L’adozione internazionale – guida rapida
- La normativa italiana
- Quali requisiti per gli aspiranti genitori adottivi
- La procedura davanti al Tribunale per i Minorenni
- Il ruolo degli enti autorizzati
- Procedura nel Paese straniero e matching
- Riconoscimento dell’adozione straniera in Italia
- Aspetti fiscali e agevolazioni economiche
- Supporto post-adottivo e servizi di accompagnamento
- Le principali criticità sul tema
- Le previsioni per il futuro di questo sistema
L’adozione internazionale è una delle forme più complesse e delicate di tutela dell’infanzia, un percorso articolato che coinvolge normative nazionali e internazionali. La procedura di adozione internazionale è infatti un istituto giuridico che permette di creare un legame di filiazione tra soggetti di nazionalità diverse, garantendo al minore il diritto fondamentale a crescere in una famiglia quando quella d’origine non possa provvedere alle sue necessità. Come tale, richiede una struttura piuttosto complessa, che cerchiamo di riepilogare nelle prossime righe.
Ricordiamo fin da questo esordio che il quadro normativo italiano in materia è disciplinato principalmente dalla Legge 4 maggio 1983, n. 184, successivamente modificata dalla Legge 28 marzo 2001, n. 149, che ha introdotto importanti innovazioni procedurali e sostanziali. La normativa italiana si armonizza con le disposizioni della Convenzione dell’Aia del 29 maggio 1993 sulla tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, ratificata dall’Italia con la Legge 31 dicembre 1998, n. 476.
La normativa italiana
La normativa italiana sull’adozione internazionale si basa su principi cardine che trovano fondamento costituzionale nell’articolo 30 della Costituzione e nell’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Il principio del superiore interesse del minore, sancito dall’articolo 3 della Convenzione sui Diritti del Fanciullo, costituisce dunque il criterio guida di ogni decisione in materia di adozione.
L’articolo 6 della Legge 184/1983 stabilisce poi che l’adozione internazionale sia consentita solo quando non sia possibile l’affidamento preadottivo o l’adozione nel Paese d’origine del minore. Il principio, noto come clausola di sussidiarietà, garantisce che l’adozione internazionale rappresenti l’extrema ratio per il benessere del minore, privilegiando sempre le soluzioni che mantengano il bambino nel proprio contesto culturale d’origine.
La Convenzione dell’Aia introduce inoltre il principio del mutuo riconoscimento delle adozioni tra Stati contraenti, semplificando notevolmente le procedure di riconoscimento dell’adozione pronunciata all’estero. L’articolo 23 della Convenzione stabilisce che l’adozione certificata dall’Autorità competente dello Stato in cui è avvenuta è riconosciuta di diritto negli altri Stati contraenti.
Il sistema italiano prevede inoltre un controllo preventivo sulla sussistenza dei requisiti attraverso il decreto di idoneità emesso dal Tribunale per i Minorenni, che deve precedere ogni procedura di adozione internazionale. Il meccanismo garantisce che solo le coppie effettivamente idonee possano accedere alla procedura, tutelando sia gli aspiranti genitori che, soprattutto, i minori coinvolti.
Quali requisiti per gli aspiranti genitori adottivi
I requisiti soggettivi per l’adozione internazionale sono disciplinati dall’articolo 6 della Legge 184/1983 e prevedono criteri specifici che gli aspiranti genitori devono necessariamente possedere. La coppia deve essere unita in matrimonio da almeno tre anni, oppure convivente more uxorio da almeno tre anni prima del matrimonio, purché la durata complessiva della relazione sia comunque superiore ai tre anni.
Il requisito dell’età stabilisce che la differenza tra adottanti e adottando non deve essere inferiore ai diciotto anni né superiore ai quarantacinque anni per uno dei coniugi e ai cinquanta per l’altro. Tuttavia, il Tribunale può derogare a tali limiti quando ciò corrisponda all’interesse del minore. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che tale deroga deve essere valutata caso per caso, considerando le specifiche circostanze dell’adozione.
La capacità di educare, istruire e mantenere i minori che si intendono adottare costituisce un ulteriore requisito fondamentale che viene valutato attraverso un’approfondita indagine psico-sociale. I servizi territoriali devono accertare non solo la stabilità economica della coppia, ma anche la maturità affettiva, la capacità genitoriale e l’assenza di impedimenti di carattere sanitario che possano compromettere l’esercizio della responsabilità genitoriale.
L’idoneità affettiva e capacità di educare viene valutata considerando la motivazione all’adozione, la capacità di accogliere un bambino con una storia spesso difficile, la disponibilità ad accompagnarlo nel percorso di integrazione culturale e sociale. È fondamentale che gli aspiranti genitori dimostrino di aver elaborato consapevolmente la scelta adottiva e di essere preparati ad affrontare le sfide specifiche dell’adozione internazionale.
La procedura davanti al Tribunale per i Minorenni
Il procedimento per la dichiarazione di idoneità inizia con la presentazione della domanda al Tribunale per i Minorenni del distretto di residenza degli aspiranti genitori. La domanda deve essere corredata da una documentazione dettagliata che comprende certificati anagrafici, sanitari, di casellario giudiziale, dichiarazioni reddituali e ogni altro documento utile a dimostrare il possesso dei requisiti richiesti.
Il Tribunale, una volta ricevuta la domanda, dispone l’indagine psico-sociale affidandola ai servizi territoriali competenti. La fase, disciplinata dall’articolo 22-bis della Legge 184/1983, ha durata massima di quattro mesi e prevede colloqui approfonditi con la coppia, visite domiciliari, valutazioni psicologiche e ogni altro accertamento ritenuto necessario per valutare l’idoneità all’adozione.
La valutazione dell’idoneità non si limita poi alla verifica formale dei requisiti di legge, ma comporta un’analisi approfondita della personalità dei richiedenti, della stabilità della coppia, delle motivazioni che li spingono verso l’adozione e della loro capacità di far fronte alle specifiche esigenze di un minore adottato dall’estero. I servizi territoriali devono inoltre verificare la disponibilità della coppia ad accogliere minori con particolari necessità o provenienti da contesti culturali specifici.
Il decreto di idoneità, emesso dal Tribunale per i Minorenni entro due mesi dalla conclusione delle indagini, ha validità di due anni ed è condizione indispensabile per procedere all’adozione internazionale. Il decreto deve specificare le caratteristiche dei minori che la coppia è ritenuta idonea ad adottare, considerando età, numero, stato di salute ed eventuali particolari necessità assistenziali o educative.
Il ruolo degli enti autorizzati
Gli enti Autorizzati all’adozione internazionale rappresentano un elemento fondamentale del sistema italiano, costituendo il necessario tramite tra le famiglie italiane e le autorità straniere competenti. L’autorizzazione è rilasciata dalla Commissione per le Adozioni Internazionali e può essere revocata in caso di inadempimenti o violazioni delle procedure stabilite.
La scelta dell’ente autorizzato deve evidentemente essere effettuata con particolare attenzione, considerando l’esperienza specifica nei paesi d’interesse, la trasparenza delle procedure, i costi applicati e la qualità del supporto offerto alle famiglie. Gli enti hanno l’obbligo di fornire informazioni complete e trasparenti sui tempi, i costi e le modalità delle procedure nei diversi paesi, oltre a garantire un adeguato supporto psicologico e legale durante tutto il percorso.
L’incarico all’ente autorizzato deve essere conferito mediante contratto scritto che specifichi chiaramente le prestazioni incluse, i costi, i tempi previsti e le modalità di recesso. L’Ente ha l’obbligo di trasmettere la documentazione della coppia alle autorità competenti del paese straniero e di seguire l’intero iter procedurale fino alla conclusione dell’adozione.
Il controllo e monitoraggio delle attività degli Enti Autorizzati è affidato alla Commissione per le Adozioni Internazionali, che può disporre ispezioni, richiedere relazioni periodiche e adottare provvedimenti sanzionatori in caso di irregolarità. Il sistema di controlli garantisce quindi la qualità dei servizi offerti e tutela le famiglie da eventuali comportamenti scorretti o speculativi.
Procedura nel Paese straniero e matching
La fase del matching è il momento più delicato del percorso adottivo, durante il quale le autorità del Paese straniero individuano il minore da abbinare alla coppia italiana sulla base delle caratteristiche indicate nel decreto di idoneità. Il processo può richiedere tempi variabili a seconda del paese e delle specifiche richieste della coppia.
Le autorità competenti straniere valutano la compatibilità tra il profilo della coppia e le necessità del minore, considerando non solo gli aspetti formali ma anche la capacità specifica di rispondere ai bisogni del bambino. In molti Paesi è inoltre previsto un periodo di affidamento preadottivo durante il quale la coppia deve risiedere nel paese straniero per consentire la graduale conoscenza e l’inserimento del minore.
Il periodo di permanenza all’estero varia significativamente a seconda della legislazione del paese d’origine del minore e può durare da poche settimane a diversi mesi. Durante questo periodo, la coppia deve dimostrare la propria capacità genitoriale e l’effettiva creazione di un legame affettivo con il minore, sotto la supervisione dei servizi locali.
La pronuncia dell’adozione da parte delle autorità straniere conclude la fase procedurale nel paese d’origine e consente il rientro in Italia della nuova famiglia. Tuttavia, in alcuni ordinamenti è prevista una procedura bifasica, con un primo provvedimento che autorizza l’uscita del minore dal paese e un secondo che perfeziona l’adozione dopo un ulteriore periodo di osservazione.
Riconoscimento dell’adozione straniera in Italia
Il sistema di riconoscimento delle adozioni internazionali si basa sulla distinzione tra Paesi che hanno aderito alla Convenzione dell’Aia e Paesi non convenzionati, con procedure sensibilmente diverse. Per i Paesi convenzionati, l’articolo 35 della Legge 476/1998 prevede il riconoscimento automatico delle adozioni certificate dall’Autorità Centrale straniera.
La Commissione per le Adozioni Internazionali è l’autorità competente per il riconoscimento delle adozioni provenienti da paesi convenzionati e deve verificare esclusivamente la regolarità formale della documentazione e la conformità della procedura seguita alla Convenzione dell’Aia. In caso di esito positivo, rilascia un certificato di conformità che ha valore di riconoscimento dell’adozione.
Per le adozioni da Paesi non convenzionati, la procedura è più complessa e richiede un vero e proprio giudizio di riconoscimento davanti al Tribunale per i Minorenni del distretto di residenza della coppia. Il Tribunale deve verificare che l’adozione sia stata pronunciata da un’autorità competente secondo la legge straniera e che non sia contraria ai principi fondamentali dell’ordinamento italiano.
La giurisprudenza consolidata ha chiarito che il riconoscimento non può essere negato per mere differenze procedurali, ma solo quando l’adozione straniera risulti incompatibile con i principi costituzionali di tutela del minore. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 4289/2018, ha ribadito che il controllo deve essere limitato alla verifica dell’ordine pubblico internazionale e non può estendersi al merito della decisione straniera.
Aspetti fiscali e agevolazioni economiche
Il regime fiscale delle adozioni internazionali prevede diverse agevolazioni volte a sostenere le famiglie nei notevoli costi che il percorso comporta. L’articolo 10 del DPR 917/1986 consente la detraibilità delle spese sostenute per l’adozione internazionale, con un limite massimo annuo di 5.000 euro per ciascun figlio adottato.
Le spese detraibili comprendono quelle sostenute per il disbrigo delle pratiche di adozione presso gli enti autorizzati, i viaggi e i soggiorni all’estero, le spese legali e di traduzione, quelle per l’ottenimento della documentazione necessaria. È importante conservare tutta la documentazione giustificativa per poter usufruire delle agevolazioni fiscali.
Alcune Regioni e enti locali prevedono contributi economici specifici per sostenere le famiglie che intraprendono il percorso dell’adozione internazionale. Tali contributi possono coprire parzialmente le spese sostenute o prevedere prestiti agevolati a tasso zero o ridotto. È consigliabile informarsi presso i servizi territoriali competenti sulle agevolazioni disponibili nel proprio territorio.
Il congedo per adozione internazionale, disciplinato dall’articolo 26 del D.Lgs. 151/2001, riconosce ai genitori adottivi gli stessi diritti previsti per la maternità e paternità biologica, con alcune specificità legate alle esigenze dell’adozione internazionale. Durante il periodo di permanenza all’estero, i genitori possono usufruire di specifici congedi retribuiti per facilitare l’inserimento del minore.
Supporto post-adottivo e servizi di accompagnamento
Il servizio post-adottivo rappresenta una fase fondamentale per garantire il successo dell’inserimento del minore nella nuova famiglia e prevenire situazioni di crisi o fallimento adottivo. L’articolo 39-ter della Legge 184/1983 prevede che i servizi territoriali debbano assicurare un accompagnamento specifico alle famiglie adottive.
I servizi di supporto devono essere calibrati sulle specifiche esigenze dell’adozione internazionale, considerando le difficoltà legate all’inserimento culturale, linguistico e sociale del minore. È importante che i professionali coinvolti abbiano competenze specifiche in materia di adozione internazionale e trauma infantile, per poter offrire un supporto efficace e specializzato.
La rete dei servizi deve includere supporto psicologico per il minore e la famiglia, mediazione culturale quando necessaria, supporto scolastico specializzato e interventi di natura sanitaria per eventuali problematiche specifiche. La collaborazione tra servizi sociali, sanitari, scolastici e del privato sociale è essenziale per garantire un approccio integrato e multidisciplinare.
Il monitoraggio del percorso post-adottivo non deve essere vissuto come una forma di controllo, ma come un supporto professionale volto a facilitare l’integrazione e prevenire difficoltà. La tempestività nell’individuazione di eventuali criticità consente interventi mirati che possono evitare l’escalation di problematiche più complesse.
Le principali criticità sul tema
Le principali difficoltà che caratterizzano i percorsi di adozione internazionale riguardano i tempi spesso molto lunghi, i costi elevati, la complessità burocratica e le differenze culturali significative. La durata media di un percorso di adozione internazionale può infatti variare dai tre ai cinque anni, creando forte stress psicologico nelle coppie aspiranti.
Anche i costi dell’adozione internazionale rappresentano un ostacolo significativo per molte famiglie, potendo raggiungere cifre considerevoli che includono le spese per l’ente autorizzato, i viaggi, i soggiorni prolungati all’estero, le spese legali e di traduzione. Tale aspetto può creare ingiuste discriminazioni nell’accesso all’adozione internazionale.
Le problematiche sanitarie dei minori adottati richiedono poi interventi specialistici e percorsi riabilitativi prolungati, non sempre adeguatamente supportati dal sistema sanitario nazionale. È importante che le famiglie siano preparate ad affrontare possibili necessità sanitarie specifiche e che i servizi territoriali garantiscano percorsi di cura appropriati.
Infine, c’è la questione dell’identità culturale, che costituisce una sfida complessa per i minori adottati internazionalmente, che devono costruire la propria identità integrando le origini biologiche con la nuova appartenenza familiare e culturale. È importante che le famiglie adottive siano preparate ad accompagnare i figli nella ricerca delle proprie radici quando essi ne manifesteranno il desiderio.
Le previsioni per il futuro di questo sistema
Il sistema dell’adozione internazionale sta attraversando una fase di significative trasformazioni, determinate sia dall’evoluzione della cooperazione internazionale che dalle nuove esigenze emergenti. Molti Paesi tradizionalmente “di provenienza” stanno infatti sviluppando sistemi di protezione dell’infanzia più efficaci, riducendo il numero di minori disponibili per l’adozione internazionale.
Tra le principali nuove tendenze, ci sono ad esempio un aumento dell’età media dei minori adottabili e una maggiore incidenza di bambini con bisogni speciali, richiedendo una preparazione sempre più specializzata delle famiglie e dei servizi di supporto. È fondamentale che il sistema italiano si adegui a tali cambiamenti, potenziando la formazione e il supporto specialistico.
L’innovazione tecnologica può offrire nuove opportunità per migliorare l’efficienza delle procedure e la qualità del supporto offerto alle famiglie. Piattaforme digitali per la gestione delle pratiche, sistemi di videoconferenza per il mantenimento dei contatti durante la permanenza all’estero e strumenti di telemedicina per il supporto sanitario rappresentano ambiti di possibile sviluppo.
Anche la riforma del sistema dovrebbe orientarsi verso una maggiore snellezza delle procedure, una riduzione dei costi per le famiglie, un potenziamento dei servizi di supporto e una migliore integrazione tra tutti i soggetti coinvolti. L’obiettivo deve rimanere sempre la tutela del superiore interesse del minore, garantendo però anche il diritto delle famiglie a essere adeguatamente supportate in un percorso così complesso e delicato.
Per saperne di più su questo tema e per avere una consulenza specifica, invitiamo tutti coloro i quali fossero interessati a contattare il nostro studio.