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Home » Civile » Condominio » Condominio, chi deve pagare le spese per l’autospurgo

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Condominio, chi deve pagare le spese per l’autospurgo

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Condominio, chi deve pagare le spese per l’autospurgo
Condominio
Avv. Beatrice Bellato

Le spese dell’autospurgo in condominio – indice:

  • La legittimazione processuale
  • Il caso
  • Il potere di impugnare

Con la recente pronuncia 29748/2017, la Corte di Cassazione ha lasciato intendere che le spese per l’autospurgo condominiale devono pagarsi in misura proporzionale ai millesimi di proprietà. Una sentenza che ha contribuito a fare chiarezza sulla legittimazione a impugnare dei condomini, confermando implicitamente il fatto che le spese per il servizio di autospurgo dovranno essere poste a carico dei singoli condomini, nelle modalità di ripartizione di cui sopra si è detto, ovvero in misura proporzionale al valore della proprietà.

Con la sentenza in commento, infatti, i giudici della Suprema Corte hanno dichiarato inammissibile il ricorso che era stato promosso da alcuni condomini contro la pronuncia con la quale la Corte d’appello, in riforma di quanto aveva precedentemente affermato il giudice di primo grado, aveva annullato la deliberazione condominiale sulla ripartizione delle spese per dell’autospurgo, considerato che la stessa deliberazione non era stata effettuata secondo il criterio di cui all’articolo 1123, comma 1, del codice civile.

Legittimazione ad agire e a resistere

Dichiarando l’inammissibilità dei ricorso proposto da un gruppo di condomini, la Corte di Cassazione ha ritenuto opportuno fare chiarezza su un aspetto piuttosto importante in materia di impugnazione delle delibere condominiali, quale la legittimazione ad agire e la legittimazione a resistere.

In modo più specifico, la Cassazione ha ricordato che dal lato attivo la legittimazione è da intendersi di ogni condomino, mentre dal lato passivo la legittimazione (a resistere) è solamente dell’amministratore condominiale, senza pertanto che vi sia la necessità di una partecipazione dei singoli condomini, valutato che la controversia in esame aveva per oggetto un interesse comune dei condomini, anche se opposto all’interesse particolare di uno di essi.

Da quanto sopra ne deriva che per i giudici della Suprema Corte nelle controversie che sono riferibili all’impugnativa ex art. 1137 c.c. la sentenza che ha visto soccombente il condominio non può essere impugnata dal singolo condomino, visto e considerato che la legittimazione al gravame spetta esclusivamente all’amministratore. Ne consegue altresì che nell’ipotesi in cui l’amministratore non dovesse provvedere, è da escludersi la possibilità di impugnare la pronuncia.

Di fatti, affermano i giudici della Corte, evidenziando che il giudizio riguarda un’impugnazione di deliberazione assembleare ex art. 1137 c.c. in tema di ripartizione di spese, per consolidato orientamento della stessa Corte,

spetta invia esclusiva all’amministratore del condominio la legittimazione passiva a resistere nei giudizi promossi dai condomini per l’annullamento delle delibere assembleare, ove queste non attengono a diritti sulle cose comuni.

Il caso esaminato dalla Cassazione e l’impugnazione della delibera

Nel caso in esame della Corte di Cassazione, si trattava di una impugnativa di deliberazione dell’assemblea condominiale relativa alla ripartizione di spese per un servizio comune, quale quello dell’autospurgo condominiale.

L’impugnativa è fondata sull’assunta violazione dei criteri di suddivisione stabiliti dalla legge, ed è pertanto finalizzata a ottenere una pronuncia di invalidità della deliberazione assembleare, e per il cui accertamento sono legittimati

dal lato attivo, ciascun condomino, e passivamente, come accennato, soltanto l’amministratore del condominio, senza necessità di partecipazione al giudiczio dei singoli condomini.

La pronuncia ricorda ancora nelle sue motivazioni come la legittimazione passiva esclusiva dell’amministratore del condominio nei giudizi che sono relativi alla ripartizione delle spese per le cose ed i servizi collettivi promossi dal condomino dissenziente dalla relativa deliberazione assembleare discende dal fatto che la controversia ha in fatti per oggetto un interesse comune dei codnomini, anche se in opposizione all’interesse specifico e particolare di uno di essi.

Pertanto, da questo consegue che nelle controversie che riguardano una impugnativa ex art. 1137 c.c. delle deliberazione dell’assemblea, relative alla ripartizione delle spese per le cose per i servizi comuni, nelle quali è unico legittimato passivo l’amministratore di condominio,

non è ammissibile il gravame avanzato dal singolo condomino avverso la sentenza che abbia visto soccombente il condominio.

Il potere in capo al singolo condomino di impugnare

Gli Ermellini affermano in tal proposito come il potere di impugnazione del singolo condomino debba essere riconosciuto nelle controversie che hanno per oggetto delle azioni reali, che incidono sul diritto pro quota o esclusivo di ogni condomino, o anche nelle azioni personali, ma se incidenti in maniera immediata e diretta sui diritti di ogni partecipante.

Di contro – sancisce l’ordinamento prevalente della Corte – non può essere consentita l’impugnazione individuale relativamente alle controversie che hanno per oggetto non tanto i diritti su un bene o su un servizio comune, bensì la gestione di esso, intese a soddisfare esigenze solo collettive della comunità condominiale, nelle quali non è presente alcuna correlazione immediata con l’interesse esclusivo di uno o di più condomini, quanto invece con l’interesse direttamente plurimo e solo mediatamente individuale, considerato che nelle case di quest’ultima tipologia, la legittimazione ad agire e, quindi, anche ad impugnare, spetta in via esclusiva all’amministratore condominiale, con la conseguenza che la mancata impugnazione della sentenza da parte dell’amministratore finisce per escludere la possibilità di impugnazione da parte del singolo condomino.

Avv. Bellato – diritto condominiale

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