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Home » Civile » Condominio » Terrazzo condominiale: quando è possibile l’accesso

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Terrazzo condominiale: quando è possibile l’accesso

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Terrazzo condominiale: quando è possibile l’accesso
Terrazzo condominiale
Avv. Beatrice Bellato

L’accesso al terrazzo condominiale – indice:

  • Il caso
  • Le presunzioni
  • Il commento all’articolo 1117
  • Categorie di parti comuni

La Corte di Cassazione ha affermato che il condomino deve essere sempre messo nelle condizioni di poter accedere ai beni condominiali di cui all’art. 1117 c.c., come il terrazzo: trattandosi di parti dell’edificio destinate all’uso comune – infatti – i giudici hanno rammentato come non possa essergli precluso il relativo godimento.

Indice:

  • 1 Il caso e le valutazioni della Corte
  • 2 La presunzione di “condominialità”
  • 3 Commento all’art. 1117 c.c.
  • 4 Le tre categorie di parti comuni

Il caso e le valutazioni della Corte

Il caso all’esame della Suprema Corte trae origine dal ricorso di un singolo condomino, che lamentava come a seguito della modifica delle chiavi del portoncino di ingresso, gli era stato precluso l’accesso all’androne condominiale, ove erano collocati i contatori dell’acqua, e altresì l’accesso al terrazzo dello stesso edificio, ove era installata l’antenna televisiva.

In sede di appello la domanda viene accolta: il tribunale dichiara pertanto il diritto del singolo condomino ad accedere all’androne e al terrazzo di copertura dell’edificio, poiché tali possono esser definiti beni condominiali, ai sensi dell’art. 1117 c.c.. Poiché l’appartamento di proprietà del singolo è parte integrante del fabbricato, ad egli non poteva pertanto essere escluso dal godimento di tali beni.

La presunzione di “condominialità”

Il gruppo di condomini ricorre dunque in Cassazione, dove cerca di sostenere l’erroneità del ragionamento del tribunale, il quale – a loro modo di intendere – non avrebbe tenuto conto che la presunzione di condominialità di cui all’art. 1117 c.c. può essere superata se la cosa, per obiettive caratteristiche strutturali, serve in modo esclusivo all’uso o al godimento di una parte dell’immobile, venendo meno in questi casi il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria.

La valutazione della Corte è però evidentemente diversa: per gli Ermellini, infatti, oltre a presupporre una differente valutazione e ricostruzione delle risultanze che sono state precedentemente acquisiste nel giudizio di merito, quanto affermato dai ricorrenti si scontrerebbe con l’accertamento operato in appello, stando al quale i beni in questione erano proprio destinati all’uso comune.

In aggiunta a ciò, i giudici della Suprema Corte hanno poi ricordato come l’unità di proprietà del singolo condomino sia parte strutturale e funzionale integrante della palazzina condominiale cui ineriscono i diritti sulle parti comuni della palazzina stessa e tra le quali rientrano l’ingresso e la terrazza di copertura.

Androne e terrazzo, a loro volta, possono essere considerati come “oggettivamente destinati all’uso comune”, visto e considerato che – peraltro – in essi si trovano collocati i contatori dell’acqua, mentre sul terrazzo dell’edificio, fino a due anni prima, vi era installata l’antenna televisiva appartenente al condomino.

Così valutando, la Cassazione rigetta il ricorso condannando i ricorrenti a rimborsare le spese di giudizio.

Commento all’art. 1117 c.c.

Giova a questo punto compiere un breve commento sull’art. 1117 c.c. chiamato in “causa” in questa trattazione.

Rubricato “Parti comuni dell’edificio”, l’art. 1117 c.c. così recita:

Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo:

1) tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;

2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l’alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune;

3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.

Le tre categorie di parti comuni

Con una simile formulazione, l’articolo in commento contribuisce a individuare tre categorie di parti comuni, sulla base del loro rapporto strutturale o funzionale con l’edificio. Al punto 1) sono dunque riepilogate tutte le parti che formano la struttura dell’edificio, in senso stretto; al punto 2) troviamo i locali accessori destinati al servizio generale dello stabile, mentre al punto 3) si trovano tutti gli impianti e le opere non indispensabili ma destinati a servizi di uso e godimento comune.

Di qui, l’utilità fondamentale della norma, attraverso la quale è possibile fornire la prova o meno dell’ inesistenza dello stato di comunione rispetto alle parti sopra indicate, o della limitazione di esso ad alcuni soggetti, semplicemente dimostrando l’appartenenza di tali parti in proprietà isolata ad uno solo od in comunione ad alcuni soltanto dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani dell’edificio, in base al titolo.

A proposito di titolo, questo deve intendersi in misura prevalente l’atto scritto dal quale può trarre origine la proprietà di ciascuno dei singoli partecipanti all’edificio. Non rileverebbe, pertanto, il possesso esclusivo.

Avv. Bellato – diritto condominiale

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