di pagamento riconosce la maggiore età del figlio e la sua capacità di gestire autonomamente le risorse economiche, pur mantenendo il diritto al sostegno genitoriale. Il passaggio dal pagamento indiretto a quello diretto rappresenta un momento di transizione importante, che segna l’evoluzione del rapporto familiare verso una maggiore autonomia del figlio.

I figli maggiorenni portatori di handicap grave godono di una tutela particolare, essendo applicabili integralmente le disposizioni previste per i minori. In questi casi, l’obbligo di mantenimento può protrarsi indefinitamente, in considerazione dell’impossibilità strutturale di raggiungere l’indipendenza economica. La normativa riconosce così la necessità di un sostegno continuativo per le persone con disabilità, indipendentemente dall’età anagrafica.

La cessazione dell’obbligo di mantenimento può avvenire per diverse cause: il raggiungimento dell’indipendenza economica, la morte del genitore obbligato o del figlio, o particolari comportamenti del figlio che rendano ingiustificato il mantenimento, come l’abbandono volontario degli studi senza giustificato motivo o il rifiuto di cercare un’occupazione lavorativa. In ogni caso, la cessazione dell’obbligo deve essere valutata dal giudice, che terrà conto di tutte le circostanze del caso concreto.

Distinzione tra spese ordinarie e straordinarie

Le spese ordinarie rappresentano tutti i costi ricorrenti e prevedibili necessari per il mantenimento quotidiano del figlio. Queste spese sono generalmente coperte dall’assegno mensile e comprendono l’alimentazione, l’abbigliamento, il materiale scolastico di base, le spese per l’igiene personale, i trasporti urbani per le attività scolastiche e ricreative usuali, e una quota ragionevole per le attività ludiche e ricreative appropriate all’età del minore. La determinazione di ciò che rientra nelle spese ordinarie deve tener conto del tenore di vita della famiglia e delle abitudini consolidate del figlio.

Le spese straordinarie, invece, sono quelle eccezionali e imprevedibili che non possono essere coperte dall’assegno mensile per la loro natura saltuaria o per il loro importo elevato. Tipicamente rientrano in questa categoria le spese mediche specialistiche, gli interventi chirurgici, le cure dentarie, le attività sportive agonistiche, i corsi di lingua straniera, i viaggi di istruzione, l’acquisto di strumenti musicali o di attrezzature sportive particolari, e le spese per attività formative speciali.

La distinzione tra spese ordinarie e straordinarie non è sempre netta e richiede una valutazione caso per caso, tenendo conto delle specificità della situazione familiare. Una spesa che può essere considerata ordinaria in una famiglia con un elevato tenore di vita potrebbe essere qualificata come straordinaria in una famiglia con minori disponibilità economiche. Il giudice, nel determinare questa distinzione, deve bilanciare le esigenze del figlio con le possibilità economiche della famiglia.

Le spese straordinarie sono generalmente ripartite tra i genitori in proporzione ai rispettivi redditi, salvo diversa pattuizione o disposizione del giudice. Spesso viene previsto un meccanismo di autorizzazione preventiva per le spese straordinarie di importo elevato, al fine di evitare che un genitore possa unilateralmente impegnare l’altro in esborsi significativi. Questo sistema garantisce un controllo condiviso sulle decisioni economiche più rilevanti riguardanti il figlio.

Strumenti di tutela in caso di inadempimento

Il sistema giuridico italiano prevede efficaci strumenti di tutela per garantire l’adempimento dell’obbligo di mantenimento, sia sul piano civile che su quello penale. Questa duplice protezione riflette l’importanza che l’ordinamento attribuisce alla tutela dei diritti dei minori e alla garanzia del loro benessere economico. Gli strumenti di tutela civile permettono di ottenere coattivamente il pagamento dell’assegno e di recuperare eventuali arretrati, mentre quelli penali hanno una funzione deterrente e sanzionatoria.

Sul piano civile, il genitore creditore può ricorrere agli strumenti esecutivi previsti dal Codice di procedura civile per ottenere il pagamento dell’assegno di mantenimento. Il decreto di separazione o divorzio, così come il provvedimento del giudice che stabilisce l’assegno per i figli nati fuori dal matrimonio, costituisce titolo esecutivo che consente di procedere immediatamente all’esecuzione forzata. Tra gli strumenti più efficaci vi è il pignoramento presso terzi, che permette di aggredire direttamente lo stipendio o altri crediti del debitore.

L’azione esecutiva

L’azione esecutiva può essere diretta contro qualsiasi bene del debitore, compresi i beni immobili, i veicoli, i conti correnti e le quote di società. Particolare efficacia ha il pignoramento presso terzi dello stipendio o della pensione, che garantisce un’entrata costante per il pagamento dell’assegno. Il legislatore ha previsto limiti specifici per il pignoramento di stipendi e pensioni, al fine di garantire al debitore i mezzi necessari per la propria sopravvivenza.

Sul piano penale, l’inadempimento dell’obbligo di mantenimento può configurare il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, previsto dall’articolo 570 del Codice penale. Questo reato si perfeziona quando il genitore, pur avendone la possibilità economica, si sottrae volontariamente al pagamento dell’assegno, ponendo in stato di bisogno il figlio. La configurazione del reato richiede la prova del dolo, ovvero della volontà di sottrarsi all’adempimento dell’obbligo.

La denuncia penale può essere presentata dal genitore creditore o dai servizi sociali quando vengano a conoscenza della situazione di disagio del minore. Il procedimento penale si svolge parallelamente a quello civile e può concludersi con una condanna che comporta sanzioni pecuniarie o, nei casi più gravi, la reclusione. Spesso il procedimento penale si conclude con la remissione di querela a seguito del pagamento dell’arretrato.

Modificazione e revoca dell’assegno di mantenimento

L’assegno di mantenimento può essere modificato o revocato quando sopravvengono circostanze che alterano significativamente l’equilibrio economico su cui si basava la determinazione originaria. Questa possibilità riflette la natura durevole del rapporto di mantenimento e la necessità di adeguare l’assegno alle mutate condizioni di vita dei soggetti coinvolti. La modificazione può riguardare sia l’aumento che la diminuzione dell’assegno, a seconda delle circostanze sopravvenute.

Le cause più frequenti di modificazione dell’assegno includono il cambiamento delle condizioni reddituali di uno o entrambi i genitori, l’evoluzione delle esigenze del figlio legate alla crescita e al cambiamento del percorso scolastico o formativo, la variazione del tenore di vita familiare, e il cambiamento delle modalità di collocamento del minore. Anche la nascita di altri figli può costituire un elemento di valutazione per la revisione dell’assegno, in quanto modifica l’equilibrio complessivo degli obblighi familiari.

Come modificare l’assegno

La procedura per la modificazione dell’assegno richiede sempre l’intervento del giudice, che deve valutare le nuove circostanze e determinare l’eventuale adeguamento dell’importo. La richiesta può essere presentata da entrambi i genitori, e il giudice dovrà verificare che le condizioni per la modificazione sussistano effettivamente. Non sono sufficienti variazioni marginali delle condizioni economiche, ma è necessario che il cambiamento sia significativo e duraturo.

La revoca dell’assegno può essere disposta quando il figlio raggiunge l’indipendenza economica, quando si verifica la morte del genitore obbligato o del figlio, o quando ricorrono particolari circostanze che rendono ingiustificato il mantenimento. Tra queste ultime si annoverano l’abbandono volontario degli studi da parte del figlio maggiorenne senza giustificato motivo, il rifiuto di cercare un’occupazione lavorativa, o comportamenti gravemente lesivi della dignità familiare.

È importante sottolineare che la modificazione o la revoca dell’assegno ha efficacia solo dal momento della pronuncia del giudice e non può essere disposta retroattivamente. Eventuali accordi tra i genitori per la sospensione o la riduzione dell’assegno non hanno efficacia se non sono omologati dal giudice, e il genitore obbligato resta esposto all’azione esecutiva per il recupero delle somme non versate.

Aspetti fiscali e patrimoniali dell’assegno di mantenimento

Gli assegni di mantenimento per i figli presentano un regime fiscale specifico che tiene conto della loro natura di strumento di adempimento di un obbligo naturale piuttosto che di trasferimento di ricchezza. Dal punto di vista del genitore percipiente, l’assegno non concorre alla formazione del reddito imponibile, in quanto non rappresenta un incremento patrimoniale ma semplicemente il mezzo per l’adempimento dell’obbligo di mantenimento del figlio. Questa disciplina evita che il genitore che riceve l’assegno debba sostenere oneri fiscali aggiuntivi su somme destinate esclusivamente al benessere del minore.

Dal lato del genitore obbligato, l’assegno di mantenimento per i figli non è deducibile dal reddito imponibile, a differenza di quanto avviene per l’assegno di mantenimento a favore dell’ex coniuge. Questa differenza di trattamento riflette la diversa natura dei due tipi di assegno: mentre quello per l’ex coniuge rappresenta un trasferimento tra soggetti fiscalmente autonomi, quello per i figli costituisce l’adempimento di un obbligo verso soggetti che, nella maggior parte dei casi, non hanno redditi propri.

L’assegnazione della casa familiare al genitore collocatario costituisce un elemento importante nella determinazione complessiva dell’assegno di mantenimento. Il valore dell’uso gratuito dell’immobile viene considerato come parte del contributo al mantenimento, potendo giustificare una riduzione dell’assegno monetario. Questa valutazione tiene conto sia del valore locativo dell’immobile che dei costi di mantenimento dello stesso, come le spese condominiali, le utenze e le imposte.

Nel calcolo dell’assegno di mantenimento, il giudice deve considerare tutti gli elementi che concorrono al benessere economico del figlio, compresi eventuali redditi propri del minore, sussidi pubblici, contributi di altri familiari e qualsiasi altra forma di sostegno economico. Una valutazione complessiva che permette di determinare l’effettivo fabbisogno del figlio e di ripartire equamente tra i genitori l’onere residuo.

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